Un giudizio secco, un luogo comune. J.R.R. Tolkien? Uno scrittore con lo sguardo rivolto al passato, che viveva in un mondo tutto suo, avulso dalla realtà, che sognava mondi impossibili pieni solo di buoni o di cattivi. Non un problema reale né riflessioni sul mondo. Anzi, tanti pregiudizi: sulla modernità, sulla letteratura moderna, su quella che oggi chiamiamo globalizzazione. E c’è anche chi giunge fino a dargli etichette ignobili (antidemocratico, destrorso, razzista…). Ecco, noi vogliamo eliminare tutto questo. Sgombrare il campo da questa crosta di giudizi facili, fatti perlopiù da chi non ha letto le opere dell’autore. E lo facciamo con la forza della critica. Quella vera, quella seria. È la forza che proviene da uno degli “eredi” del professore di Oxford.
Ceti sociali? Ci sono anche qui
Presentiamo un saggio illuminante di Tom Shippey, una della autorità mondiali tra i critici delle opere di Tolkien: “Noblesse Oblige: Images of Class in Tolkien”, pubblicato nell’antologia Roots and Branches: Selected papers on Tolkien (Walking Tree Publishers, 2007). Ringraziamo Wu Ming 4 per la traduzione. Lo studioso sostiene che nonostante Tolkien rimanga fedele a certe tradizioni della società inglese, allo stesso tempo continua per tutta la vita a interrogarsi sui limiti e i paradossi etici che essa contiene. Ancor di più, la rilessione dello scrittore era inserita in un dibattito tutto interno alla letteratura inglese, che da Geoffrey Chaucer giunge fino a Robert Louis Stevenson e William Morris. Un dibattito che coinvolgeva le classi sociali e che l’autore del Signore degli Anelli riesce a far emergere anche nelle sue opere, che di fantasia possono sembrare. Shippey ipotizza che alcuni paradossi della società inglese fossero incarnati dallo stesso Tolkien. Senza anticipare troppo, vogliamo solo sottolineare come solo una attenta lettura delle sue opere può rendere ridicole tante parole e opinioni scritte negli anni passati. Soprattutto, in Italia. Buona lettura!
Scarica il saggio di Tom Shippey: “Noblesse Oblige: Images of Class in Tolkien”.
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Ottimo lavoro davvero!
Bravi sia a Arst che a Wu Ming 4.
Ho letto il testo un pò in fretta, ma vrei una domanda circa la “rispettabilità”. All’inizio de LO HOBBIT si dice che “la gente li considerava [i Baggins] molto rispettabili, non solo perché in generale erano molto ricchi, ma anche perché non avevano avuto mail alcuna avventura né fatto niente di imprevedibile” (LH I p. 40). Dal testo pare quainid che la ricchezza sia una condizione necessaria (ma non sufficilente) per essere rispettabili: cosa ne pensate?
Altra domanda. Shippey mi pare dica che Tolkien consideri eticamente positiva la middle-class ingelse (e Hobbit). Io invece ho sempre visto nella società Hobbit una critica a un certo perbenisimo borghese: in fondo i 5 Hobbit più famosi sono Hobbit molto diversi dall’hobbit-comune.
Bravi ancora.