Tra gli scrittori di genere attualmente in attività, George R.R. Martin è quello che viene più spesso paragonato a J.R.R. Tolkien. Ci siamo già occupati dello scrittore statunitense con un’intervista approfondita e con un articolo sulla serie tv e un commento di Giampaolo Canzonieri… Molti critici lo chiamano il «Tolkien americano», anche se a noi non piace come definizione.
Per capire l’origine di questo soprannome proponiamo ora l’intervento di Anne Hobson, critica letteraria del rivista Usa The American Spectator. Naturalmente, non tutto quel che lei scrive è da noi condivisibile (ad esempio, la parte sui personaggi in bianco e nero nelle opere di Tolkien), ma l’importante è stimolare la discussione su un paragone che forse dovrebbe essere superato. Perché Tolkien è Tolkien. E, in maniera molto meritevole, Martin segue una sua strada personale. Ringraziamo Elena Sanna per la traduzione.
«Ora che è terminata la terza stagione di Game of Thrones (il 9 giugno), fra gli oltre cinque milioni di spettatori di tutto il mondo si dibatte se George R.R. Martin sia o non sia il legittimo “Tolkien americano”. Ritengo che nonostante The Lord of the Rings e A Song of Ice and Fire (la saga letteraria da cui è tratta la serie della HBO, N.d.T.) siano simili in modo evidente, Martin stia in realtà aprendo la strada a un genere distinto – un nuovo tipo di fantasy fondato sui romanzi storici e la politica. Martin ammette di essere stato molto influenzato da Tolkien, e che la struttura dei suoi romanzi rispecchi quelli di Tolkien: “Tolkien comincia la storia nella Contea con un gruppo di suoi abitanti, gli hobbit, ma alla fine espande sempre più il racconto in modo da descrivere molte razze e territori vasti. È ciò che volevo fare anche io. Volevo iniziare concentrandomi su pochi personaggi e un solo luogo, e, man mano che raccontavo la storia, il mondo doveva diventare sempre più grande e sempre più persone dovevano essere coinvolte nel conflitto”, ha detto Martin al Detroit Free Press (potete leggere i dettagli qui).
Mappe, lingue e miti
A Song of Ice and Fire è ambientato nel “mondo conosciuto”, di cui si
conoscono tre continenti. È importante notare che la serie di Martin è incompleta, in attesa dell’uscita di altri due libri. Poiché il legendarium di Martin non è completo, online si trovano solo mappe ipotetiche del “mondo conosciuto”. Nonostante i romanzi di Martin diano l’illusione di un mondo plurilingue, egli non ha mai creato realmente alcun linguaggio. Il Dothraki e l’Alto Valyriano che si sentono nella serie HBO sono stati creati in realtà da un gruppo di linguisti della Language Creation Society. Nel corso del libri, le mappe e le lingue vengono rivelate al lettore in sezioni separate, secondo le necessità dei personaggi che attraversano una porzione sempre più ampia del mondo. Le opere di Tolkien mostrano un senso di profondità che ancora non è stato eguagliato nel fantasy. In questo senso, The Lord of the Rings è per A Song of Ice and Fire ciò che l’Oceano Atlantico è per il lago Michigan. Diversamente da Martin, la cui creazione del mondo fu secondaria alla trama, Tolkien creò il suo mondo dal nulla, iniziando con le lingue. Famoso filologo di Oxford, Tolkien creò più di venti linguaggi unici. Per Tolkien, la lingua era il componente fondamentale che formava il tessuto della sua mitologia: “Quello che penso sia un “fatto” primario del mio lavoro, che è un tutto intero, e fondamentalmente di ispirazione linguistica. […] L’invenzione di linguaggi è il fondamento. Le ‘storie’ sono state create piuttosto per fornire un mondo per i linguaggi che non il contrario. Per me un nome viene prima, e la storia ne consegue”. Come il “mondo conosciuto” di Martin, Arda ha tre continenti, e la maggior parte della storia avviene nella Terra-di-Mezzo. L’influenza di Tolkien è evidente anche nella mitologia di Martin. Entrambe includono draghi, giganti, stregoni, uomini, mutaforma e spettri non-morti. Gli Estranei di Martin competono con i Cavalieri Neri di Tolkien per l’orrore che incutono.
Realismo e moralità
Tuttavia, A Song of Ice and Fire è di un genere diverso rispetto a Tolkien. Martin considera i suoi romanzi come romanzi storici combinati con la magia. Le distinzioni sociali medievali, le lotte di una società feudale, la mitologia e la politica giocano un ruolo importante nel tessuto sociale di Game of Thrones. Martin è inoltre molto bravo a descrivere la realtà della politica: l’esercizio dell’influenza, le mutevoli relazioni interpersonali tra i personaggi principali, e le fragili alleanze tra individui, famiglie e fazioni. Ma la sua specialità è descrivere l’area grigia tra giusto e sbagliato: “La battaglia tra bene e male è un bel soggetto per qualsiasi libro e certamente per un fantasy, ma penso che alla fine la battaglia tra bene e male si combatta nel cuore di ciascuno e non necessariamente tra un esercito di persone vestite di bianco e un esercito di persone vestite di nero. Quando osservo il mondo, mi rendo conto che la maggior parte delle persone reali sono grigie”. I personaggi di Tolkien sono descritti come semplicemente buoni o semplicemente cattivi, con l’importante eccezione dei personaggi corrotti dal potere dell’“Unico Anello”. Sauron, i Nazgul, Boromir, Gollum, Bilbo, Frodo e persino la nobile Galadriel ne hanno percepito il potere nefasto. Il ritratto che Tolkien fa della moralità sembra rispecchiare una convinzione coerente con la sua fede: gli esseri umani sono per natura buoni, eppure vulnerabili
alla corruzione da parte di forze esterne e tentazioni. Invece, Martin sembra dire che la moralità sia relativa: gli esseri umani non sono né buoni né malvagi per natura, ma piuttosto spaventosamente capaci di essere entrambi. I personaggi di A Song of Ice and Fire manifestano sia onore che slealtà. La sua maestria nel trasmettere questa dicotomia è evidente nel suo riuscire a far simpatizzare i lettori con personaggi immorali, come Cersei, Theon, Varys e Jaime. È probabile che l’enfasi che Martin pone su violenza, sessualità, tradimento e inganno sia una critica a ciò che egli percepisce come un’ingenuità morale ispirata a Tolkien. Nonostante l’influenza di Tolkien su Martin sia innegabile, paragonare i due capolavori è in molti sensi “inutile quanto i capezzoli su un’armatura”, come direbbe Tyrion Lannister. Anche se Martin non potrà mai essere la seconda venuta del “padre della moderna letteratura fantasy”, Martin è il “Tolkien americano” perché sta aprendo la strada a un nuovo genere fantasy per milioni di lettori.
Traduzione di Elena Sanna
ARTICOLI PRECEDENTI:
– L’articolo Dodici domande a George R.R. Martin
– L’articolo George R.R. Martin e Il Trono di Spade di Giampaolo Canzonieri
– L’articolo George R.R. Martin tra Games of Thrones e J.R.R. Tolkien
LINK ESTERNI:
– Vai al sito ufficiale di George R.R. Martin
– Vai al sito di Sky Cinema
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Dissento da Anne Hobson. Per me Martin è fantasy – di ottimo livello, ma fantasy. Mentre Tolkien non è fantasy, ma epica.