Recensione a: Toninelli Mauro, Colui che raccontò la grazia. Una rilettura de Il Signore degli Anelli di J.R.R.Tolkien, Cittadella Editrice, Assisi, 2019, pp. 215
I. PREMESSA
Questo volume è stata per me una lettura estremamente interessante perché tocca la tematica religiosa in Tolkien che da tempo occupa i miei studi: il testo infatti vorrebbe distaccarsi la solita interpretazione didascalico-apologetica, proponendo una via originale a questo problema. In questo sforzo Toninelli pone particolare attenzione al mio studio Santi Pagani nella Terra di Mezzo (SP): per questo motivo la parte finale della mia recensione sarà dedicata a un disamina critica delle su osservazioni in merito.
A livello di struttura e contenuto Colui che raccontò la grazia (CR) si divide in tre parti:
– la prima (Capp. 1-2) ha carattere precipuamente biografico e mostra, specialmente attraverso l’epistolario, quanto sia stato autentico e profondo il cattolicesimo vissuto da J.R.R.Tolkien;
– la seconda (Capp. 3-5) ha un contenuto metodologico: qui Toninelli, basandosi soprattutto sul saggio “Sulle Fiabe”, spiega come per capire l’opera di Tolkien sia importante non farne una allegoria, per quanto resta assodato che ha un contenuto simbolico e che ogni Mondo Secondario deve avere anche un certo legame con il nostro Mondo Primario;
– la parte finale (Capp. 6-9) è dedicata all’esame del Signore degli Anelli (SDA), che viene interpretato alla luce di quanto sopra.
II. PREGI
Il volume di Toninelli ha molti pregi s spunti interessanti che elenco di seguito.
1- a livello formale il volume è scritto molto bene, l’esposizione è piacevole e l’impianto di fondo è molto chiaro; efficace anche l’idea di usare come titoli (sia dei capitoli che dei paragrafi) frasi estrapolate dai testi di Tolkien.
2- In CR sottolinea con dovizia di testi, e diversamente da tante letture apologetiche, che l’opera tolkieniana non ha un intento pedagogico o apologetico-confessionale, per cui la sua opera non può essere letta come un’allegoria o semplice sermone (p. 15-16).
3- Un aspetto che l’autore sviluppa molto bene è quello dell’intreccio tra letteratura e storia. La Fantasia tolkieniana infatti subcrea un mondo secondario sempre a partire da un Mondo Primario, e produce il Ristoro che il lettore sperimenta proprio nella storia primaria (cfr. p. 97 sgg.). Toninelli in questo senso cita adeguatamente alcuni episodi nel SDA in cui si vede chiaramente come a un certo punto narrazione e storia si incontrano (cfr. il dialogo di Éomer e Aragorn a proposito dei mezzuomini, pp. 70 sgg).
5- A livello esegetico, ci sono alcuni spunti molto interessanti, che dimostrano l’attenzione con cui è stata letta l’opera di Tolkien, tra cui ricordo:
a) un attento esame del finale del SDA e in particolare delle ultime parole di Sam “Sono tornato” (p. 80 sgg.);
b) una profonda analisi del momento topico in cui Frodo si infila l’anello su Monte Fato (e in particolare della sua frase “Ma ora non scelgo di fare ciò per cui sono venuto”: p. 143);
c) un’articolata riflessione sulla parola “heathen” usata da Tolkien nel SDA
d) e infine un interessante spunto circa differenza che pare esserci in Tolkien tra “teologia cristiana formale” e “fede cristiana” (p. 140)
III. LIMITI
I limiti più rilevanti che mi permetto di segnalare a questo libro, confidando che possano servire di stimolo all’autore per ulteriori ricerche o integrazioni, sono i seguenti:
a) a p. 67 Toninelli, basandosi sulla celebre immagine del calderone e della zuppa di Sulle Fiabe, a un certo punto afferma che per Tolkien “il mito è allegoria”: questo è un passaggio indebito perché Tolkien dice solamente che un mito (la zuppa) è fatto di fonti (ingredienti) ma non che il mito significa le sue fonte, essendo questo appunto un tutto diverso dalle fonti e che quindi va guastato per se.
b) Il medesimo passaggio indebito lo troviamo anche a proposito di Galadriel per la quale Toninelli, dopo aver ricordato che ha tra le sue fonti Maria (cosa acclarata, così come è acclarato che lo siano pure Morrigan o She di Haggard), ne deduce un “riferimento a Maria che certamente in Tolkien non è assente” (p. 125; cfr.132).
c) a p. 88 e 90 Toninelli traduce la nozione di “application” con la parola “analogia”, il che è sicuramente errato essendo l’analogia cosa ben più specifica e complessa
d) L’apparato bibliografico di CR tiene presente i principali saggi su Tolkien disponibili in lingua italiana, ma sono assenti alcuni fondamentali studi in lingua inglese sul tema (come ad esempio The Ring and the Cross di Paul Kerry).
e) A livello di impianto generale, desidero ora avanzare alcuni rilievi in relazione a come l’autore si pone rispetto al mio lavoro SP.
IV. COLUI CHE RACCONTO’ A GRAZIA E SANTI PAGANI: UNA CONFERMA INASPETTATA
4.1- Apprezzamenti e critiche di CR A SP
SP sta suscitando all’estero (nella sua versione inglese Pagan Saints in Middle-earth, WTP, 2018) e in Italia numerose recensioni positive e vivaci dibattiti (cfr. link sotto riportati), ai quali sia aggiunge ora il volume di Toninelli. Non posso che salutare la cosa in maniera positiva, anche perché solo i rilievi critici permettono di chiarire sempre meglio una tesi e vedere se questa è o meno valida. In CR infatti si trovano numerosi rimandi a SP, e per due distinti ordini di motivi:
– da un lato alcuni passaggi di SP sono citati a supporto delle tesi di Toninelli (cfr. pp.: 73, 122, 129, 167);
– dall’altro SP è preso come punto di partenza dell’analisi ma con l’intento di andare oltre questa impostazione, come mostrano i seguenti brani:
T1- “Secondo Testi, in virtù della peculiare non-cristianità e laicità del mondo creato da Tolkien, esso si identificherebbe con ‘un universo essenzialmente pagano espressione di un piano naturale, che tuttavia è in armonia con quello soprannaturale della rivelazione’ (SP p. 178) e pone la fondamentale cattolicità dell’opera proprio nella prospettiva della distinzione/separazione dei due piani che pure sono in armonia. La domanda, perciò, che guida il lavoro è: Tolkien è così? Il Signore degli Anelli è cattolico proprio perché crea un mondo pagano che è praeambula fidei, nel senso che contiene verità raggiungibili con la sola ragione e che non necessitano della rivelazione? È vera l’interpretazione di Testi, che in Italia (e non solo) fa scuola? Oppure è vero l’esatto contrario, che, cioè, Tolkien è cattolico proprio perché fa così sua la ‘cattolicità’ dell’essere-di-Dio (Dio è il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe…, cioè Dio nella storia al punto da definirsi con le relazioni di singole storie) da nomare la storia come luogo della presenza stessa di Dio senza doverlo nominare?” (CR, p. 13-4, sottolineature aggiunte)
T2- “Come detto fin dall’inizio, questo modo di leggere Il Signore degli Anelli è un salto oltre la tesi proposta da C.A.Testi, il quale indica l’utilizzo dell’ipotesi del doppio piano natura/sovra-natura e delle conoscenze razionali/naturali come praeambula fidei. Ma Il Signore degli Anelli è oltre questo. È un romanzo che diviene simbolo (nel senso tolkieniano) di verità antropologiche perché scritto alla luce della verità di Cristo che, come ricordato dal Vaticano II, svela l’uomo all’uomo in quanto verità dell’uomo. Banalmente, non si può parlare di ciò che è vero per una realtà escludendo il riferimento alla verità, anche laddove se ne faccia un racconto fantasy.” (CR p. 197-198).
4.2. Risposta alle critiche di Toninelli
Vorrei ora fare alcuni rilievi su questi due brani e alla luce di questi dimostrare poi ((4.3) che SP più che oltrepassato da CR viene piuttosto confermato e anzi apparirà come un ambito teorico adatto per soddisfare anche l’intenzione di CR.
1) In T1 si cita correttamente un brano di SP in cui si enuncia la distinzione di due piani, e poi lo si commenta dicendo che in SP si afferma una separazione tra questi piani: questo però non è esatto. In SP è infatti del tutto assente questa idea di separazione tanto che esplicitamente si afferma “il principio dell’armonia tra natura e grazia, in base al quale si distinguono due piani che risultano essere non separati, bensì in reciproca armonia” (SP p. 166, sottolineature aggiunte).
2) in T1 l’alternativa finale tra SP e CR non è in realtà tale. Per Toninelli infatti la tesi di SP (“Il Signore degli Anelli è cattolico proprio perché crea un mondo pagano”) sembra opposta e contraria (“Oppure è vero l’esatto contrario,”) alla tesi di CR secondo cui “Tolkien è cattolico proprio perché fa così sua la ‘cattolicità’ dell’essere-di-Dio..”). Ma le due posizioni non sono affatto contrarie perché hanno soggetti diversi. La prima infatti ha come soggetto un’opera di Tolkien (Il Signore degli Anelli) mentre la seconda ha come soggetto l’individuo J.R.R.Tolkien. Questo è un aspetto decisivo se si vuole tematizzare in modo adeguato il tema religioso nel Legendarium, perché tanti autori confondo l’opera con l’autore. In SP invece si stabilisce chiaramente questa distinzione e si afferma con rigore l’indipendenza del piano biografico dal contenuto dell’opera (cfr. SP p. 99). Non solo, ma in SP si dice proprio che l’opera tolkieniana esprime la mentalità autenticamente cattolica dell’individuo J.R.R. Tolkien, proprio come si preoccupa di rimarcare CR sopra con la sua presunta opposizione a SP: “Proprio in questa visione armonica va a mio avviso riscontrata la mentalità autenticamente cattolica di Tolkien” (SP p. 28, sottolineature aggiunte).
4.3. Osservazioni sulla tesi centrale di CR
Dipanati questi due equivoci, vorrei ora soffermarmi sulla tesi di CR, che desidera oltrepassare SP e che è enunciata anche in questo passaggio:
T3- «Per tutto quanto mostrato, dunque, si può riconoscere che la realtà implicita che sostiene l’intera vicenda, senza cui la storia non sarebbe la stessa, è Cristo. Non perché sia citato esplicitamente, ma perché viene raccontato nello svolgimento dei fatti: ‘ordine della grazia’ significa ‘in Cristo’. Anzi, si potrebbe dire che la Verità de Il Signore degli Anelli, nella sua profondità è Cristo, perché è in Cristo, e agisce per Cristo, senza perciò doverlo necessariamente esplicitare» (p. 170; cfr. p. 132 e p. 192)
Ora, la tesi che desidero di seguito sostenere è la seguente:
1°- CR non riesce a dimostrare che SDA contiene implicitamente la Verità che è Cristo;
2°- ciò che CR desidera dimostrare si ritrova già all’interno della prospettiva sintetica di SP, per cui CR ne viene a essere una ulteriore riprova.
Riguardo al primo punto, Toninelli usa le categorie di “implicito/esplicito”, che però non vengono definite chiaramente. Ora, cosa vuol dire che un contenuto A è implicito in un contenuto B? Vuol dire che B implica A anche se non lo dice esplicitamente. Ad esempio, se si dice “Ogni uomo è animale e Socrate è uomo” (A), la conclusione “Socrate è animale” (B) è implicita in A. Ma se così stanno le cose, e se la verità del Signore degli Anelli è implicitamente Cristo, ciò vuol dire che dalla lettura del SDA si può dedurre Cristo, che è il Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per salvare l’uomo. Ma di questa esplicitazione non si trova però traccia in CR; quello che si trova in CR è solo una duplice argomentazione, insufficiente per dimostrare una tesi così ambiziosa:
1- alla fine del cap. 6 si afferma che “sono state evidenziate tracce, e anche qualcosa di più (come i riferimenti mariani) riguardo alla religiosità/ religione del Signore degli Anelli. Se è innegabile qui la scoperta di un monoteismo di teologia naturale [come si dice in SP], avendo cercato meglio nei simboli, e tra questi nelle parole usate da Tolkien, sono sorte alcune domande rimaste in sospeso: si può andare oltre questa teologia naturale?” (CR p. 132). Ora, come si vede, Toninelli pensa di aver instillato il dubbio di andare oltre SP soprattutto alla luce dei riferimenti mariani, che però risultano basati sull’erroneo scambio tra fonte e rappresentazione (cfr. III.a)-b)]
2- I capitoli seguenti sono poi dedicati a dare una risposta positiva alla suddetta domanda, per cui dovrebbero dimostrare che il SDA è oltre un piano naturale e anzi ha in Cristo la sua verità [T3]. In questo senso è particolarmente chiaro il capitolo 8 in cui Toninelli, nel commentare la celebre frase di Tolkien “L’incarnazione di Dio è infinitamente più grande di qualsiasi cosa io potrei osare scrivere” (Lettera n. 181) tenta di discostarsi sia da SP (che prende per assodata questa frase) sia dalle letture allegorizzanti che, nonostante la chiarezza di Tolkien, continuano a trovare riferimenti cristici in Frodo, Gandalf o Aragorn. CR tenta quindi una terza via, che si basa sostanzialmente sull’idea teologica (peraltro corretta e presumibilmente condivisa dall’individuo Tolkien) secondo cui ogni uomo è unito all’ordine della grazia fin dall’origine:
T4- “si provi a ragionare tenendo in considerazione le spiegazioni del professore di Oxford sul concetto di grazia che sembra essere sotteso al Signore degli Anelli. Certamente necessita della presenza di Cristo, perché l’apice dell’auto-comunicazione di Dio è l’incarnazione di Cristo: ma l’uomo è già costituito nella grazia di Dio […] Tenendo conto che, affinché possa parlare agli uomini di tutti i tempi, il romanzo è collocato in un periodo storico a-storico, Tolkien è libero dalla necessità di porre nel tempo del racconto l’Incarnazione storica. Questo non lo svincola da ciò che offre la verità del Cristo che è entrato nel Mondo Primario” (CR 167-169, sottolineature aggiunte).
Ora questo brano mostra chiaramente due cose:
2.1) Toninelli commette l’indebito passaggio dal piano individuale-biografico a quello dell’opera. Un conto è dire che Tolkien è un buon cattolico (fatto questo innegabile per semplici motivi “empirici”) che come tale crede che l’uomo reale e anche le sue produzioni artistiche (dunque anche il SDA) non sono staccate dall’ordine della grazia che culmina in Cristo. Ma tutt’altra cosa è dire che Il Signore degli Anelli parli di queste credenze.
2.2) T4 mostra anche che Toninelli (se non ho frainteso) desidera soprattutto preservare la relazione profonda che SDA ha con la verità cristiana, dato che SP secondo lui “separa” questi due ambiti. Se così, allora io ribadisco che questa separazione non è mai affermata in SP (supra), e “oso” aggiungere che il concetto di “armonia” che SP dimostra tra l’opera di Tolkien e la rivelazione cristiana è più che sufficiente per garantirne questo nesso, giustamente caro a Toninelli (punto 2° supra). Mi permetto così di riscrivere il testo T3 di Toninelli modificandolo con il linguaggio di SP: “Per tutto quanto mostrato, dunque, si può riconoscere che la realtà che risulta in armonia con l’intera vicenda, senza cui la storia non sarebbe la stessa, è Cristo. Non perché sia citato esplicitamente, ma perché ‘ordine della grazia’ significa ‘in armonia con Cristo’.”.
In conclusione SP, anche alla luce di CR, sembra confermarsi come prospettiva davvero sintetica perché, basandosi sul semplice concetto di armonia-tra-differenti-piani, permette di affermare coerentemente che:
– l’individuo Tolkien, in quanto cattolico in senso confessionale, di sicuro pensava che la sua opera non fosse slegata da Cristo (come sottolinea anche CR: IV.4.2,2) );
– L’opera tolkieniana è nondimeno pagana, perché non ha contenuti essenzialmente cristiani (IV.2.1), né espliciti (cfr. le letture allegorizzanti) né impliciti, come invece vuole CR (T3), che però non riesce a dedurre l’incarnazione-morte-resurrezione di Cristo se non rischiando di ricadere nell’allegoria (supra 1) e III.a-b);
– L’opera di Tolkien non è tuttavia separata dalla Rivelazione (in accordo con CR: IV-T1, T2, T4), in quanto è con questa in armonia, dato che il suo contenuto pagano-naturale è compatibile con la più ampia rivelazione cristiana: e in questo principio culturale che risiede la sua cattolicità.
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LINK ESTERNI:
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Molto interessante l’analisi del testo e il ri-chiarimento della tesi portante di “Santi Pagani”.
Mi colpisce in particolare un punto su cui concordo ed è quello dell’indeducibilitá della Rivelazione di Gesú Cristo. Mi pare che il romanzo di Tolkien faccia suo questo principio e questo è, nuovamente, un mostrare la trascendenza della rivelazione cristiana, ciò a cui Tolkien senza dubbio teneva.
Comunque si capisce che il testo recensito è interessante ed è bello questo fiorire di testi di buon livello su Tolkien.