Venerdì primo dicembre si è svolto a Parma il convegno “Tolkien linguista e glottopoieta”, il primo dei due eventi universitari che avevamo annunciato il mese scorso: si tratta di due approfondimenti centrati rispettivamente sull’amore di Tolkien per le lingue e sul ruolo delle sue opere nella letteratura.
Per chi non è potuto essere presente al primo convegno, ecco il resoconto della nostra promotrice dell’evento, nonché relatrice, Elisa Sicuri!
“Tolkien linguista e glottopoieta”
Il primo dicembre Tolkien ha fatto ritorno all’Università di Parma, questa volta però con un programma ampliato e un variegato gruppo di relatori.
Il primo incontro tra il professore di Oxford, e in particolare le sue lingue inventate, e l’Ateneo emiliano era avvenuto un anno fa, il 29 novembre 2016. In quell’occasione un foltissimo gruppo di studenti (e non) si era riunito per assistere alla lezione di Roberto Arduini dal titolo “Il vizio segreto di Tolkien: una passione per le lingue”. Da quel momento “fondativo” ha preso il via una fruttuosa collaborazione tra l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani e l’Università di Parma, che ha portato alla realizzazione del convegno di quest’anno. La scelta di eleggere Parma come nuovo punto di riferimento per lo studio scientifico delle lingue inventate di Tolkien, nonostante le ben note difficoltà di parlare dell’opera del Professore nel mondo accademico italiano, non è stata casuale. L’Università di Parma, infatti, vanta già un rapporto di lunga data con un’altra lingua artificiale, l’esperanto. Giorgio Canuto, illustre esperantista italiano, fu rettore negli anni 1950-56 e ogni anno presso il Dipartimento di Lettere si tiene la cerimonia del premio di laurea a lui intitolato per la migliore tesi in Interlinguistica ed Esperantologia. Data la presenza di altri due esperantisti, Davide Astori, professore associato di Linguistica generale dell’Ateneo parmigiano e tra i promotori di questa iniziativa tolkieniana, e Federico Gobbo (Università di Amsterdam), non potevano mancare domande proprio sul rapporto tra Tolkien e l’esperanto.
La giornata di studi è stata inaugurata da un intervento di Fulvio Ferrari, docente di Filologia germanica all’Università di Trento, sul tema “Tolkien e la creazione di un universo: filologia, traduzione e reinvenzione” nell’aula K2 del Plesso di Lettere in via d’Azeglio. La lezione, dedicata agli studenti del corso magistrale di Linguistica generale, ha visto anche l’attenta partecipazione di studenti di altri dipartimenti, dottorandi e di cittadini di tutte le età. Come nel caso di altri scrittori fantasy, da Howard a Lovecraft, anche l’universo finzionale di Tolkien, per risultare il più reale possibile, necessita di un articolato background storico, in particolare di un sistema mitologico e di una o più lingue. Queste ultime, oltre ad essere profondamente interconnesse con la creazione di una mitologia, nascono, evolvono e muoiono esattamente come le lingue naturali. In particolare per Tolkien era di massima importanza il “phonetic pleasure” che si poteva ricavare dallo studio delle lingue e, in misura maggiore, da quelle morte o inventate, in quanto non più sottoposte ai vincoli della comunicazione. Parlando di filologia e traduzione era quasi inevitabile parlare anche di uno dei poemi anglosassoni più amati da Tolkien, Beowulf, che sotto forma di traduzioni vere e proprie, riscritture (Sellic Spell) e vari tipi di riusi nello Hobbit come nel Signore degli Anelli, ha avuto senza dubbio un ruolo centrale nella sua carriera di filologo.
Beowulf ci accompagna anche nel pomeriggio, nella seconda parte del convegno, moderata da Fulvio Ferrari, che si sposta nell’Aula Magna della sede centrale dell’Università. Leo Carruthers, professore emerito di letteratura inglese medievale all’Università Sorbona di Parigi, analizza con impeccabile perizia filologica i collegamenti tra il famoso poema in antico inglese e l’opera del Professore, sia dal punto di vista della costruzione narrativa che sotto il profilo linguistico, ad esempio l’etimologia di alcuni nomi di luoghi o personaggi. Oltre al poema, la stessa lingua in cui esso fu scritto, l’antico inglese, rivestì un ruolo fondamentale nel plasmare le caratteristiche peculiari anche di certe creature, (ad esempio gli Ent, termine che in Old English indica i giganti), popoli (i Rohirrim detti anche Eorlingas) e luoghi (Meduseld ed Edoras). Inoltre lo stesso Tolkien, nella conferenza del 1936, descrisse il Beowulf come “an heroic-elegy”, un genere letterario che presenta aspetti comuni sia all’epica che alla ballata, definizione applicabile allo stesso Signore degli Anelli. Dell’influenza delle lingue germaniche ma non solo sull’opera linguistica di Tolkien ha parlato anche Federico Gobbo, docente di Interliguistica ed Esperanto presso l’Università di Amsterdam. Ampio spazio ha trovato anche la questione del rapporto travagliato tra Tolkien ed esperanto: dopo un iniziale entusiasmo in gioventù, il filologo oxoniense inizierà a mettere in discussione molti aspetti della lingua di Zamenhof.
Dopo una pausa, il pomeriggio prosegue con gli interventi dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, il mio e quello di Roberto Arduini. Nel primo ho cercato di rispondere alla domanda se sia possibile ipotizzare una conoscenza più o meno approfondita del Sanscrito da parte di Tolkien. Ciò tenendo in attenta considerazione i suoi studi (in particolare della disciplina di Comparative Philology), dei suoi contatti a Oxford prima come studente e poi come professore, dei libri e dizionari da lui letti e posseduti. Con Roberto Arduini, invece, si è discusso di “Come e perché imparare le lingue di Tolkien oggi”: quali siano gli aspetti che più affascinano i fan di Tolkien, quale possa essere l’utilità di misurarsi con delle lingue inventate e di quali strumenti possiamo usufruire per impararle.
Il convegno è stata un’importante occasione per interrogarsi su temi poco discussi anche tra i tolkieniani e di certo inconsueti per l’ambiente accademico italiano, sapendo attirare l’attenzione di un interessato e variegato pubblico che conferma come vincente la scelta, in principio ritenuta un azzardo, di investire su Parma come città votata alla “linguistica tolkieniana”. E sicuramente questi sono solo i primi, importantissimi, passi verso il consolidamento di una nuova realtà tolkieniana in Emilia.
Elisa Sicuri
Non perdetevi il secondo convegno universitario organizzato dall’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, questa volta in collaborazione con l’Università di Trento: nelle giornate del 14 e 15 dicembre presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia (via Tommaso Gar 14) si terrà il convegno “Tolkien e la letteratura della Quarta Era”, dove oltre ad alcuni dei maggiori studiosi italiani saranno presenti ospiti del calibro di Allan Turnen, Thomas Honegger e Tom Shippey!
Rimanete aggiornati in merito seguendo l’evento facebook “Tolkien e la letteratura della Quarta Era”.
ARTICOLI PRCEDENTI:
– Leggi l’articolo Parma e Trento: ecco i programmi dei convegni!
– Leggi l’articolo L’autunno dell’AIST: due convegni, due festival e due fiere
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LINK ESTERNI:
– Vai alla pagina facebook dell’evento Tolkien e la letteratura della Quarta Era
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