Piccoli passi e lenti. Inesorabilmente anche l’accademia si sta occupando di J.R.R. Tolkien. Lo avevamo già scritto, ma gli esempi si moltiplicano ed è giusto darne conto. Tra pochi giorni la casa editrice Polistampa farà uscire un libro dal titolo: Il fanciullino nel bosco di Tolkien. Pascoli: la fiaba, l’epica e la lingua (80 pagine, 8 euro). La novità stavolta è la prospettiva, l’accostamento del poeta italiano di fine Ottocento con il professore di Oxford. Già nel primo decennio del Novecento, Pascoli con la poetica del fanciullino, aveva posto le basi per una rilettura del mondo attraverso gli occhi ingenui e non condizionati dalle sovrastrutture culturali di un bambino, che, come un nuovo Adamo, «mette il nome a tutto ciò che vede e sente». Ora si cerca di leggere Pascoli in controluce a Tolkien, analizzare il significato del saggio sul fanciullino comparandolo con il saggio Sulle fiabe del padre degli Hobbit e scoprire che, seppure i due scrittori appartengano a culture, luoghi e tempi diversi, si impegnano in un medesimo progetto: riformulare la scrittura epica in chiave moderna partendo dalla lingua, ricreata, in una parola resuscitata alla vita. Una lingua antica (eppure attualissima) ripescata dal passato (il latino e gli antichi idiomi rurali per Pascoli, il sistema runico per Tolkien) per allestire una sintassi e un lessico contemporanei, affinché anche il balbettio della modernità possa trasformarsi in grandezza alla maniera antica, senza abdicare a se stessa.
Due autori a confronto
Lo scorso 6 aprile si è celebrato il centenario della morte di Giovanni Pascoli. Per ricordare adeguatamente il poeta del fanciullino e per inserirlo in un costesto più ampio, ecco l’uscita di questo saggio, “eretico” rispetto alla critica tradizionale, che guida il lettore alla riscoperta del poeta attraverso la lente teorica del professore inglese (e in parte anche alla scoperta del Tolkien più profondo), e scopre che l’autobiografismo funebre fino a oggi considerato elemento fondante della poesia pascoliana è solo un pretesto per alludere ad altro. I cari defunti che popolano, con il loro seguito di simboli, le raccolte poetiche maggiori: Myricae, I canti di Castelvecchio, i Poemetti, altro non sono che l’antropomorfizzazione delle parole morte, e delle lingue morte in generale, per l’estinzione delle quali, come scriveva Contini, Pascoli provava altrettanta inquietudine e dolore che per i lutti domestici. La sua poetica del fanciullino, espressa per la prima volta in Myricae, ci pone di fronte a una riflessione amara quanto attualissima. Secondo il Pascoli, dentro ogni uomo si nasconde un bimbo che vede ogni cosa con stupore. Solo il poeta sa dare voce a questo fanciullo e usa le sue qualità per il bene degli uomini.
Un progetto accademico
L’autrice, Simonetta Bartolini, insegna Letteratura italiana e Letterature comparate all’Università San Pio V di Roma e, nel corso del prossimo anno
accademico, si occuperà anche delle opere di Tolkien. Già nel 2010-2011 la docente tenne un corso dal titolo “La fiaba italiana fra ‘800 e ‘900: Emma Perodi, Carlo Collodi e le riletture di Italo Calvino”, in cui si proponeva di condurre gli studenti in una ricognizione nella letteratura della fiaba italiana studiandone motivi temi e strutture nel panorama di studi europei sull’argomento da Propp a Tolkien. E quest’ultimo era inserito nella bibliografia, soprattutto per il suo saggio Sulle fiabe. Proprio questo sarà fondamentale stavolta per concentrarsi sulle poesie di Pascoli. La poesia così attraverso la fiaba, che partecipa del mito, si propone come epos e offre al lettore Ristoro e Consolazione, diviene grande epica della contemporaneità di cui Myricae è il paradigma esemplare e le altre raccolte verticali di un’estetica assolutamente inedita. Curiosamente, proprio in questa raccolta, il poeta italiano dedicò una poesia all’anello, oggetto centrale nel Signore degli Anelli di Tolkien, in cui dice: «Nella mano sua benedicente l’anello brillava lontano. Egli alzò quella mano, morente: di caldo s’empì quella mano.. O mio padre, di sangue! L’anello lo tenne sul cuore mia madre… O mia madre! Poi l’ebbe il fratello mio grande… o mio piccolo padre! Nel suo gracile dito il tesoro raggiò di benedizione. Una macchia avea preso quell’oro, di ruggine, presso il castone… O mio padre, di sangue! Una sera, la macchia volevi lavare, o fratello? Che pianto fu! T’era caduto l’anello nel mare. E nel mare è rimasto; nel fondo del mare che grave sospira; una stella dal cielo profondo nel mare profondo lo mira. Quella macchia! S’adopra a lavarla il mare infinito; ma in vano. E la stella che vede, ne parla al cielo infinito; Ah! In vano».
DATI EDITORIALI
Titolo: Il “fanciullino” nel bosco di Tolkien – Pascoli: la fiaba, l’epica e la lingua
Autore: Simonetta Bartolini
Casa editrice: Polistampa, 2013
Pagine: 80
Formato: brossurato, 14 x 21 cm
ISBN: 9788859612445
Prezzo: 8,00 euro
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– Vai al corso accademico del 2010-2011
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Bene! Molto bene!
Finalmente anche in Italia Tolkien viene studiato come un grande autore qual’è!
Speriamo sia l’inizio di uno studio approfondito e non un caso isolato