Il 10 giugno è improvvisamente scomparso Emmanuele Morandi, socio fondatore dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici, suo Presidente dal 1988, e anche co-direttore della collana di studi “Tolkien e Dintorni”. Di origini modenesi, ma a Verona da una decina d’anni, Morandi era docente di Sociologia generale e stava procedendo con l’appello degli studenti di Filosofia e Scienze della Comunicazione che si erano iscritti all’esame finale del corso, quando ha accusato un malore. L’aneurisma all’aorta lo ha colto poco dopo il ricovero in ospedale di Borgo Trento. Il professor Morandi, 54 anni, lascia la moglie e quattro figli a cui vanno tutti i nostri pensieri. Anche noi lo abbiamo conosciuto e vorremmo cercare di ricordarlo in questa nota, molto difficile perché non vogliamo assolutamente scadere nella vuota retorica.
Una vita per la filosofia
Emmanuele Morandi era docente di sociologia generale ed era un filosofo molto noto ed apprezzato. Di estrazione e formazione cattolica, tante le sue pubblicazioni che lo avevano fatto apprezzare in tutta Italia, non solo tra gli addetti ai lavori. Ricercatore di sociologia generale del dipartimento di Filosofia, pedagogia e psicologia, docente molto amato dagli studenti è stato studioso e conoscitore dell’opera di Tommaso D’Aquino. «Una persona stra-ordinaria, un intellettuale vero, un cristiano autentico», ha scritto Claudio Antonio Testi, altro fondatore dell’Istituto nonché vicepresidente della nostra Associazione, «Nessuno come lui sapeva accendere in chi gli era intorno quel bruciante amore per il sapere che noi chiamiamo filosofia; e questo perché lui stesso ne era profondamente consumato». Dalla passione per la filosofia e Tommaso nacque l’Istituto Filosofico di Studi Tomistici. «Eravamo quattro giovani studenti di filosofia dell’università di Bologna», racconta lo stesso Emmanuele in un’intervista: «Iniziammo a incontrarci regolarmente, ogni settimana, e ognuno di noi preparava un tema tratto dalle opere di Tommaso, spesso anche da importanti autori tomisti contemporanei (ricordo i seminari su Maritain, Gilson e molti altri). Presto però maturò la convinzione che non fosse possibile vivere questo profondo magistero in termini semplicemente personalistici. La filosofia, e in generale i saperi umanistici, hanno una vocazione pubblica e non possono crescere e vivere senza comunicarsi… Fu così che nacque la consapevolezza della necessità dell’impegno pubblico».
«Il nome – ci teneva a precisare – può far pensare a una realtà di nicchia, ma è vero il contrario: l’Istituto è prima di ogni cosa un progetto culturale. L’ispirazione della metafisica tomista è stata, ed è, il propulsore centrale delle attività svolte, ma su questo intento originario si sono via via innestate nuove discipline, tentando di aprire un sentiero di dialogo fra il pensiero metafisico e i temi più vivi del pensiero contemporaneo». «Accanto alle normali attività di ricerca – aveva spiegato Emmanuele all’Osservatore Romano – l’Istituto conduce anche una Scuola di studi filosofici e, per aprire la filosofia a un pubblico più ampio, organizza ogni anno il ciclo di incontri». Scrive ancora Emmanuele: «Dall’anno di fondazione ad oggi si sono verificate trasformazioni del mondo culturale così radicali e così incredibilmente accelerate da rendere la testimonianza di una realtà umana come l’Istituto – dedita integralmente alla ricerca, allo studio nonché all’insegnamento – una testimonianza preziosa proprio grazie alla sua continuità. Per le persone “in carne ed ossa” che portano avanti questa realtà culturale, gli anni d’esistenza dell’Istituto incarnano un vero e proprio “vissuto”. Il “vissuto”, è vero, normalmente si ascrive alla sfera psicologica e, come tale, può essere narrato solo come esperienza personale» [Realitas n.0, Prefazione]. «Ci sono verità che riguardano la filosofia che e non possono essere dette o scritte, ma possono solo essere sperimentate», diceva in un convegno Emmanuele seguendo Platone nel suo Gorgia. «È per questo che il primo scopo dell’Istituto è quello di formare un ambiente filosofico in cui si possa far pratica di queste conoscenze. La ricerca, i seminari, le pubblicazioni, i corsi, i laboratori sono tutti parte di quest’unico scopo: restituire la filosofia alla vita per non ridurla solo a dei libri, utili al massimo a raccogliere polvere negli scaffali». Questa profonda convinzione derivava dall’idea che Emmanuele aveva del suo ruolo, come scrive ancora: «L’intellettuale, l’uomo colto, lo studioso, lo scienziato sono in fondo quella parte della comunità umana che ha scelto un compito che non è quello di guidare, amministrare o produrre ricchezza per i propri fratelli, ma di farli partecipi di quel grande amore che è la ricerca della verità e del sapere. In fondo è un compito umile, anche se il bene offerto è incommensurabile. Chi fa ricerca […] può solo invitare nella piena libertà ad attingere a questo illimitato bene, che ha indubbiamente in sé e per sé una forza rigenerativa del mondo e delle società, ma che solo se viene scelto, anche rinunciando ad altri beni, può metterla eventualmente in atto». Emmanuele è stato tutto questo e ha testimoniato con la sua vita il suo pensiero. Lo ringraziamo soprattutto per questo.
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