Ritornano i Saggi Hobbit!
Si tratta di saggi brevi così nominati per via della loro lunghezza volutamente contenuta (ma non trascurabile) e perché redatti secondo quelli che Tolkien descrive essere i gusti hobbit: nella Prefazione al Signore degli Anelli è infatti scritto che gli hobbit “si dilettavano a riempire meticolosamente libri interi di cose che già sapevano, in termini chiari e senza contraddizioni.”.
Il proposito di questa rubrica è di fornire basi solide e affidabili su cui poter costruire altri ragionamenti e ci auguriamo che i nostri lettori vorranno aggiungere nei commenti le loro riflessioni ed opinioni.
I quattro saggi apparsi finora sono incentrati sugli Anelli del Potere, gli Orchi, la sorte di Frodo e Riguardo agli Hobbit.
Il saggio di oggi è dedicato agli Istari: quei personaggi dall’apparenza di vecchi saggi che erano stati mandati a contrastare Sauron e a persuadere Uomini d Elfi ad unirsi contro di lui. La maggior parte dei dati proviene, come era facile aspettarsi, dal saggio Gli Istari presente ne I Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra di Mezzo.
Lo Heren Istarion (Ordine degli Stregoni)
“Gli Stregoni fecero la loro comparsa iniziale nella Terra di Mezzo verso l’anno 1000 ma per lungo tempo si mostrarono vestiti di semplici panni, come s’addiceva a Uomini già avanti con gli anni ma ancora saldi nel corpo, viaggiatori e viandanti che raccoglievano nozioni sulla Terra-di-mezzo e tutto quanto vi dimorava, senza però rivelare a nessuno i propri poteri e scopi. In quel tempo, gli Uomini li vedevano di rado e prestavano loro scarsa attenzione. Ma, allorché l’ombra di Sauron cominciò a crescere e a riprendere forma, gli Stregoni si fecero più attivi, tentando di continuo di contrastare la crescita dell’Ombra e di indurre Elfi e Uomini a rendersi conto del pericolo che correvano. […]
Gli Istari infatti erano giunti da oltremare, provenienti dall’estremo ovest, […] sotto specie di Uomini in carne e ossa, soggetti alle paure, ai dolori e alle stanchezze della terra, suscettibili di provare fame, sete e di essere uccisi; sebbene, a causa dei loro nobili spiriti, gli emissari non morissero, e se invecchiavano era solo per le cure e le fatiche di molti lunghi anni. [… Gli] era fatto divieto di rivelarsi in forme di maestà o di cercare di governare la volontà di Uomini o Elfi facendo sfoggio di potere; presentandosi invece in aspetto debole e dimesso, dovevano consigliare e persuadere Uomini ed Elfi al bene e provarsi a unire nell’amore e nella comprensione tutti coloro che Sauron, se fosse tornato, avrebbe cercato di dominare e corrompere.
Ignoto è il numero dei membri di quest’Ordine; ma di coloro che si recarono nel nord della Terra-di-mezzo, dove massima era la speranza (grazie al fatto che vi dimoravano i resti dei Dúnedain e degli Eldar), i principali erano cinque. Il primo a giungervi fu uno di nobile aspetto e portamento, i capelli come ala di corvo e una bella voce, ed era biancovestito; grande abilità aveva nei lavori manuali, e veniva considerato da quasi tutti, persino dagli Eldar, il capo dell’Ordine. Ve n’erano anche altri: due vestiti di blu oltremare, e uno di terra bruciata; e ultimo venne uno che sembrava il minore, più basso degli altri, e a vederlo più anziano, i capelli grigi, e grigio anche l’abito, il quale s’appoggiava a un bastone.” (1)
E vediamo in maggior dettaglio chi fossero questi cinque saggi personaggi.
Il primo venuto, giunto da solo, era noto come Saruman il Bianco. Era del popolo di Aulë e aveva grande capacità manuali, oltre che una voce capace di persuadere chi non stesse in guardia. Barbalbero riteneva che poco si interessasse degli esseri viventi, avendo “un cervello fatto di metallo e di ingranaggi” (2). Nei Racconti Incompiuti ci viene descritto così:
“E Curunír Lân, Saruman il Bianco, decadde dalla sua alta missione e divenne orgoglioso e impaziente e, innamorato del potere, tentò di imporre la sua volontà mediante la forza e di soppiantare Sauron; ma fu irretito da quell’oscuro spirito, di lui più potente.” (3)
Dei due vestiti di blu oltremare si sa solo che andarono con Saruman a Oriente e che solo lui fece ritorno. Nella lettera 211 Tolkien scrisse che non sapeva di sicuro la loro sorte, ma riteneva avessero fallito la missione, come Saruman, anche se in maniera diversa; e che sospettava che fossero alla base di culti che sopravvissero alla caduta di Sauron. Erano stati scelti da Oromë. Non vi è certezza dei loro nomi, inizialmente indicati come Alatar e Pallando.
Radagast il Bruno, con la veste color terra bruciata, era stato scelto da Yavanna e aveva una predilezione per gli animali e i vegetali, per amore dei quali trascurò la sua missione. Era poco considerato da Saruman, che nel Signore degli Anelli ne parla in modo poco lusinghiero come di “Radagast il Semplice! Radagast lo Sciocco!” (4)
Gandalf il Grigio giunse per ultimo: più basso e all’apparenza più vecchio degli altri era un Maia del popolo di Manwë, che presso Nienna aveva imparato la pietà.
“Ma Círdan fin dai loro primi incontri ai Porti Grigi indovinò in lui il massimo spirito e il più sapiente; e lo accolse con reverenza e gli affidò il Terzo Anello, Narya il Rosso.
«Che» così disse «grandi fatiche e pericoli ti aspettano, e, per tema che il tuo compito si riveli troppo grande e gravoso, prendi quest’Anello per tuo aiuto e conforto. Esso mi è stato affidato solo perché lo tenessi segreto, e qui sulle coste occidentali è ozioso; ma io ritengo che in giorni a venire dovrà essere in mani più degne delle mie, che lo tengano per accendere tutti i cuori al coraggio.»
[…]
[Egli] ebbe invece, tra gli Elfi, il nome di Mithrandir, il Pellegrino Grigio, poiché non dimorava in nessun luogo e non ambiva né a ricchezze né a seguaci, ma sempre andava di qua e di là per le Terre Occidentali, da Gondor ad Angmar, dal Lindon al Lórien, facendo amicizia con tutte le genti in tempi di bisogno. Cordiale e sollecito era il suo spirito (che era reso più forte dall’Anello Narya), essendo egli il Nemico di Sauron, colui che si opponeva al fuoco che divora e distrugge con il fuoco che illumina e soccorre nella disperazione e nell’afflizione; ma la sua gioia, e la sua sùbita collera, erano velate di panni grigi come cenere, sicché soltanto coloro che ben lo conoscevano scorgevano la fiamma che era in lui. Gaio, egli poteva essere, e gentile con il giovane e il semplice, eppure a volte pronto ad aspre parole e a rimbrottare la stoltezza; ma non era orgoglioso, e non ambiva né a potere né a lodi, sicché ovunque era benvoluto da tutti coloro che non fossero essi stessi superbi. Per lo più viaggiava instancabilmente a piedi, appoggiandosi a un bastone, ragion per cui era chiamato, dagli Uomini del Nord, Gandalf, «l’Elfo della Verga».” (5)
Gandalf il Bianco vs Gandalf il Grigio
Queste due incarnazioni del maia Olórin sono simili ma non uguali, per questo trovo utile dare una scorsa a similitudini e differenze.
Gandalf il Grigio nello Hobbit è così descritto:
“Tutto quello che l’ignaro Bilbo vide quel mattino era un vecchio con un bastone. Aveva un alto cappello blu a punta, un lungo mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin sotto la vita, e immensi stivali neri.” (6)
Mentre, nel Signore degli Anelli, così ci appare Gandalf il Bianco:
“Il vecchio fu più rapido di lui. Saltò in piedi, e con un balzo salì su di una grande roccia. Ivi si eresse improvvisamente, giganteggiando. Il cappuccio e gli stracci grigi giacevano in terra, e le bianche vesti brillavano. Levò il bastone e l’ascia sgusciò via dalla mano di Gimli, cadendo in fragore sul terreno. […]
La sua capigliatura al sole era candida come neve, e la sua veste bianca e splendente; gli occhi sotto le folte sopracciglia erano luminosi, penetranti come raggi di sole; potere nelle sue mani.” […]
Infine fui rimandato nudo là dove l’oscurità mi aveva colto (ma per poco posso ancora parlare, perché la mia missione mi chiama con urgenza).” (7) e di se stesso dice : «Sì, ora sono bianco», disse Gandalf. «Anzi, sono Saruman, si può dire, Saruman come sarebbe dovuto essere. Ma suvvia, raccontatemi di voi! Io ho attraversato fuochi ed acque profonde, da quando ci lasciammo. Ho obliato molte cose che credevo di sapere, ed appreso molte altre che avevo obliate. Riesco a vedere molte cose assai lontane, e molte altre, vicine, sfuggono alla mia vista. Raccontatemi di voi!» (8)
Gandalf il Grigio sembra essere un po’ più collerico, con poteri inferiori a quelli di Gandalf il Bianco. Entrambi non possono costringere o spaventare con il proprio potere: possono solo (cercare di) convincere a fare il bene, indirizzare verso il bene. Ma Gandalf il Bianco può, in casi di emergenza, agire come un angelo (come scrive Tolkien nella lettera 156); si veda più avanti le descrizioni dei suoi interventi a favore di Faramir.
Talvolta Gandalf il Griigio sbaglia, anche se raramente, e forse ha fatto anche azioni malvagie: potrebbe aver torturato Gollum, visto che a Frodo dice: “Lo sopportai quanto più mi fu possibile, ma la verità era disperatamente importante, e alla fine fui costretto ad essere duro. Misi in lui la paura del fuoco, e gli cavai fuori lentamente, a brano a brano, l’intera storia, frammista a piagnucolii e recriminazioni.” (9) Se così è stato si è trattato di una caduta momentanea, riscattata, per esempio, quando decide di affrontare il Balrog, per proteggere gli altri Compagni, pur sapendo di essere uno dei membri più potenti della missione. Ma decide, come chiarisce Tolkien nella lettera 156, di sacrificarsi lasciando la missione in mano a un superiore Potere. Il suo sacrificio non è vano. Infatti viene rimandato indietro con “regole d’ingaggio” meno stringenti, dato che il momento è particolarmente critico e la guerra contro Sauron sta per scatenarsi. Ma ha anche maggior potere tant’è che Tolkien scrive che Gandalf il Grigio mai sarebbe riuscito a guarire Théoden o a scontrarsi con Saruman (lettera 156, nuovamente).
I Bastoni degli Istari
Dei bastoni degli Istari si sa molto poco di sicuro, ma alcune cose si possono desumere con ragionevole approssimazione.
Innanzitutto non si sa se gli Istari arrivarono da Valinor tutti con un bastone, come Gandalf, o se se lo costruirono successivamente. Sembra certo che nessuno dei bastoni avesse incastonata una gemma, in quanto da nessuna parte tale (ipotetica) gemma è menzionata. Gandalf sicuramente perde il suo bastone distruggendo il ponte di Moria; pertanto combatte il suo nemico più forte senza bastone e, una volta tornato nella Terra di Mezzo si dota/viene fornito di un nuovo bastone. È abbastanza probabile che ogni Istar avesse il suo bastone, dato che Saruman accusa Gandalf di volersi impossessare dei bastoni dei cinque stregoni.
Gandalf, quando espelle Saruman dall’ordine, rompe il suo bastone. Atto solo simbolico? Non è chiaro, perché ci sono indizi discordanti. Da un lato Grima dà ordini espliciti alle guardie di non fare entrare alla presenza del re persone recanti spade o bastoni. E Gandalf si separa facilmente dalla spada Glamdring ma non vuole separarsi dal suo bastone, che sembra usare per scatenare una tempesta. Gandalf usa il suo bastone altre volte: per esempio (nello Hobbit) per dare fuoco alle pigne che usa contro i Mannari, o (ne Il Signore degli Anelli) per far luce a Moria, per incendiare il ramo con cui combattere i Warg, per dare fuoco alla legna bagnata durante la tempesta sul Caradhras, per chiamare a sé un’aquila di passaggio:
“All’improvviso, l’ombra come di due grandi ali oscurò la luna. La figura alzò le braccia e una luce lampeggiò dal bastone che reggeva in mano. Un’aquila maestosa calò e lo portò via con sé” (10)
Dall’altro Gandalf salva Faramir due volte senza usare il bastone, semplicemente proiettando una forte luce direttamente dalle mani. La prima volta cavalcando in suo soccorso:
“[Gandalf ]montava Ombromanto, sfavillante e svelato ancora una volta, e una luce si sprigionava dalla sua mano alzata.” (11);
l’altra quando lo salva dal rogo preparato da Denethor:
“Ma Gandalf con un salto fu in cima alle scale e gli uomini caddero riversi coprendosi gli occhi, perché il suo arrivo era come la venuta improvvisa di una luce bianca in un luogo oscuro, e grande era il suo furore. Alzò la mano e d’un colpo la spada di Denethor volò per aria e sfuggendogli di mano cadde alle sue spalle nell’ombra della casa; e Denethor indietreggiò alla vista di Gandalf, come stupefatto.” (12)
Il bastone, quindi, sembrerebbe sia un simbolo di potere sia uno strumento per incanalare la forza; utile ma non indispensabile. Un po’ come una spada per un guerriero, che può, se necessario, combattere a mani nude. Quindi Gandalf rompe il bastone di Saruman più per “togliergli un simbolo” che per “disarmarlo”, a mio avviso. Inoltre ritengo che il bastone servisse anche a “distrarre” l’osservatore. Infatti, come letto nel brano iniziale, agli Istari era proibito rivelare chi fossero. Pertanto fingere che il loro potere risiedesse nel bastone (come se fosse una sorta di “bacchetta magica”) poteva essere una strategia per mascherare il vero potere dell’Istar.
Infine desidero ringraziare i componenti il gruppo facebook Studi Tolkieniani, e in particolare Lorenzo Gammarelli, Lorenzo Mariani e Stefano Moretti, per le utili opinioni che hanno espresso nelle discussioni riguardo gli Istari e, più in particolare, l’utilità e le caratteristiche dei loro bastoni.
Norbert Spina
Note:
1. Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo, IV.2 “Gli Istari”
2. Il Signore degli Anelli, III.4 “Barbalbero”
3. Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo, ibidem
4. Il Signore degli Anelli, II.2 “Il Consiglio di Elrond”
5. Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo, ibidem
6. Lo Hobbit, cap. I “Una riunione inaspettata”
7. Il Signore degli Anelli, III.5 “Il Cavaliere Bianco”
8. ibidem
9. Il Signore degli Anelli, I.2 “L’Ombra del Passato”
10. Il Signore degli Anelli, I.7 “Nella Casa di Tom Bombadil”, traduzione dell’autore
11. Il Signore degli Anelli, V.4 “L’assedio di Gondor”, traduzione dell’autore
12. Il Signore degli Anelli, V.7 “Il rogo di Denethor”
Bibliografia
– J.R.R. Tolkien, Racconti Incompiuti di Númenor e della Terra-di-Mezzo
– J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli
– J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit
– J.R.R. Tolkien, Lettere: 1917-1973, Bompiani, 2018
– Matthew Dickerson, A Hobbit Journey: Discovering the Enchantment of J.R.R. Tolkien’s Middle-earth, Brazos Press, 2012
– Jonathan S. Mcintosh, The Metaphysics of Coercion in Tolkien’s Angelology, https://jonathansmcintosh.wordpress.com/
ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo su Gli Anelli del Potere
– Leggi l’articolo su Gli Orchi
– Leggi l’articolo su La sorte di Frodo
– Leggi l’articolo su Riguardo agli Hobbit.
– Leggi l’articolo su Denethor: c’è del metodo in questa follia
– Leggi l’articolo su Gli Elfi sono vegetariani? Ecco cosa dice Tolkien
LINK ESTERNI:
– Vai al gruppo facebook Studi Tolkieniani
– Vai al sito di Jonathan S. Mcintosh, The Flame Imperishable
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