Dopo tre giorni a Oxford, passati per lo più nella Bodleian Library a studiare i documenti, ci siamo trasferiti a Leeds, nel nord dell’Inghilterra. A dire il vero, il viaggio è stato un po’ rocambolesco, ma è sufficiente dire che la tanto declamata puntualità britannica non si applica più né ai treni né alle corriere. L’unica possibile scusante può essere stata che a Oxford si festeggiava proprio quel giorno l’Alice Day, il giorno dedicato ad Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, con tanto di persone vestite da Cappellaio Matto e Bianconiglio. Sono sicuro che se avessi chiesto i motivi del ritardo, il capostazione ci avrebbe risposto: «Perché è sempre l’ora del tè, e negli intervalli non abbiamo il tempo di lavare le tazze».
Leeds: una città tolkieniana
Il trasferimento a Leeds aveva una doppia ragione: soprattutto perché il 2 luglio si è tenuto il Tolkien Seminar organizzato ogni anno dalla Tolkien Society inglese, la nostra casa madre per così dire. Dal 3 al 6, inoltre, all’università di Leeds si terrà il grande convegno dedicato al Medioevo, con ben 4 sessioni dedicate a Tolkien.
Il secondo motivo è che la città è molto legata allo scrittore, perché nel 1920, prima di divenire professore a Oxford, Tolkien aveva accettato l’incarico di lettore di lingua inglese presso l’Università di Leeds. Nei suoi cinque anni di permanenza presso l’Università di Leeds, Tolkien fu determinante nel creare il nuovo programma di Lingua Inglese della facoltà, dividendo il corso in due percorsi distinti, alcuni aspetti dei quali erano presenti nel programma di studio ancora sessant’anni dopo. Il professore lavorò con E.V. Gordon a una edizione critica del poema in inglese medio Sir Gawain e il Cavaliere Verde, pubblicato nel 1925. Si dedicò anche alla pubblicazione di un vocabolario di inglese medievale (Middle English Vocabulary). Entrambi i lavori accademici divennero uno standard in questo campo d’insegnamento.
I Tolkien Seminar
Se si è uno studioso tolkieniano non si può non frequentare assiduamente un appuntamento come quello dei Tolkien Seminar organizzati dalla Tolkien Society inglese. La cosa più appagante è essere riconosciuti come tali: non ho avuto bisogno di chiedere il badge e dare il mio nome, perché le persone che erano alla reception mi hanno subito riconosciuto salutandomi cordialmente e porgendomi il tesserino. Del resto è dal 2005 che frequentiamo questi eventi importanti e anche gli studiosi francesi e tedeschi ci conoscono perché è dal 2012 che andiamo in Francia e Germania ai convegni analoghi. Dimitra Fimi, la vera madrina del seminario, appena ci ha visti ci è corsa incontro e si è scusata subito con noi per una sua mancata risposta all’ultima mail del nostro abituale carteggio. Dopo una lunga discussione, ci ha promesso di essere nostra ospite in Italia perché ci segue e legge tutte le cose che facciamo e vuole assolutamente essere presente a un nostro prossimo evento. Le abbiamo detto che sicuramente ci penseremo, visto che i lettori italiani di Tolkien devono avere la possibilità di conoscere anche lei! Da parte sua, Andrew Higgins, che io conoscevo dai tempi del convegno di Dublino, si è detto entusiasta nel nostro ultimo libro tradotto e pubblicato, che lui ha avuto modo di recensire molto positivamente sui Tolkien Studies. Alla fine della chiacchierata, ha voluto assolutamente fare una foto con noi… e la fotografa è stata addirittura la mia amica Anna Smol, nota studiosa canadese!
Relazioni professionali
Aldilà dei convenevoli, si è trattato di una giornata importante, diversa da quelle ludiche e amatoriali della Oxonmoot e di chi ci partecipa. Qui, il programma è denso e serrato: ben 12 interventi divisi da una pausa pranzo, 6 al mattino, 6 al pomeriggio. La sensazione è che quelli della mattina siano stati molto più intesi, mentre il pomeriggio l’atmosfera è rilassata. Proviamo a dare merito a tutti gli interventi, con un giudizio per tutti, così da rendere la giornata nel suo complesso.
Apre le danze Brad Eden, decano bibliotecario dell’Università di Valparaiso ed editor del Journal of Tolkien Research, che ha tenuto l’intervento The scholar as minstrel: Music as a conscious/subconscious theme in Tolkien’s poetry (Lo studioso come cantore: la Musica come tema consapevole/inconsapevole nei componimenti poetici tolkieniani): credo che sia stato uno dei più belli e proficui, soprattutto per le sue molte riflessioni sulle scelte che si trova ad affrontare oggi la comunità scientifica tolkieniana e i limiti legati al copyright dei testi. Farò veramente tesoro di questo intervento!
Segue Michaela Hausmann con Lyrics on Lost Lands – Constructing Lost Places through Poetry in J. R. R. Tolkien’s The Lord of the Rings (Liriche su Terre Perdute – la creazione di luoghi perduti attraverso la poesia nel Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien): bell’intervento, pulito, serio e molto ben strutturato. Il contenuto però non è originale e non va oltre cose che abbiamo già studiato, anche se mostrare come la poetica tolkieniana sia stata sempre mossa dalla nostalgia delle terre perdute è un bel tema affascinate.
Tocca poi ad Andrew Higgins con Poetry and Language Invention: The Interconnected Nature of Tolkien’s The Qenya Lexicon and His Early Poetry (La poesia e l’invenzione del linguaggio: l’interconnessione tra il Qenya Lexicon di Tolkien e i suoi primi componimenti poetici): è un tema denso con spunti ottimi, e soprattutto la bravura di rendere chiaro quanto per Tolkien le parole avessero una propria bellezza, diversa dal significato. Il Qenya Lexicon, cioè il primo dizionario di una lingua elfica realizzato dallo scrittore, addirittura nel 1915, è stato analizzato nel dettaglio, insieme ad alcune poesie dell’epoca.
È la volta di Penelope Holdaway con Fair and Perilous: The Women of Tolkien’s non-Middle-earth Lays and Legends (Belle e pericolose: le donne nei lai e nelle leggende non pertinenti alla Terra di Mezzo tolkieniana), che è stato un po’ la delusione della giornata. L’allieva di Dimitra Fimi ha voluto analizzare il ruolo che la donna ha negli scritti tolkieniani non legati alla Terra di Mezzo (in The Legend of Sigurd e Gudrún, The Story of Kullervo, Lay of Aoutou and Itrou e Fall of Arthur) facendo un errore metodologico. Tutti questi testi non furono pubblicati da Tolkien e per la maggior parte sono bozze incomplete, quindi studiarli come fossero testi finiti secondo la volontà dell’autore è un errore, non si può nemmeno collegarli ai miti celtici senza una dovuta contestualizzazione, e rintracciare figure come la Corrigan anche in Arwen nel Signore degli Anelli perché anche lei è una «King maker» è molto forzato.
Chiude la mattina la tavola rotonda tenuta da Bertrand Bellet, Aurelie Bremont, Dimitra Fimi su Tolkien and Breton poetry: What layers lie behind Tolkien’s lays? (Tolkien e la poesia bretone: quali strati si nascondono dietro la poesia di Tolkien?), che più che una discussione è una serie di interventi separati sullo stesso argomento, cioè i lay bretoni. La Fimi è sempre bravissima e ormai ha una sicurezza forte, molto diversa da quando la vidi la prima volta a Birmingham nel 2005 con un inglese molto stentato! Brava, competente e precisa. Anche Bremont fa la sua bella figura concentrandosi di più sulle fonti francesi, mentre Bellet è il traduttore dell’edizione francese dei Lay of Aoutou and Itrou e, a causa di problemi informatici, è costretto a tenere a braccio il suo intervento, risultando un po’ noioso e autorefereziale.
Dopo la pausa pranzo apre il pomeriggio Stuart Lee, vero keynote scholar della giornata, cioè «star» e da tale si comporta con Tolkien and The Battle of Maldon (Tolkien e La Battaglia di Maldon): il suo intervento è preciso, pulito, serio e competente, ma non aggiunge nulla a quello che abbiamo sentito altre decine di volte da lui e da altri studiosi.
Segue Kristine Larsen, che è un po’ uno dei nostri obiettivi visti i molti interventi passati. Il suo “Diadem the Fallen Day”: Astronomical and Arboreal Motifs in the Poem “Kortirion Among the Trees” (“Diadema il Giorno Caduto”: motivi astronomici e arborei nella poesia “Kortirion tra gli Alberi”) non delude! È talmente denso e lungo da poter essere difficilmente sintetizzato, ma si può dire che dimostra molto bene come Tolkien avesse competenze astronomiche da scienziato e che le usasse in ogni citazione delle stelle, che sono sempre nel posto giusto a seconda del periodo dell’anno.
La new entry Szymon Pindur, venuto direttamente dalla Polonia illustra in The magical and reality-transforming function of Tolkien’s songs and verse creations (La funzione magica e di trasformazione della realtà delle canzoni e dei componimenti poetici di Tolkien) i legami strettissimi tra Tolkien e il Kalevala. L’avessi avuto quando ho scritto il mio saggio sull’argomento sarebbe stato utilissimo! Bravo, competente, ma un po’ noioso, forse dovuto alla difficoltà di rendere tutto in inglese.
Segue Irina Metzler, Singing the World into Being: The Creative Power of Song in Tolkien’s Legendarium and Real-World Mythology (Creare il mondo cantandolo: il potere creativo delle canzoni nel legendarium tolkieniano e nella mitologia del mondo reale), un po’ altra delusione. Avevamo appena parlato con lei e ci era sembrata molto competente, ma il suo intervento, iniziato in maniera interessante, ha poi preso una deriva etnografica e antropologica, arrivando a paragonare il canto magico in Tolkien con quelli degli aborigeni australiani e chiudendo con una paradossale confronto tra Tom Bombadil e i do-so-jin, gli spiriti dello Shintoismo in Giappone consacrati alle frontiere del paese e svolgono il ruolo di guardia contro gli spiriti nocivi e i kami maligni.
È la volta di Massimiliano Izzo, In search of the Wandering Fire: otherworldly imagery in The Song of Ælfwine (In cerca del Fuoco Errante: immagini ultraterrene nella Canzone di Ælfwine). Molto, molto, interessante e ricco di sviluppi futuri, con un tentativo di capire questa figura dei fuochi fatui negli scritti di Tolkien, con molti riferimenti a Notion Club Papers.
Chiude la giornata Anna Smol con Seers and Singers: Sub-creative Collaborators in Tolkien’s Fiction (Veggenti e cantori: partecipanti alla sub-creazione nei romanzi di Tolkien), che per una volta vede me e Claudio divisi sul giudizio: sarà che è stato toccato il tema a lui sensibile del Faerian drama senza approfondirlo, sarà che tutto l’intervento è un po’ una panoramica di come canti e profezie siano partecipi della sub-creazione tolkieniana, altra tematica importante per Claudio, insomma secondo lui la Smol è brava, ma non va mai aldilà del suo lavoro, non azzarda ipotesi, né si spinge ad approfondire l’argomento. Il mio parere è più indulgente (anche perché è una mia amica!), visto che in 15 minuti non si può scendere molto in profondità: trovo il lavoro molto elegante, che raccoglie spunti e suggestioni e cerca di distillare il meglio da tre testi che nulla hanno in comune tra loro: Notion Club Paper, Foglia di Niggle e Fabbro di Wotton Major.
In conclusione, si può dire che è stata una giornata appagante e che darà i suoi frutti. Se tutte le suggestioni raccolte oggi saranno da noi ben sfruttare, credo proprio che quest’anno avremo tante conferenze da tenere!
ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Sulle orme di Tolkien 1: l’AIST a Oxford e Leeds
– Leggi l’articolo Sulle orme di Tolkien 2: lo studio alla Bodleian
– Leggi l’articolo A Leeds un seminario e 4 conferenze su Tolkien
Complimenti per la frequentazione del Seminario, è un risultato importante per l’AIST e per l’Italia. Peccato che io quest’anno sia mancato avendo scelto invece il giocoso Oxonmoot, dove si fanno interventi solo di poco conto. Solo un dubbio su quest’ultimo punto: dobbiamo considerare di scarso peso anche John Garth che ha presentato un paper sulla genesi della Terra di Mezzo a Oxonmoot 2014? Ecco qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=TCq9uoNclBI
Peccato non siate stati presenti l’anno scorso, quando ho presentato il mio paper sull’affrontare la morte in LotR, in pubblicazione a breve. Sono sicuro che non abbiate presentato quest’anno perché troppo concentrati a studiare i manoscritti di Tolkien. Ci mettiamo d’accordo per inviare entrambi i nostri paper per il Seminario 2018? Così facciamo vedere che l’Italia c’é, che ne dite? 😉