Il progetto Lords for the Ring – Tolkien Art Calendar nasce nel 2016 da un’idea di Paolo Barbieri, che ha coinvolto l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani e Lucca Comics and Games: da allora il calendario d’arte tolkieniana italiana ha portato nelle case di tutti coloro che hanno scelto di sostenere questa iniziativa le creazioni dei più grandi artisti del fantasy italiano. Paolo Barbieri, Ivan Cavini, Alberto Dal Lago, Edvige Faini, Angelo Montanini, Dany Orizio e Lucio Parrillo: una pluralità di voci, un coro che ha dato una nuova forma alla Terra di Mezzo dopo che l’immaginario dei film di Peter Jackson era divenuto uno standard a cui moltissimi sceglievano di aderire.
La terza edizione del calendario ha segnato una svolta, un ulteriore rinnovamento, proponendo una monografia dedicata all’artista dozzese Ivan Cavini ed una delle novità di quest’anno è stata la preparazione di alcune note sulle illustrazioni realizzate, un dietro le quinte artistico che spiega scelte compositive e contestualizza le scene all’interno del Signore degli Anelli.
Dopo aver registrato, in collaborazione con Radio Gente Nerd, due interviste al pittore in merito alle quattro tavole delle edizioni precedenti (A Casa di Beorn e Io non sono un uomo per il 2017 e Celebrimbor e Sauron forgiano gli anelli del potere e L’arrivo degli Stregoni nella Terra di Mezzo per il 2018), che potete trovare sulla pagina facebook dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, affronteremo il 22 di ogni mese la tavola ad esso dedicata, con le dichiarazioni dell’autore ed ulteriori approfondimenti. Potete già trovare qui l’articolo dedicato all’immagine di gennaio e e qui quello su febbraio.
Marzo, Barbalbero
“Merry e Pipino scendono dalle grandi scale scolpite nella roccia da tempo immemore, mentre dietro di loro sta per sopraggiungere la creatura più incredibile che abbiano mai visto.
Merry appare composto e loquace mentre Pipino, al contrario, sembra più spensierato e discolo. Quest’ultimo l’ho rappresentato senza mantello perché a mio avviso l’ha perso quando nella fuga con gli Uruk-hai ha gettato la spilla a terra.
I raggi di sole sono una citazione precisa del libro, mentre i due fiori bianchi rimandano ai due piccoli e delicati Hobbit, persi in una foresta antica e talvolta ostile.”
A fornire l’ispirazione per questa tavola è stato il capitolo Barbalbero da Il ritorno del re, in particolare il seguente brano:
“Intagliata nella parete rocciosa vi era qualcosa di simile a una scala: probabilmente naturale, causata dal corrodersi e dal fendersi della pietra, essendo rozza e disuguale. In alto, quasi al livello delle cime degli alberi, un ripiano sovrastato da una rupe a picco. Non vi cresceva altro che un po’ d’erba e di gramigna sui bordi, e un vecchio ceppo d’albero con due solitari rami contorti: sembrava quasi l’immagine di un vecchietto nodoso abbagliato dalla luce del mattino.
«Saliamo!», disse Merry pieno d’entusiasmo. «Finalmente una boccata d’aria, e uno sguardo al paesaggio!».
S’inerpicarono su per la parete rocciosa. Se la scala era stata intagliata da qualcuno, questi aveva certamente piedi più grandi e gambe più lunghe di loro. Erano troppo impazienti per meravigliarsi della straordinaria rapidità con cui le piaghe e le ferite della prigionia erano guarite, e il loro vigore era rinato. Giunsero infine all’orlo del ripiano, quasi ai piedi del vecchio ceppo; allora, con un salto, furono su, e sedendosi con le spalle rivolte alla collina, ancora affannati, guardarono verso oriente. Videro che non si erano inoltrati più di tre o quattro miglia nella foresta: le cime degli alberi si allontanavano giù per i pendii sino alla pianura. Ivi, presso i margini del bosco, alte spirali di fumo nero s’innalzavano tremule, e galleggiavano verso di loro.
«Il vento sta cambiando», disse Merry. «Va di nuovo ad est. E qui su fa freddo».
«Sì», rispose Pipino; «temo che questo non sia che un raggio passeggero, e che tutto ridiventerà grigio. Che peccato! Questa vecchia foresta squallida aveva tutt’altro aspetto alla luce del sole. Ho quasi avuto l’impressione che mi piacesse».
«Hai quasi avuto l’impressione che la Foresta ti piacesse! Molto bene! È un modo gentile di parlarne», disse una voce estranea. «Voltatevi, affinché veda i vostri visi. Ho quasi l’impressione che non mi piacciano, ma non voglio essere frettoloso. Voltatevi!». Due grosse mani dalle giunture nodose si posarono sulle loro spalle e li costrinsero dolcemente ma irresistibilmente a girarsi; poi, due lunghe braccia li sollevarono.
I due Hobbit si trovarono a faccia a faccia con l’essere più straordinario che avessero mai visto. Aveva il fisico di un Uomo, quasi di un Troll, alto però più del doppio, molto robusto, con una lunga testa, e quasi senza collo. Sarebbe stato difficile dire se ciò che lo ricopriva fosse una specie di corteccia verde e grigia, o la sua stessa pelle. Comunque, le braccia, a breve distanza dal tronco non erano avvizzite, ma lisce e brune.”
Curiosità
Nel ritrarre Pipino, l’artista ha scelto di dargli il volto del proprio figlio, Andrea.
Barbalbero è l’essere vivente più antico di tutta la Terra di Mezzo, non solo: è uno dei tre tra i primi Ent creati da Yavanna ad essere ancora in vita all’era in cui si svolgono gli eventi del Signore degli Anelli (assieme a Scorzapelle e Ciuffofoglio). Nel Quenta Silmarillion viene riportata la genesi di queste singolari creature:
“«Tutte le cose hanno il loro valore» replicò Yavanna «e ognuna contribuisce al valore delle altre. Ma i kelvar possono fuggire o difendersi, laddove gli olvar che crescono non possono farlo. E tra questi, io ho cari gli alberi. Lenti nella crescita, saranno ratti nella caduta. E, a meno che non paghino uno scotto di frutti sui rami, poco ne sarà rimpianta la morte. Così io la vedo nel mio pensiero. Vorrei che gli alberi potessero parlare a prò di tutte le cose che hanno radici, e punire chi fa loro del male!»
«È uno strano pensiero» osservò Manwë.
«Pure era nel Canto» disse Yavanna. «Perché, mentre tu eri nei cicli e con Ulmo costruivi le nuvole e spandevi le piogge, io sollevavo i rami di grandi alberi per riceverle, e alcuni di essi cantavano le lodi di Ilùvatar tra il vento e la pioggia.»
Allora Manwë restò in silenzio, e il pensiero che Yavanna gli aveva messo nel cuore crebbe e si dischiuse; e fu visto da Ilùvatar. Parve allora a Manwë che il Canto si levasse una volta ancora attorno a lui, e prestò attenzione a molte cose che vi erano e che, sebbene le avesse udite, prima aveva trascurato. E alla fine la Visione fu rinnovata, ma non era più remota, poiché egli stesso era in essa, pur avvedendosi che tutto era retto dalla mano di Ilùvatar; e la mano vi penetrò, e da essa promanarono molte meraviglie che fino a quel momento erano state da lui celate ai cuori degli Ainur.
Poi Manwë si riscosse, ed egli discese da Yavanna su Ezellohar, e le si sedette accanto sotto i Due
Alberi. E disse: «O Kementàri, Eru ha parlato dicendo: “Qualcuno dei Valar suppone dunque che io non abbia udito tutto il Canto, fin l’ultimo suono della minima voce? Mirate! Allorché i Figli si desteranno, anche il pensiero di Yavanna si desterà, e convocherà spiriti da lungi, ed essi andranno tra i kelvar e gli olvar, e alcuni in essi dimoreranno e saranno riveriti e la loro giusta collera temuta.
Per un tempo limitato: finché i Primogeniti saranno in loro potere e i Secondogeniti giovani”. Ma possibile che tu non ricordi, Kementàri, che il tuo pensiero non sempre ha cantato da solo?
Forse che il tuo e il mio pensiero non si sono anch’essi incontrati, sì che noi abbiamo aperto assieme le ali a guisa di grandi uccelli che si alzino al di sopra delle nubi? Anche questo accadrà per volere di Ilùvatar e, prima che i Figli si destino, le Aquile dei Signori dell’Occidente saetteranno con ali simili al vento».
Allora Yavanna fu lieta, e si levò alzando le braccia ai cieli, e disse: «Alti cresceranno gli alberi di Kementàri, tanto che le Aquile del Re vi possano abitare!».
Ma anche Manwë si levò e sembrò drizzarsi a un’altezza tale che la sua voce scese a Yavanna come lungo i sentieri dei venti.
«No,» disse «soltanto gli alberi di Aulë saranno abbastanza alti per questo. Tra i monti, le Aquile abiteranno, e udranno le voci di coloro che ci invocano. Ma nelle foreste s’aggireranno i Pastori degli Alberi.»”
ARTICOLI PRECEDENTI:
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LINK ESTERNI:
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