Il nome più indigesto per i fan italiani in quella che è la nuova traduzione della Compagnia dell’Anello è senz’altro “Forestale” per “Ranger”. Nei giorni seguenti all’uscita del libro non si sono risparmiate battute e buffi fotomontaggi per irridere questa scelta del traduttore Ottavio Fatica.
Io stesso, sulle prime, l’ho considerata una traduzione inadatta, perché mi faceva troppo facilmente pensare a quello che fino al 2016 è stato il Corpo Forestale dello Stato.
A onor del vero, non per questo mi pareva più adatta la vecchia resa “Ramingo”, dato che – in accordo con lo stile generale della traduzione di Alliata – appartiene a un registro alto rispetto al comune “ranger”. Inoltre “ramingo” dà conto soltanto (e soltanto parzialmente) del primo significato del termine “ranger” nell’Oxford English Dictionary, mentre la traduzione scelta da Fatica si rifà piuttosto al secondo e al terzo, che in effetti andrebbero presi in considerazione, conoscendo l’abitudine di Tolkien di non rifarsi quasi mai alla prima accezione.
Dopo un’indagine nel testo letterario mi sono persuaso che l’uso del termine “Ranger” da parte di Tolkien faccia collassare una nell’altra le tre accezioni dell’OED, e che la scelta di Fatica – a dispetto della prima impressione – non sia così lontana dal cogliere questo aspetto. È quello che proverò brevemente a dimostrare.
Prima definizione
Ecco il primo significato di “ranger” nell’Oxford English Dictionary, attestato dal 1593:
1. A rover, wanderer.
“Rover” nelle lingue germaniche indica il girovago, il vagabondo, ma può indicare anche il predone, il rapinatore, il pirata, dunque è un termine che contiene implicitamente una sfumatura negativa. In effetti nei confronti dei Rangers del Nord, gli abitanti di Bree nutrono una certa diffidenza. Ecco come vengono descritti la prima volta nel romanzo:
«But in the wild lands beyond Bree there were mysterious wanderers. The Bree-folk called them Rangers, and knew nothing of their origin. They were taller and darker than the Men of Bree and were believed to have strange powers of sight and hearing, and to understand the languages of beasts and birds.» (FR, I. IX)
Dunque il nome Rangers è stato affibbiato a questi misteriosi vagabondi dagli abitanti del villaggio, i quali attribuiscono loro una vista e un udito straordinari, nonché il potere di capire il linguaggio degli animali, come fossero uomini selvatici.
La diffidenza nei loro confronti è confermata dall’atteggiamento dell’oste del Prancing Pony, il bonario Barliman Butterbur, che mette in guardia gli hobbit dal Ranger Strider:
«He is one of the wandering folk – Rangers we call them. […] But if I was in your plight, I wouldn’t take up a Ranger» (FR, I. IX).
La vecchia traduzione “Ramingo” – cioè “che va per il mondo errando” (Treccani) – non contiene alcuna sfumatura negativa, anzi, nell’uso poetico-letterario italiano ha una sfumatura empatizzante o vittimistica (ed è forse il motivo per cui noi lettori ci siamo tanto affezionati a questo termine). Lo ritroviamo per esempio ne I Sepolcri di Foscolo: «Unico spirto a mia vita raminga» (v. 12); o anche ne I Promessi Sposi di Manzoni (cap. XXXVI): «Belle cose da fare scrivere a un povero disgraziato, tribolato, ramingo…».
Che dire di “Forestale”? Contiene un’accezione negativa? Be’, in effetti, originariamente sì, e precisamente nel senso degli abitanti di Bree.
Forestale è colui che è associato alle foreste. La parola “foresta” viene dal latino medievale e indicava ciò che stava “foris”, cioè fuori dal territorio abitato, in un’epoca in cui oltre l’abitato era tutta foresta, appunto, ovvero “forestis silva”, cioè selva esterna. Chi non aveva fissa dimora nel villaggio o nella città era ed è ancora detto “forestiero”. La parola inglese “forester” ha evidentemente la stessa radice (così come “foreign”) e nel Medioevo veniva usata sia per nominare il guardaboschi sia come aggettivo per “wild, rough, coarse, unsociable” (XII sec.). Forestale dunque è colui che viene da fuori, dai territori selvaggi, ed è egli stesso un selvaggio di cui è meglio diffidare. Come fa Butterbur, infatti.
Seconda definizione
Il secondo significato di “ranger” fornito dall’OED, attestato dal 1455, è questo:
2. A forest officer, a gamekeeper.
In italiano è “guardaboschi”, “guardacaccia” o “guardia forestale”, e va detto che attualmente questo è il significato più comune nella lingua inglese, e certo Tolkien lo sapeva quando ha scelto di usare questa parola. La prima occorrenza letteraria nota di questa accezione risale al 1579, nella celebre opera di Spenser The Shepheardes Calender:
«[Wolves] walk not widely, as they were woont, / For fear of raungers, and the great hoont».
Nel tardo XVI secolo dunque, il pastore immaginato da Spenser usa la parola “raungers” (rangers) per definire i guardiani di un territorio con il compito di proteggere quest’ultimo dalle incursioni dei lupi.
In effetti anche Aragorn e i Dúnedain non sono affatto soltanto dei selvatici errabondi, come pensa l’oste Butterbur, ma hanno un compito difensivo: proteggono l’Eriador dalle potenziali incursioni di orchi, troll, e malintenzionati vari. Nel Prologo del romanzo viene detto esplicitamente che è al silenzioso lavoro di questi Guardiani (“Guardians”) che gli Hobbit devono la propria sicurezza. Come ricorda Aragorn al Concilio di Elrond:
«Lonely men are we, Rangers of the wild, hunters – but hunters ever of the servants of the enemy; for they are found in many places, not in Mordor only». (FR, II. II)
I Rangers quindi sono cacciatori che attraversano i territori selvaggi (cfr. anche «Rangers of the wilderness», FR, II. III) e li sorvegliano. Considerando che molti di questi territori sono boschivi, come vedremo tra un attimo, la seconda accezione dell’OED, cioè quella di sorvegliante di un’area forestale da incursori umani o animali, non sembra già più così inappropriata. È in effetti nei boschi che il cacciatore Strider si muove con il maggior vantaggio sugli avversari, come dimostra il fatto che per sfuggire agli inseguitori, guida gli hobbit precisamente attraverso una valle boscosa, su sentieri che solo lui conosce, senza temere rivali, nemmeno il nativo Bill Ferny, perché «he is not a match for me in a wood» (FR, I. XI)
Detto questo, è il terzo significato – benché venga dall’America – a chiudere il cerchio. È stato Tom Shippey a farmelo notare, quando gli ho scritto per chiedergli precisamente cosa secondo lui avesse voluto significare Tolkien con la parola “Ranger”. Trattandosi del massimo filologo tolkieniano, mi auspicavo che il suo parere sarebbe stato utile per sbrogliare la matassa. E in effetti…
Terza definizione
Il terzo significato di “ranger” nell’OED è questo:
3. A body of mounted troops, or other armed men, employed in ranging over a tract of country.
La parola è attestata nelle colonie nordamericane a partire dalla seconda metà del XVII secolo: in particolare nel 1670 in Massachusetts, nel 1692 in Virginia, e a seguire in altre colonie, fino ai più tardi (e celebri) Ranger del Texas. Originariamente si trattava di milizie coloniali con compiti di pattugliamento e difesa della frontiera dai raid dei nativi, che poi sono state accorpate all’esercito nazionale. Dopo avermi ricordato che «The US Army still has Ranger units, and the British Army used to have a regiment of Royal Irish Rangers», Tom mi ha fatto notare che proprio questa funzione si addice ai Rangers nella Terra di Mezzo:
«A Ranger is one of a body of armed men originating in a settled state which has borders on unsettled and dangerous country, whose duties are to go beyond the borders and prevent attacks, rescue captives, and retaliate against attacks. […] There’s a strong association with forests, which argues against they being necessarily mounted men» (T. Shippey, email del 19/11/2019).
L’appunto finale non deve farci dimenticare che se i Rangers del Nord percorrono i boschi a piedi, costoro sono anche degli esperti cavalieri. I loro destrieri sono forti e assai poco agghindati, rispecchiando l’aspetto fiero e ruvido dei loro padroni:
«Their horses were strong and of proud bearing, but rough-haired; and one stood there without a rider, Aragorn’s own horse that they had brought from the North; Roheryn was his name. There was no gleam of stone or gold, nor any fair thing in all their gear and harness: nor did their riders bear any badge or token, save only that each cloak was pinned upon the left shoulder by a brooch of silver shaped like a rayed star» (RK, V. II)
Ma la definizione di Tom calza a pennello soprattutto ai Rangers del Sud, guidati dal Capitano Faramir. I Rangers dell’Ithilien sono un corpo dell’esercito di Gondor, quindi già più prossimo ai casi americani e britannici citati da Tom. Ecco come vengono descritti in The Lord of the Rings:
«[…] soldiers of Gondor, and they were Rangers of Ithilien; for they were descended from folk who lived in Ithilien at one time, before it was overrun. From such men Lord Denetor chose his forayers, who crossed the Anduin secretly (how or where, they would not say) to harry the Orcs and other enemies that roamed between the Ephel Duath and the River». (TT, IV. IV)
Si tratta quindi di una milizia selezionata dallo Steward di Gondor in base alle capacità e conoscenza del territorio, impiegata nel battere una regione di confine e rendere la vita dura ai nemici, con raid e tattiche di guerriglia. Si dà il caso che l’Ithilien sia un territorio prevalentemente boschivo, e l’aspetto dei Rangers del Sud è infatti quello di combattenti “forestali”: indossano tenute mimetiche verdi per confondersi con la vegetazione, e la loro arma d’elezione è un’arma da caccia prestata alla guerra, cioè l’arco lungo:
«Two had great bows, almost of their own height, and great quivers of long green-feathered arrows. All had swords at their sides, and were clad in green and brown of varied hues, as if the better to walk unseen in the glades of Ithilien. Green gauntlets covered their hands, and their faces were hooded and masked with green […]». (TT, IV. IV)
Questo aspetto si ricollega alla seconda definizione di “ranger”, come in effetti già il look di Strider/Aragorn – logori stivali di cuoio, mantello e cappuccio verde-scuro. Nel Medioevo inglese, l’uomo incappucciato e vestito di verde, esperto di vita nei boschi, dotato di armi leggere e arco lungo, è appunto il forester, il forestale o guardaboschi, una celebre descrizione del quale compare nel Prologo dei Canterbury Tales di Chaucer (vv. 103-117):
«And he (the yeoman) was clad in coat and hood of green.
A sheaf of peacock arrows, bright and keen,
He carried under his belt very properly
(He well knew how to care for his equipment as a yeoman should;
His arrows did not fall short because of drooping feathers),
And in his hand he carried a mighty bow.
He had a close-cropped head, with a brown face.
He well knew all the practice of woodcraft.
He wore an elegant archer’s wrist-guard upon his arm,
And by his side a sword and a small shield,
And on that other side an elegant dagger
Well ornamented and sharp as the point of a spear;
A Christopher-medal of bright silver on his breast.
He carried a horn, the shoulder strap was green;
He was a forester, truly, as I guess».
Interessante è anche il dettaglio della medaglia di San Cristoforo, santo “selvatico” e patrono dei viaggiatori, dato che il forestale è appunto anche un “ranger” nella prima accezione, cioè uno che si sposta di continuo.
Il personaggio leggendario di Robin Hood ha tra le sue fonti la figura dello “yeoman dell’arco”, l’arciere che aveva l’incarico di portare l’arco del re e che era in effetti un forestale:
«Poiché [gli yeomen dell’arco] erano responsabili dell’arco e dei cani da caccia del re, tutto quanto riguardava la foresta li interessava direttamente […]. Gli oggetti che costituiscono l’equipaggiamento più famoso di Robin Hood – l’arco, le frecce e il corno – erano strumenti e insegne che caratterizzavano guardacaccia e guardaboschi locali, distinguendoli da altri funzionari, rappresentanti del re…» (J.C. Holt, Robin Hood, 1982).
Robin Hood è anche il bandito che tende imboscate ai viaggiatori sulle strade nella foresta. Proprio quello che fanno i Rangers di Faramir, anche se non a fini di rapina.
Infine, il legame con le foreste trova ancora un tassello nell’ultimo spunto offertomi da Shippey.
Natty e Strider
Shippey mi ha rimandato all’appendice A del suo libro più celebre, La via per la Terra di Mezzo, nella quale parla delle fonti di Tolkien. In quelle pagine ricorda come Tolkien sia stato influenzato anche dalle storie, dal paesaggio, perfino dai cognomi, nordamericani (in particolare del Kentucky e North Carolina), nonché dalla letteratura che li veicolava:
«Allo stesso modo, Natty Bumppo, l’eroe di Fenimore Cooper, era orgoglioso della sua ascendenza inglese, mentre Tolkien ricordava un’antica passione per i pellerossa, gli archi, le frecce e le foreste (SF, p. 58, OFS, p. 41). Infatti, il viaggio della Compagnia da Lórien a Tol Brandir, con le canoe e il loro trasporto via terra, ricorda in più punti L’ultimo dei Mohicani, e quando i viaggiatori si spostano dalla foresta alla prateria, proprio come i pionieri americani, per un momento Aragorn ed Éomer fanno pensare vagamente ai trapper e ai Sioux» (T. Shippey, La Via per la terra di Mezzo, Marietti 2005, p. 475, NB: “trapper” sta per l’originale “deerslayer”).
Il riferimento a Nathaniel Bumppo, il protagonista de L’Ultimo dei Mohicani, è illuminante: in effetti Bumppo è un personaggio non tanto diverso da Strider che guida e protegge gli hobbit nel viaggio da Bree a Rivendell o che successivamente insegue la banda di orchi che ha rapito due di loro. Scout dei boschi, cacciatore, guerriero, capace di sopravvivere nei territori selvaggi. L’identikit calza.
Ricapitolando, i Rangers nella Terra di Mezzo sono:
– un corpo di cacciatori-combattenti in «strong association with forests» (Shippey);
– in continuo movimento attraverso un territorio selvaggio che hanno il compito di sorvegliare;
– potenzialmente malvisti dalla popolazione sedentaria.
Devo ammettere che alla luce di questa ricostruzione, la scelta di Fatica, “Forestali”, mi suona assai meno impropria di quanto avessi avvertito di primo acchito.
Personalmente, se mai avessi dovuto proporre un’alternativa, credo sarebbe potuta essere “Cacciatori”. Questa parola, oltre ad avere un’immediata accezione venatoria (abbiamo visto che per Shippey esiste una connessione con i deerslayer e che Aragorn stesso si definisce “hunter”), ha anche un uso militare. Infatti il quarto significato di “cacciatore” nel vocabolario Treccani è il seguente:
4a. Soldato a piedi o a cavallo, armato alla leggera e impiegato soprattutto per azioni di molestia e agguato, per completare l’inseguimento del nemico, o per proteggere la ritirata delle proprie truppe dopo il combattimento. [Seguono alcuni esempi di corpi militari storici di vari eserciti, tra cui quelli italiani].
Tuttavia alla parola “cacciatore” manca la sfumatura negativa della prima definizione di “ranger” nell’OED e dell’uso degli abitanti di Bree, che invece “Forestale”, con il suo riferimento implicito alla selvatichezza e all’estraneità, riesce a mantenere. Tutto sommato, quindi, per quanto possa suonare straniante alle nostre orecchie abituate per mezzo secolo al poetico “Ramingo”, la scelta di Fatica finisce per risultare filologicamente piuttosto convincente.
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LINK ESTERNI:
– Vai al sito di L’editore Bompiani: «Nessuna lettura ideologica di J.R.R. Tolkien»
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Nel veneto si conserva ancora l’uso di “Foresto” per indicare forestiero, straniero (http://www.treccani.it/vocabolario/foresto/). Forse per questo, a me Forestale è suonato bene fin dall’inizio.