È il 1945, in Europa e nel resto del mondo imperversa la guerra. Nella fredda Finlandia, a Helsinki, una ragazza poco più che trentenne sta scrivendo un libro: The Moomins and the Great flood. Scrive per combattere la depressione e la tristezza del momento e lo fa immaginando cose innocenti e semplici. È il primo di una serie di libri e due anni più tardi arriva il successo. Tanto che in breve tempo i libri diventano sei, poi nove, poi altri cinque completamente illustrati, poi più tardi anche una serie lunghissima di strisce.
Di cosa parlano? Sono storie di Troll. Pallidi, ciccioni, tutti bianchi e con un naso grande. Somigliano agli ippopotami ma sono troll. Sono buoni, irreprensibili, un po’ stralunati e ovviamente pasticcioni quanto basta. Ce n’è una famiglia intera: papà, mamma, figli. Si chiamano Mumin (Moomin) e vivono nella Valle dei Mumin, dove s’intrecciano vicende sempre più sottili, sotto la cappa del nuvoloso cielo nordico, fino al cupo grande mare selvaggio, alle isole nere, all’orizzonte che segna la fine del mondo. In L’Italia scoprì i Mumin negli anni ’70, attraverso le edizioni Vallecchi e poi sulla rivista di fumetto Linus, diretta da Fulvia Serra. Ma che c’entra tutto questo con J.R.R. Tolkien? È ora di scoprirlo.
Due artiste scandinave appassionate di libertà
Tove Jansson è una delle più importanti scrittrici finlandesi del Novecento: ha scritto per adulti, ma soprattutto per i ragazzi. Nata a Helsinki nel 1914 da padre scultore e madre illustratrice, appartiene alla minoranza di lingua svedese ed è considerata «monumento nazionale» in Finlandia, dove nel 1994 le celebrazioni per il suo ottantesimo compleanno durarono un intero anno. È conosciuta in tutto il mondo proprio per i Mumin: questi piccoli troll-ippopotami sono liberi e capaci di affrontare le avversità che la vita può presentare e divenendo oggi un punto di riferimento per la narrativa per ragazzi. Forse proprio perché concepiti in chiave anti-hitleriana, dalle loro storie emergono temi ricorrenti come la potenzialità creativa e benefica dell’immaginazione e la ricerca della solitudine per fuggire il conformismo e la banalità della società. L’artista finlandese scelse lei stessa di sfuggire: per venticinque anni in compagnia dell’amica di una vita, la sua compagna Tuulikki Pietila, visse su un isola quasi selvaggia chiamata Klovharu. La sua narrativa è aperta alla modernità, è curiosa «perché nel mondo poetico di Tove Jansson non ci sono mai sentenze definitive, né per le cose né per le persone, e i confini esistono essenzialmente per essere valicati», ci ricorda Carmen Giorgetti Cima, traduttrice delle sue opere per Iperborea.
Tove Jansson è conosciuta anche per aver illustrato molti classici per ragazzi, tra cui Alice nel Paese delle Meraviglie e Caccia allo Snark. Ma gli appassionati di Tolkien la
conoscono soprattutto per le contestate immagini che dedicò allo Hobbit. L’artista illustrò nel 1963 la traduzione svedese del libro e nel 1973 quella finlandese. La vicenda è citata anche nello Hobbit Annotato di Douglas Anderson, ma pochissimi conoscono i dettagli della storia. Dietro cui c’è lo zampino di Astrid Lindgren…
Chi è Astrid Lindgren? È la creatrice di Pippi Calzelunghe. «Chi è forte dev’essere anche buono», dice in una delle sue avventure la piccola protagonista. «E, spesso, la forza non è dove si pensa che sia». I lettori di Tolkien penseranno subito a Frodo. Ma sono molti i punti di contatto col Professore di Oxford. La “mamma”di quella che molti critici e pedagogisti etichettarono come «disgustosa monellaccia» aveva le idee chiare e le mise tutte nei suoi libri. Oltre 40 volumi, molti racconti e storie brevi, ma anche testi teatrali, canzoni, decine di film e serie televisive. Le storie della bambina dalle trecce rosse sono lo spunto per prendere le distanze dal moralismo che dominava la letteratura per l’infanzia degli anni Cinquanta. Anche Astrid Lindgren diede vita a personaggi anticonformisti, che incarnano il desiderio di libertà e indipendenza dei bambini, senza però evitare questioni come la violenza, il dolore e la morte, affrontati adottando un punto di vista vicino a quello dei suoi piccoli personaggi.
La Terra di mezzo si sposta al Nord
Nel 1960, la casa editrice svedese Rabén & Sjögren stava progettando una nuova traduzione dello Hobbit e Lindgren fu messa a capo del progetto editoriale. Alla “mamma” di Pippi Calzelunghe venne in mente quella dei famosissimi Mumin e così le scrisse… Nel 2007, un docente di letteratura presso l’Università di Stoccolma, Boel Westin, pubblicò la biografia in lingua svedese di Tove Jansson (Tove Jansson: Ord, bild, Liv: “scritti, immagini e vita”). Westin è stato il primo studioso di aver avuto accesso a tutto l’archivio dell’artista finlandese, e per la prima volta è inclusa nel libro la corrispondenza tra Lindgren e Jansson a proposito della preparazione delle illustrazioni per Lo Hobbit. «Quando leggo il libro, vedo distintamente le illustrazioni realizzate da Tove Jansson», scrive Lindgren all’artista nel novembre 1960, «è evidente che questo sarà il libro per ragazzi del secolo, e continuerà a vivere per un lungo periodo di tempo, anche dopo che noi saremo morte e sepolte» (Westin, p. 356). Lindgren aveva già percepito l’importanza del libro di Tolkien. E Jansson, che aveva appena illustrato la traduzione della Caccia allo Snark di Lewis Carroll (Snarkjakten nel 1959, e che avrebbe anche illustrato nel 1966 le avventure di Alice nel Paese delle meraviglie, Alice i Underlandet), vedeva in Tolkien una sfida altrettanto grande. Tove era nel mezzo di un periodo intenso di pittura, ma i soggetti «deliziosamente terrificanti» offerti da Tolkien la convinsero ad accettare: inviò la sua risposta positiva entro una settimana. Il suo periodo intenso continuò, ma le illustrazioni per Lo Hobbit era completate già nellestate del 1961. Astrid Lindgren ricevette i disegni e rispese già nel luglio 1961: «Sono così felice per le tue meraviglie! Il piccolo Hobbit è impossibile da descrivere a parole. Piccolo, astuto e dolce – esattamente come dovrebbe essere. Bilbo non è stato ritratto così in nessun altra edizione» (Westin, p. 360). Per illustrare Lo Hobbit, Jansson aveva inventato un nuovo metodo. Cercando di allontanarsi dallo stile utilizzato con i Mumin, l’artista aveva tracciato «colpi netti con la penna e aveva poi riempito con attenzione gli spazi» (Westin, p. 359). «La possibilità di sfuggire alla mia solita tecnica», scrisse Tove a Lindgren, «è stata possibile soltanto disegnando su carta di pessima qualità (per la quale non ho alcun rispetto) e disegnando liberamente molte copie di ogni figura – 20, 40 o 60 volte, fino a che il tratto sembrava più libero. Tu puoi capirlo bene. Poi ho incollato insieme i risultati. Così molte delle illustrazioni sembrano dei patchwork, bozze che non possono essere viste in stampa!» (Westin, p. 359-60). Per quanto riguarda l’approccio a Tolkien, l’artista finlandese scrisse alla sua compagna, Tuulikki Pietilä (a cui è ispirato il personaggio Mumin di Too-Ticki, che ricorda un rude marinaio), solo dopo aver accettato l’incarico: «I personaggi sono banali: si tratta di Nani, Gnomi, Fate, Elfi Scuri. Ma i paesaggi mi attraggono per la loro macabra crudeltà … Boschi oscuri, fiumi impetuosi e una landa illuminata dal chiaro di luna che pullula di lupi» (Westin, p. 359). «È un mondo intero di catastrofi che so di poter riportare in vita per immagini se non mi mettono troppa pressione», scrisse l’artista. Piuttosto che concentrarsi sui dettagli dei personaggi (li immaginava «più piccoli» e forse inventò altri tipi di «gnomi e fate»), Jansson è così catturata dalle descrizioni che Tolkien fece dei paesaggi, che ritrasse nelle sue illustrazioni.
Critici e lettori contrari
Nel 1962 venne pubblicata la nuova edizione svedese (Bilbo – En hobbit äventyr) illustrata da Tove Jansson, lo stesso anno in cui uscivano i suoi Racconti dalla valle dei Mumin, terzo libro della serie. La nuova edizione svedese dello Hobbit fu così un progetto molto speciale: le autrici scandinave per ragazzi più note al mondo avevano lavorato insieme, una come illustratrice, l’altra come editor. E la traduzione fu curata da un’apprezzata scrittrice, Britt G. Hallqvist. In Tolkien in Sweden (in Inklings Jahrbuchfiir Literatur und Asthetik, 2 – 1984, pp. 43-49) Anders Stenstrom riferisce che questa traduzione è «forse la migliore traduzione in svedese tra le opere di Tolkien». Il Moominvalley Museum di Tampere, in Finlandia, è dedicato ai personaggi di fantasia di Jansson, ma contiene anche gli originali per Lo Hobbit (Lo Hobbit Annotato ne contiene 5). Sebbene sia la Lindgren che la casa editrice fossero entusiaste delle illustrazioni, i lettori di Tolkien rimasero inorriditi. «Si vede Jansson dove si sarebbe dovuto vedere Tolkien», riporta la biografia (Westin, p. 361). Secondo il parere di molti recensori, Jansson non era apparentemente riuscita ad allontanarsi abbastanza dal mondo dei suoi Mumin, ignorando completamente le caratteristiche distintive dei personaggi come descritto nel libro. Fu stampata una sola tiratura dell’edizione con le illustrazione di Tove Jansson. In tutte le edizioni successive (1987 e 2001) rimase soltanto la traduzione della Hallqvist. Le illustrazioni furono, per così dire, “riciclate” nell’edizione finlandese del 1973 per rimanere in tutte le edizioni successive (1985, 1990 e 2003). Le critiche alla Jansson sono forse un po’ eccessive se si considera che l’artista realizzò i disegni senza conoscere Il Signore degli Anelli: alcune delle immagini sono davvero molto belle, con uno stile particolare. Le critiche maggiori furono rivolte ai personaggi, soprattutto a Gollum. Quest’ultimo fu rappresentato più come un mostro acquatico e, pertanto, senza conoscere la natura hobbit di Gollum. L’artista si era ispirata alla mitologia finlandese, dove il Vetehinen o Vesihiisi è un demone malevolo delle acque, che a volte compare nella forma di un gigantesco e ferocissimo luccio (Ilmarinen riuscì a catturarne uno e Väinämöinen dalla mascella di un altro, trasse la sua kantele). Douglas Anderson, nel suo Lo Hobbit Annotato scrive anche che la descrizione che Tolkien fa di Gollum prima del 1966 era abbastanza diversa da quella odierna, dato che aggiunse la descrizione «un essere piccolo e viscido», dopo le parole «Qui, nel profondo, presso l’acqua scura, viveva il vecchio Gollum». Non ci sono commenti di Tolkien sulle illustrazioni di Tove Jansson che siano stati pubblicati. «Gran parte dei tentativi degli illustratori dello Hobbit di disegnare Gollum sono falliti», ammette Anderson. In una lettera al suo editore Allen & Unwin del 1963, Tolkien considerava le illustrazioni straniere di Gollum abbastanza orride: «Non si dovrebbe fare un mostro di Gollum, come accade invece, praticamente, con tutti gli illustratori che non si attengono al testo». Nel 1992 Jansson rispose a Mikael Ahlstrom della Tolkien Society finlandese che «per me, illustrare Lo Hobbit è stata un’avventura!». Da parte sua, anche Astrid Lindgren ammise che Tolkien «ha avuto un grande impatto su di me».
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– I libri di Astrid Lindgren editi da Iperborea
– I libri di Tove Jansson editi da San Paolo: pag. 1 | pag. 2
– I libri di Tove Jansson editi da Black Velvet
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Ma il direttore di Linus ai tempi dei Moomin non era Oreste del Buono?