La casa editrice Odoya dà alle stampe Difendere la Terra di Mezzo, il libro che raccoglie e amplia gli scritti e gli interventi pubblici di Wu Ming 4 su J.R.R. Tolkien, che sarà in libreria il 28 novembre. Al suo interno sono contenuti anche i seminari che lo scrittore ha tenuto per la nostra Associazione a Lucca Comics and Games e che in precedenza avevamo anche pubblicato qui in forma breve. Chiude il libro un’appendice a firma di Tom Shippey, professore di Letteratura medievale e anglosassone, il più noto studioso di J.R.R. Tolkien, di cui parliamo spesso qui sul sito. Abbiamo chiesto a Wu Ming 4 di scrivere un testo in anteprima per il sito dell’ArsT per spiegare come ci sia ancora bisogno di un altro libro su Tolkien. Lo pubblichiamo qui di seguito, ringranziando lo scrittore per la gentillezza e il suo impegno del campo degli studi tolkieniani in Italia.
«Difendere la Terra di Mezzo nasce in risposta all’esigenza di divulgare le letture dei più grandi esperti internazionali dell’opera di Tolkien al di fuori dell’ambito ristretto dei cultori della materia. La cosa che ci si potrebbe chiedere dunque è se l’esigenza sia in qualche modo fondata. C’era bisogno di scrivere un altro libro per liberare Tolkien da decenni di incrostazioni ideologiche, sovrainterpretazioni, simbolismi, vulgate volgari? Ritengo evidentemente di sì. A conforto di questa mia convinzione voglio portare due prove. La prima è tratta dalla postfazione di un critico letterario a un saggio di una decina d’anni fa, che ricostruiva la mistificazione imbastita intorno a Tolkien dall’estrema destra italiana. Il critico si premurava di muovere ai due autori del saggio stesso un appunto tanto saccente quanto, forse, involontariamente premonitore: “Voglio dire che non c’è bisogno di condividere il pensiero […] che non esistano fatti – testi – ma solo interpretazioni, per nutrire qualche dubbio su quella che mi pare la salda convinzione di Del Corso e Pecere: che cioè, una volta passato il loro rasoio ermeneutico sull’immondizia incrostatasi su Tolkien, questo possa essere restituito a una leggibilità, diciamo, prima. Piacerebbe insomma, in casi come questo, poter nutrire ancora qualche illusione sull’autonomia del testo; ma dai bei tempi di quando eravamo strutturalisti troppa acqua è passata sotto i ponti per non pensare che le interpretazioni di ieri finiscano per deformare irrimediabilmente il senso che un testo ha per i suoi lettori di oggi. Almeno fino a quando gli hobbit, anziché scudieri della gioventù d’estrema destra, non diverranno icone di riferimento del popolo di Porto Alegre. Cioè fino a quando una nuova interpretazione forte non entrerà a sua volta nella compagine di senso attivata dal testo in questione, così attenuando la rilevanza di quella che prima teneva banco (come quella nazi ha fatto quasi dimenticare, almeno da noi, l’opposta – opposta? – lettura hippy degli anni Sessanta…)” (A. Cortellessa, postfazione a L. Del Corso, P. Pecere, L’Anello che non tiene: Tolkien fra
letteratura e mistificazione, Minimum Fax, 2003).
Una nuova interpretazione forte. Precisamente. E possibilmente fondata su ciò che Tolkien ha scritto e non su voli pindarici spiccati dai trampolini del citazionismo a singhiozzo, com’è stato per molti anni in Italia. Perché se ogni lettura è già un’interpretazione, com’è ovvio, e nessuno può nutrire una fede cieca nella lettera del testo “sacro”, è altrettanto evidente che si possono distinguere le letture articolate e argomentate da quelle cialtronesche e dozzinali. Se così non fosse, tanto varrebbe tacere per sempre. Quanto poi le tematiche affrontate da Tolkien nella sua narrativa potessero riverberare nelle battaglie del “popolo di Porto Alegre”, ieri, o ad esempio in quella degli abitanti della Val Susa, oggi, è faccenda che ciascuno può valutare da sé. L’applicabilità è il margine di libertà di ogni lettore, diceva Tolkien. La seconda testimonianza scritta è invece di più basso tenore, ma non meno indicativa di un modo di leggere e considerare l’opera di Tolkien, frutto delle sovrainterpretazioni a cui accennavo sopra. Sì, perché queste hanno lavorato a fondo, si sono sedimentate, fino a condizionare lo sguardo. Si tratta dunque di un messaggio rinvenuto due giorni fa su un social network, che è una vera “chicca”. Lo riproduco così com’è stato postato, senza editing: “I wuming che si fanno affascinare da tolkiene (e innpassato gli unici a cui era capitato sopra i 16 anni erano quelli di avanguardia nazionale) è davvero maledettamente triste. E dir che di temi al mondo ce ne sono. Evidentemente quando diventi interessante e sai di essere ascoltato, la testa inizia a girare all'”arrovescia”… Io ho giocato per 15 anninal gioco di ruolo del signore degli anelli. Ho letto tutti i libri, simmarillion compreso, nonchè sbirciato una tesi di laurea di una americana che attraverso i racconti di Tolkien ricostruiva le distanze chilometriche della terra di mezzo. Nemmeno io sono interesante. Però Tolkien parla, scrivendo malino per altro, di un mondo nel quale il popolo non esiste. Esistono solo gli eroi. I cattivi son cattivi e i buoni son buoni. Irrimediabilmente e senza possibilitá di redenzione. Vedi Orchi. Un mondo che rappresenta perfettamente quell’ambientalismo reazionario tipico della destra aristocratica. Il bel mondo che fu. Nel quale i re erano quelli veri, amato dal popolo, che facevano il bene, senza classi e con il nemico sempre rappresentato dall’impostore o dal nemico esterno… E visto che a wuming piace descrivere la sinistra in questi termini, non capisco questa ridicola passione adolescenziale“.
Tralasciando ora sintassi, ortografia e l’ironia involontaria dell’accusa di scrivere «malino» formulata in un messaggio che è quello che è, la cosa davvero emblematica è l’acquisizione della lettura della destra più retriva da parte di chi invece sembra porsi in tutt’altra area culturale. Ciò dimostra quanto tale lettura sia stata assunta nella vulgata corrente, perfino da chi il libro lo ha letto. Malamente, s’intende. Perché si può scrivere male, ma si può leggere malissimo. E sono in tanti a farlo. Dunque ci si imbatte in affermazioni di questo tipo: nell’opera di Tolkien il popolo non esiste, ci sono soltanto eroi… «I cattivi sono cattivi e i buoni sono buoni». L’ambientalismo presente nelle storie di Tolkien è «aristocratico» e il nemico sempre «esterno»… non esistono le classi sociali, i re sono sempre amati dal popolo e fanno sempre il bene…
Il fatto che il vero eroe del Signore degli Anelli sia Samvise Gamgee, cioè un esponente delle classi basse, non viene registrato. Non pervenuti nemmeno gli Hobbit che insorgono contro l’usurpatore Saruman, evidentemente indegni d’essere considerati «popolo» (forse perché non impugnano una bandiera rossa). Quanto poi alla divisione carismatica tra buoni e cattivi, suona davvero paradossale imputarla a un romanzo il cui protagonista, Frodo Baggins, indubbiamente «buono» in partenza, viene alla fine sopraffatto dal male e sceglie di non distruggere l’Anello e di tenerlo per sé. Per non parlare di Boromir, Denethor, Saruman, e di tutti i buoni che diventano nemici «interni» e rappresentano una minaccia altrettanto grande di quella incarnata da Sauron. Significativa poi la qualifica dell’ambientalismo di Tolkien come destrorso e aristocratico, tanto più perché sarebbe interessante scoprire in cosa si distinguerebbe dall’ambientalismo d.o.c., che si immagina sinistrorso e «democratico». Quanto poi ai re, nel Signore degli Anelli ne compaiono tre. Uno è il Re Stregone, cioè il capo degli Spettri dell’Anello, che non è né buono né amato. Il secondo è Théoden, che quando entra in scena è completamente circuìto da un infido consigliere, sta mandando in rovina il regno e troverà riscatto nella morte. Il terzo è Aragorn, che diventa re soltanto alla fine della storia, e in precedenza floppa clamorosamente come guida della Compagnia, tanto da rinunciare a portare a termine la missione al fianco di Frodo. Alla faccia dell’infallibilità regale. Sulle classi… Nell’Appendice al libro che ho scritto compare un saggio del più importante studioso di Tolkien, che passa in rassegna proprio la rappresentazione delle classi sociali nella Terra di Mezzo.
Certo si può benissimo ritenere «triste» che qualcuno si lasci ancora affascinare dal racconto tolkieniano dopo avere compiuto e magari doppiato i 16 anni. Molti critici e commentatori lo affermano – anche al di fuori dei paratesti e dei social network – ogni volta che le opere di Tolkien tornano a far parlare di sé. Lo affermavano già negli anni Cinquanta, a dire il vero, liquidando Il Signore degli Anelli come «spazzatura giovanilista» (E. Wilson). Ma questo non fa che confermare l’urgenza di tornare a leggere Tolkien, sbarazzandolo di tutto il ciarpame che gli è stato accumulato attorno. Magari per arrivare un domani a permetterci il lusso di non sentire più certe stupidaggini. E chissà che prima ancora che di ambientalismo d.o.c., non si tratti di un’opera di bonifica e di ecologia mentale, oltreché, ovviamente, letteraria. «Ma gli hobbit non sono una visione utopistica, e non vengono nemmeno raccomandati come l’ideale della loro epoca o in altre. Essi, come tutte le popolazioni e le loro caratteristiche, sono un accidente storico – come gli elfi dicono a Frodo – e anche temporaneo, alla lunga. Io non sono un riformatore e nemmeno un “conservatore”! Non sono un riformatore (attraverso l’esercizio del potere) dato che sembra si vada sempre a finire nel Sarumanesimo. Ma anche “imbalsamare” comporta, com’è stato
dimostrato, delle ripercussioni. Alcuni recensori hanno definito il libro semplicemente come una lotta fra Bene e Male, dove tutti i buoni sono buoni, e i cattivi sono cattivi. Scusabile, forse (anche se si sono lasciati sfuggire Boromir) in persone che hanno fretta, e con un unico frammento a disposizione da leggere e, naturalmente, senza le storie sugli elfi scritte in precedenza ma non pubblicate».
(J.R.R.Tolkien, lettera alla scrittrice e poetessa socialista Naomi Mitchison, 25 settembre 1954)
P.S. Va da sé che oggi che quelle storie sono pubblicate, le scuse stanno a zero.
Come avremmo detto “noi” di Porto Alegre… La lucha sigue! 😉
. Wu Ming 4
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Sono esterefatto, ma anche divertito. Non conosco personalmente i wu ming, e non conosco i loro nomi. Parrebbe pero’, da alcuni commenti nella pagina FB del mio conoscente Orione Lambri, che colui che firmera’ per i “senza nome” il libro su Tolkien, abbia un nome, un cognome e un soprannome (Fede), abbreviazione del nome.
Bene, dunque, Fede. Nell’articolo di presentazione qui sopra pubblicato, la seconda delle due prove che dimostrerebbero l’esigenza di una nuova pubblicazione sull’opera di Tolkien, e’ una “chicca” trovata su FB. Quella “chicca” l’ho scritta io. Non era rivolta al senza nome Fede, ma a un mio amico, con il quale discutevamo dell’uscita di questo, per me inutile se non dannoso, libro. Insomma, Fede prende in copia e incolla un mio scambio di opinione su Facebook, e ne fa il simbolo del perche’ oggi ce’ bisogno di scrivere un libro su Tolkien. Alcune osservazioni.
1)La presa in giro sulla forma di cio’ che ho scritto, sulla grammatica (cito Fede: “Tralasciando ora sintassi, ortografia e l’ironia involontaria dell’accusa di scrivere «malino» formulata in un messaggio che è quello che è…”) e’ demenziale. Non stavo “pubblicando”, ma chiacchiereando con un conoscente, e di fretta lascio in giro parecchi errori di battitura. E me ne frego.
Lo snobismo saccente di wu ming Fede lascerebbe intendere che, a criticare gli scrittori, ne abbia diritto solamente chi scrive “bene”. La societa’ dei “competenti”.
Ho da poco, coincidenza, partecipato a una conferenza, come uditore si intende, dal titolo “Quem tem o direito ao dizer”, nella quale, ragionando sul legame tra linguaggio e potere, e sul sistema di educazione parallelo a quello statale dei Sem Terra, il professor Geraldi sosteneva che nella societa’ dei “competenti”, ovvero la societa’ dove cittadinanza e’ uguale a “competenze acquisite”, solo i competenti, possono esprimersi, e quindi piu’ che di diritto di espressione si debba parlare, come rivendicazione, del diritto ad esprimersi. Perche’ chi e’ competente e chi no, non lo si decide attraverso un percorso democratico, inclusivo, tutt’altro.
Lo rivendico anche io, quel diritto, e lo faccio riferendomi al riproduttore del mito babilonese dell’unita’ linguistica come valore, sempre stando a Geraldi, Fede, che corregge la grammatica altrui, per darsi ragione.
Io non pubblico e non campo di quello, e pur scrivendo immensamente peggio di Tolkien, posso permettermi di dire che se Dovlatov, per me, almeno nella traduzione in Italiano, scrive bene, Tolkien no.
2)Scopriamo che ci sono letture cialtronesche, e queste non hanno diritto di esprimersi, nemmeno chiacchierando con amici, senza aver l’intenzione di fare opinione o di essere pubbliche.
Una sorta di controllo Orwelliano, in cui il tema della “competenza” diventa centrale nella definizione delle metodologie repressive. Un sogno differenzialista molto simile a quello della nuova destra francese (che ormai non e’ tanto piu nuova) rappresentata in Italia, tra gli altri, da Tarchi, del quale ho letto.
Come Tarchi odia l'”incompetnza” delle borgate fasciste, gentaglia che non ha letto nemmeno un libro, e rovina la destra. La destra vera. Quella colta. Come nel libro del Signore degli anelli, Fede sogna che la storia sia scritta dai competenti, ovvero Legolas l’arciere, Gandalf, il mago immortale, Boromir, simbolo di debolezza umana e redenzione in zona cesarini. Una lettura insomma aristocratica della cultura, della sua fruizione, del diritto “ad esprimersi”, della gestione del “loro potere ad esprimersi” degne di Tolkien. Dove il popolo, nel sogno inconfessato di Fede, segue il suo capo, riconoscendolo, senza nemmeno lasciare lo spazio a quel minimo di dissenso che serve anche alle piu’ ferree dittature.
3) Ammetto, di contro, di essere comunque lusingato per essere stato scelto da WuMing (1,2,3??) per rappresentare, mio malgrado, col mio post, un simbolo di
quanto ci sia bisogno di una rilettura di Tolkien. Il che mi fa pensare che il mio pensiero sia assai diffuso, anche tra i loro possibili lettori, e che io in qualche modo sia il piu degno nel rappresentarne il pensiero, al netto della grammatica. Insomma, se io son cialtrone, ma loro pubblicano perche’ io dimostro il bisogno della lettura, l’ammissione e’ chiara: tra i nostri futuri lettori ci saranno tantissimi cialtroni come questo qui, e a loro e’ rivolto il libro.
Ho pero’ il sospetto che non sia cosi, e che abbia/no colto la prima scusa per far valere la sua/loro notorieta’ nel tentativo di sputtanare chi ha osato, in discussione con terzi, mettere in dubbio la loro competenza. Insomma, reazione rabbiosa, ma davvero incomprensibile da parte di chi sta per pubblicare un libro di “questo spessore”. Io in fondo sono il signor nessuno che parlava di wu ming con un suo conoscente. Eppure…Forse controllano la rete per verificare eventueli critici, e sbuffano di rabbia quando li trovano? Ovviamente il tutto senza concedere l’onore delle armi, ovvero il diritto di replica.
Che avrebbe potuto concedermi alcune osservazioni, ovviamente parziali e fatte da un cialtrone, che non vive scrivendo resoconti sulla “via degli dei” o su Tolkien, ma di lavoro fa altro. Eccole:
Frodo sul finale cede perche’ corrotto dal male (sempre colpa del “male”), che un male e un bene esistono (e gia’ qui il discorso si chiuderebbe), e che il male, e’ protagonista della salvezza della terra in quanto esiste anche la provvidenza, che puo usare il male per far del bene, senza per questo redimere il cattivo. Gollum e’ e resta un cattivo, corrotto dal male per troppi anni, ma salva il mondo perche’ la sua cupidigia e’ utilizzata dal “fato” per mettere rimedio al cedimento finale del “superbuono” Frodo. Personaggio per altro orribile.
E tutto cio’ senza che il buono corrotto sia giudicato. Frodo cede sul momento ma non diventa “cattivo”. Anzi. Alla fine del libro viene promosso a immortale, in quanto (e qui la visione esoterica e’ lampante) troppo vicino e’ stato al male, per poter continuare a vivere con gli uomini.
Lo stesso Boromir viene corrotto dall’anello ma nel finale si Redime, perche’ e’ buono. Episodi che confermano in modo clamoroso l’impianto manicheo del testo.
Non si da nell’intera storia di tolkien un orco redento, almeno che io sappia.
E tutta la storia narrata nel Simmarillion (per i non avvezzi, la storia del mondo partendo dalla creazione da parte dell’unico dio, che crea dei, sotto dei, e il male e il bene) tratta di eserciti buoni che combattono eserciti cattivi. Ovvero, c’e sempre per chi tifare sapendo di stare dalla parte giusta. Il bene e il male esistono, e uno e’ bianco, e l’altro e’ nero. Uno confina a ovest con il mare, e a est e sud con continenti sconosciuti e pieni di popoli cattivi (chissa’ se vi viene i mente qualche continente con le stesse caratteristiche).
I popoli hanno abitudini da popoli, addirittura razze, congeniti.
Il motivo per il quale Gandalf sceglie, anzi obbliga, con le sue arti magiche (e si noti la violenza dell’atto, distruggere una vita, modificarne gli esiti, usando le proprie arti magiche), Bilbo alla prima assurda missione, quando ancora dell’anello nulla si sa, se non antiche leggende, e’ che gli Hobbit hanno un cuore puro, Bilbo purissimo, si muovono silenziosi, e ha la sensazione, Gandalf, che prima o poi si riveleranno utili. A pelle.
Per verificare questa sua sensazione mette in moto un pezzo di storia che portera’ centinaia di morti, anonimi, popolo, e dimostrera’ alla fine che Gandalf ci aveva visto giusto, e che aveva scelto la persona giusta per interpretare il destino. Un agnellino appaiono al suo confronto i portatori di democrazia nostrani.
Le sorti del mondo, della salvezza dell’umanita’, nel secondo libro, sono lasciate al primo G9 della storia. Un Nano in rappresentanza del popolo dei Nani, Un Elfo per gli elfi dell’est, un Mago immmortale perche’ serve se devi prendertela con uno come Sauron, un re
giusto, buono, e ingiustamente deposto, sempre per colpa del “male” che corrompe gli animi. Un Re fiero e coraggoioso che vorerebbe solo usare quel potere subito, ma viene convinto a lasciar decidere a Gandalf, che essendo un semidio ne sa a pacchi. Insomma, a decidere ovviamente sono pochi eroi, la compagnia dell’anello. Una carattersitica del “vero eroe del libro”, Sam, e’ che, e’ vero, e’ di classi umili, e infatti come un servo per tutto il libro si comporta da maggiordomo di Frodo, ma di quelle classi umili felici del loro stato subalterno tanto caro alla visione aristocratica del mondo che fu, verde, immacolato, pulito, e con ognuno al suo posto. Felice della propria vita. In quel primo G8 a noi, popolo di Alegre, e’ consegnato il ruolo che secondo Tolkien ci compete: invisibile.
Il bene e il male sono dunque fondati alla fondazione del mondo.
Saruman e’ un Valar, a memoria, posso sbagliarmi, ma sicuramente non un mortale, e il suo voltar gabbana rientra negli scazzi tra “dei”, che hanno il privilegio di poter decidere da che parte stare. I re legittimi sono osannati, gli illegittimi no.
Le donne non esistono come personaggi influenti, tante’ che nel film se ne sono dovuti inventare un po’ viste le note esigenze di esibizione di corpi famminili al cinema. Il popolo, come detto, ma va ripetuto, non esiste se non come carne da macello, e come sfondo alle avventure degli eroi.
4) In quel libro, il terzo libro piu’ letto della storia, dopo Bibbia e Corano (e ti credo che in molti hanno cercato fortuna scrivendo critiche a quell’insulso testo, sulla scia dei numeri di lettori di Tolkien), convivono due metafore, entrambe molto semplici e fanciullesche, al di la delle goffe autogiustificazioni di Tolkien (si converra’ che nel pezzo citato da Fede, gia’ si coglie la pochezza dell’autore, di Tolkien intendo, Fede scrive molto meglio). Una pero’ la preferisco all’altra.
La prima e’ la metafora dei blocchi contrapposti. Popoli differenti e razze differenti (nani, elfi, umani), si scontrano tra loro per motivi politici, che sempre riguardano i regni, le lotte tra regni, col popolo che segue, bue. I conflitti politici interni nascono dall’illegittimita’ di un re o, come ammette lo stesso Fede, per l’opera di infiltrati maligni che corrompono re in passato legittimi, che poi si redimono.
Ci sono dunque scontri per l’oro, per i territori, e per altri mille motivi. Saltuariamente, come nell’epica guerra dei cinque eserciti (credo, posso sbagliarmi sul “cinque”, non ho i libri sotto mano e sono vent’anni che non li prendo per leggerli), i popoli “non cattivi” si uniscono. Quando il male diventa troppo potente, all’est, allora la nato, hem, i popoli buoni, si uniscono tutti insieme per combattere il cattivo, nero, asiatico, Sauron. In effetti pure la mappa della terra di mezzo e’ davvero troppo somigliante nei confini ad un continente a noi noto.
Piu interessante la seconda. Quando Frodo entra in Mordor tutto e’ pestilenziale. Il maligno non coltiva i campi, sempre c’e’ nebbia, tutto e’ incolto e non canalizzato (palude), eppure Sauron ha cosi’ potere che il suo “popolo” gli rimane fedele, benche’ mangi male, dorma al freddo, viva nel terrore. Del resto il loro re non e’ un uomo, ma il male impersonificato. Ed ecco qui: la descrizione fatta dei popoli del male che vengono dall’est, assomiglia moltissimo alla descrizione dei nomadi che facevano i Babilonesi, e poi i Persiani. I nomadi avevano la peculiarita’ di essere immaginati come popoli “le cui gole non conoscono la birra e i cui stomaci non conoscono il pane”. Coloro che non coltivano, non canalizzano, che fanno razzie, che vivono allo stato di bestie, (orchi)?.
E che con i nomadi condividono il fatto di non prevedere la proprieta’ privata dei mezzi di produzione. MOSTRI!!!
5) L’ambientalismo aristocratico, pagano, socialista, post moderno, scegliete voi, hanno ragioni differenti. Perche’ come voi mi insegnate, il conflitto politico e’ difesa di interessi, particolari, e non ha motivi etici (
almeno, do’ per scontato che si parta da questo presupposto). L’ambientalismo che e’ tale perche’ “gli alberi hanno diritto alla vita” e’ differente da quello che lo e’ perche’ “se no poi l’uomo sparisce”. Nessuno e’ d.o.c. Sono differenti.
La fine dell’aristocrazia, e il suo contrapporsi alla protoindustria e alla nascita della Borghesia, ha prodotto un pensiero ambientalista che costruisce il mito del “mondo non inquinato, non corrotto, ordinato, in pace, tutti felici, con i re legittimi, che c’era un tempo”.
L’ambientalismo lo mastica la destra (non parlo di destra economica sia chiaro) da quando il PCI faceva festa ad ogni ciminiera in piu’ che veniva costruita. Alle riunioni sulla Decrescita partecipavano gioiosamente anche i fascisti dell’UGT. A mo’ di esempi.
Il tema e’ certamente complesso, e io non mi avventuro oltre. Certo e’ che si, l’ambientalismo non e’ uno solo, e non deriva dalla bonta’ d’animo dei chi ne fa una causa, ma ha ragioni e interessi, e quindi esistono decine di ragioni per essere ambientalisti, e ci si arriva da tantissime strade differenti. Senza dare etichette d.o.c. che mi pare sia il caso tuo Fede, non mio. Nel mio caso essere ambientalista e vegetariano (le due cose sono collegate, essere ambientalisti e mangiare carne e pesce e formaggio fa ridere i polli) deriva da una consapevolezza politica: oggi il campo di battaglia per le classi oppresse e’ la difesa del territorio e di un’economia sostenibile per sette miliardi di persone. Il modello di consumo, di approvigionamento energetico e la difesa del terriotrio, sono, credo, le armi che ci rimangono per creare conflitto e nuova sovranita’. Lo dico a mo’ di esempio di un pensiero ambientalista, sicuramente strampalato, non d.o.c., ma determinato politicamente e storicamente.
Per questo quando posso metto il mio corpo a disposizione della Val di Susa, che reputo, come voi, la lotta piu’ interessante in questo momento (accorgendomene, se posso permettermi, un po’ prima della vostra recente folgorazione).
Potrei andare avanti. E sarebbe anche possibile discuterne.
Ma non era in realta’ mia intenzione discuterne. A dire il vero erano due battute con il conoscente Orione in una mezz’ora di cazzeggio. Di Tolkien non mi importa nulla, oggi. E va a finire che importa oramai solo a Fede/WuMing. Lo scontro politico con la destra non avra’ come campo principale di battaglia l’interpretazione di Tolkien, temo. E se io sono il simbolo delle ragioni per cui e’ importante una nuova pubblicazione sul tema, beh, la vedo male, visto che quel libro io non lo leggero’.
Un saluto, Fede, visto che con sorpresa, e gioia, scoproti essere mio lettore.
Sperando che al mio ritorno in Italia possiamo berci una birretta insieme, offerta da me, si intende, e conoscerci.
E forse, mi vien da dire in conclusione, noi popolo di Porto Alegre, abbiam meglio da fare che pensare a Tolkien.
Fabio Zanon