È appena uscito al cinema Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug di Peter Jackson ha completamente sbancato i botteghini nazionali (Stati Uniti), guadagnando l’impressionante cifra di 73 milioni di dollari (53,5 milioni di euro). Il grande successo si conferma in linea con gli ottimi risultati raggiunti dai film ambientati nella Terra di Mezzo e ha fatto sì che molti cominciassero a pensare al futuro. L’anno prossimo arriverà Lo Hobbit: Racconto di un Ritorno (Ndt – sembra che il titolo ufficiale italiano sia questo…) che sembra rappresenterà la fine dell’era di J.R.R. Tolkien sul grande schermo. C’è un modo per poter vedere ancora dell’altro? La triste realtà è che le possibilità sono misere.
Anni di scontri legali
Fin dall’uscita della trilogia del Signore degli Anelli, è scoppiato un conflitto tra gli eredi dell’autore e la Warner Bros, la New Line e Jackson, sia sul contenuto creativo del film che sulla distribuzione dei profitti. Anni e anni di dispute suggeriscono che il futuro dei film sulla Terra di Mezzo è cupo. Come molti litigi a Hollywood, il battibecco Tolkien Estate contro Warner Bros e company riguarda sostanzialmente i soldi. Parte del contratto degli eredi dell’autore con la casa di produzione diceva che una percentuale dei profitti di ogni adattamento del lavoro di Tolkien dovesse tornare a loro e scoppiò una controversia già a seguito dell’uscita della trilogia del Signore degli Anelli. I tre film hanno incassato globalmente al botteghino una cifra mirabolante, pari a 2.9 miliardi di dollari (cioè 2,1 miliardi di euro), ma quando questo totale è stato confrontato con le spese del progetto, lo studio ha dichiarato che il film non aveva realizzato profitto, imbrogliando – a quanto si dice – gli eredi di Tolkien. In una intervista a Le Monde nel 2012, il legale della Tolkien Estate, Cathleen Blackburn disse: «Questi film così popolari apparentemente non hanno ottenuto profitti! Abbiamo ricevuto dichiarazioni che dicono che i produttori non dovevano un centesimo alla Tolkien Estate». Questo tipo di sotterfugi non è così raro a Hollywood. Nel 2010 è trapelata una dichiarazione riguardante il profitto netto di Harry Potter e l’Ordine della Fenice (un altro film prodotto dalla Warner Bros) la quale riportava che, nonostante l’incasso del film fosse stato pari a 934 milioni di dollari (690 milioni di euro), lo studio, a conti fatti, ne aveva persi 167 milioni di dollari (122 milioni di euro). All’inizio del 2008, la famiglia Tolkien portò la Warner Bros in tribunale per ottenere il 7,5% che da contratto spettava loro, ma poi le parti si sono accordate fuori del tribunale e il processo è stato archiviato nel settembre 2009.
I diritti su Tolkien
Una nuova battaglia legale tra gli eredi dello scrittore e lo
studio cinematografico è divampato ancora nel luglio 2012 e con essa i progetti su altri film sulla Terra di Mezzo dopo la trilogia dello Hobbit ha ricevuto un colpo praticamente mortale. Dopo anni di silenzio, Christopher Tolkien, figlio di J.R.R. Tolkien e curatore del Silmarillion, il racconto dei tempi più antichi dell’universo del padre, ha rilasciato un’intervista a Le Monde senza risparmiare critiche sugli adattamenti di Jackson della trilogia del Signore degli Anelli. Alla domanda se volesse incontrare il regista, Tolkien rispose all’intervistatore: «Hanno distrutto il libro, rendendolo un action movie per 15-25enni. E sembra che Lo Hobbit sarà dello stesso stampo. Tolkien è stato divorato dalla sua popolarità e assorbito dall’assurdità del tempo. C’è un divario vertiginoso, quasi un abisso, che si è aperto ormai tra gli scritti di mio padre e il loro enorme successo commerciale, in cui non mi riconosco più. Si è formato attorno all’opera di Tolkien una sorta di universo parallelo: è un mondo scintillante fatto di immagini, gadget, figurine, magliette, giochi da tavolo, che in parte mascherano o travisano lo scritto originale e lo rendono ormai un culto più che un romanzo serio. Il divario tra la bellezza e la serietà del lavoro di mio padre e ciò che è diventato è aldilà di me. Questo livello di marketing riduce a niente l’estetica e il significato filosofico di questo lavoro». Un patrimonio che è stato il lavoro di una vita da parte di Christopher Tolkien, ma che è da alcuni anni è diventata anche la fonte di una certa «disperazione intellettuale». Come si può immaginare, tale citazione è stata riportata al regista neozelandese. Quello stesso mese, Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato è stato presentato al Comic-Con di San Diego e Jackson e molti membri del cast vi hanno preso parte. Durante la sessione di domande e risposte, è stato chiesto a Jackson se c’era qualche speranza che dirigesse un adattamento del Silmarillion dopo la fine dei film dello Hobbit e il regista ha velocemente respinto l’idea: «Non credo che la Tolkien Estate ami i miei film. Credo, inoltre, che le possibilità che io viva fino ad avere 110 anni siano molto remote», ha risposto Jackson. Il regista ha spiegato a chi non lo sapeva che i diritti del Silmarillion, a differenza di quelli del Signore degli Anelli e dello Hobbit, sono detenuti dalla famiglia Tolkien. «Per occuparmi del Silmarillion dovrei aspettare che scadano i diritti che loro detengono, ma si tratta di un periodo piuttosto lungo!». Jackson ha continuato: «Non penso che Il Silmarillion andrà da qualche parte per un bel po’ di tempo. […] A differenza dello Hobbit e del Signore degli Anelli, i diritti del Silmarillion, appartengono ancora agli eredi di Tolkien. Se gli eredi e gli studi cinematografici dovessero mai far pace, il film potrebbe diventare realtà, ma ciò non sembra davvero possibile».
L’odioso culto del professore
Nonostante il fatto che Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug sia nei cinema, la più recente causa di disputa tra la famiglia Tolkien e la Warner Bros non riguarda i film, bensì l’altra grande fonte di profitto di Hollywood: il merchandise. Nel novembre 2012 gli eredi hanno intentato una causa da 80 milioni di dollari contro la Warner Bros, la controllata New Line e il detentore dei diritti del Signore degli Anelli e Lo Hobbit, la Saul Zaentz Co, ritenendo che la creazione da parte dello studio cinematografico di una serie di slot machine online violasse il loro il contratto di sfruttamento dei diritti d’autore del 1969, che permetteva di creare solo merchandise tangibile, non digitale, basato sui libri. La querela recitava, infatti, che «non solo la produzione di giochi d’azzardo superano palesemente la portata dei diritti d’autore degli imputati, ma questo comportamento illecito ha la conseguenza di indignare lo zoccolo duro dei lettori forti di Tolkien, causando un danno irreparabile per l’eredità dello scrittore e la reputazione delle sue opere». Il caso ha preso una piega inaspettata a marzo del 2013 quando la Warner Bros ha controdenunciato gli eredi di Tolkien, ritenendo che la causa precedente gli avesse fatto «perdere milioni di dollari in opportunità di licenze». Gli eredi di Tolkien hanno provato a trovare un giudice che facesse cadere queste ultime accuse, dicendo che si trattava solo di una tecnica di distrazione per nascondere la causa originale, ma poi a luglio il ricorso della Tolkien Estate è stato respinto e il processo è andato avanti. Gli eredi di Tolkien e la Warner Bros stanno combattendo da così tanto tempo che sembra difficile immaginare possano riconciliarsi. Futuri film ambientati nella Terra di Mezzo sono praticamente esclusi a breve scadenza. Per ora, quindi, dobbiamo goderci quelli che abbiamo.
– Vai all’articolo sull’intervista di Christopher Tolkien a Le Monde
– Vai all’articolo sull’intervento di Jackson al Comic-Con di San Diego
– Vai all’articolo sulle slot machine online
– Vai all’articolo sul ricorso della Tolkien Estate
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Il pessimismo regna sovrano. Però… mai dire mai. Qualora entrasse in gioco una nuova generazione, non compromessa con l’annosa faida, i giochi potrebbero riaprirsi. Ma dovrebbe trattarsi di un’altra casa di produzione, magari non una major tentacolare come la Warner; di un altro regista, magari inaspettato; di un altro stile, altro tocco. In realtà se ci si pensa bene, sarebbe tutto interesse della famiglia e della Tolkien Estate dimostrare che dalla narrativa di Tolkien si possono trarre film diversi da quelli visti finora. E il Silmarillion sarebbe l’occasione perfetta, proprio perché potrebbero supervisionarne la resa cinematografica. Però devono succedere ancora diverse cose e passare un po’ di tempo.