Anche se l’Italia è entrata nella fase 2 non dobbiamo sottovalutare l’alta possibilità di contagio del Coronaviris, quindi continuiamo a condividere con voi con maggiore frequenza alcuni contenuti multimediali e spunti di riflessione, in modo da poter svolgere la nostra attività culturale tolkieniana anche in un frangente così difficile. In fondo all’articolo troverete tutte le letture del nostro speciale Tolkien ai tempi del Coronavirus, tra audio, video, interviste, saggi, recensioni, anteprime, rubriche e molti altri consigli di lettura. Ora è la volta di un articolo importante: Tolkien era davvero razzista? (Was Tolkien really racist?) di Dimitra Fimi, docente di Letteratura fantastica e Letteratura per ragazzi all’Università di Glasgow in Scozia. L’articolo, che è stato pubblicato dal sito The Conversation ed è ora tradotto da Lorenzo Gammarelli, ha vinto il Premio della Tolkien Society inglese come miglior articolo del 2019. Buona lettura!
Tolkien era davvero razzista? di Dimitra Fimi
Demonizzando gli Orchi, gli orribili e mostruosi nemici degli Elfi, Tolkien lascia forse trasparire la convinzione che «alcune razze sono peggiori di altre»? Questo è l’argomento alla base di accuse apparse recentemente sulla stampa britannica, secondo le quali l’autore del Signore degli Anelli esporrebbe opinioni razziste. Il tema “Tolkien e la razza” non è nuovo; è già stato dettagliatamente discusso dagli studiosi, anche da me in un mio libro. Inoltre è già stato ampiamente esplorato dai media. L’ultimo scoppio di questo dibattito mediatico era avvenuto nel 2002, stimolato dalla trilogia cinematografica di Peter Jackson.
Perché ora?
L’attuale interesse dei media si è scatenato a causa di un podcast di Wired in cui l’autore fantasy Andy Duncan parla del suo racconto breve “Senator Bilbo” del 2002, il cui protagonista ha lo stesso nome di Bilbo Baggins, l’eroe dello Hobbit di Tolkien. Duncan immagina che il vero senatore Theodor G. Bilbo, un suprematista bianco del Mississippi della prima metà del XX secolo, si opponga all’immigrazione degli Orchi nella Contea, in un periodo successivo al Signore degli Anelli. Questo senatore romanzato è contrario a ogni straniero che possa “contaminare” la purezza della Contea. La storia è una parodia intelligente e ben scritta in cui gli Orchi vengono descritti come fraintesi e discriminati. Tuttavia nel podcast Duncan parla della «reiterata opinione in Tolkien che alcune razze/alcuni popoli siano peggiori di altri» e di come questa idea possa portare a esiti pericolosi. Ha ragione? Be’, sì e no.
Il mondo di Tolkien
La Terra di Mezzo di Tolkien è gerarchica, e adotta la «grande catena dell’essere» medievale, una potente metafora visiva che ordinava ogni forma di vita a seconda delle sue proporzioni di “spirito” e “materia”. Dio e gli angeli sono in cima, gli esseri umani sotto, gli animali ancora sotto, e così via. Allo stesso modo, gli Elfi di Tolkien sono in cima alla gerarchia della Terra di Mezzo, mentre gli Orchi sono in fondo, a causa delle loro qualità morali e spirituali (o della loro mancanza). Nella mitologia di Tolkien, gli Orchi sono tradizionalmente “mostruosi”; rappresentano versioni corrotte e deformate di Elfi e Uomini, fatte da Morgoth (l’Oscuro Signore originario del mondo di Tolkien). Teologicamente, questo funziona. E funzionava anche mentre Tolkien scriveva una mitologia, vale a dire il ciclo di miti e leggende elfiche che formano Il Simarillion (cominciato prima del Signore degli Anelli, mai portato a termine, e pubblicato postumo). Ma con Il Signore degli Anelli, Tolkien cambiò modalità narrativa. Ora scriveva un romanzo, con diverse necessità di caratterizzazione, dialogo e così via. Gli orchi divennero personaggi più sviluppati. Acquisirono un aspetto fisico, una personalità più distinti. Diventarono persone. Più o meno allo stesso tempo, Tolkien cominciò a ripensare l’origine degli Orchi. Versioni “corrotte” di Elfi e Uomini avevano senso teologicamente, perché il malvagio Morgoth non avrebbe avuto il potere di creare nuovi esseri, ma solo di deformare quelli esistenti. Ma in questo caso, gli Orchi avevano il libero arbitrio? Sarebbe stato possibile redimerli?
Tolkien era angustiato dalla questione, e dall’idea che queste creature mostruose potessero essere un tempo stati nobili Elfi. Provò varie spiegazioni delle loro origini, anche la possibilità che gli orchi fossero automi dotati solo apparentemente della facoltà di parlare, come pappagalli. Non portò mai a termine Il Silmarillion, per cui non esiste alcuna “risposta” definitiva alla domanda sulle loro origini. Eppure, gli Orchi nel Signore degli Anelli hanno senza dubbio caratteristiche razziali problematiche: nel testo non ne leggiamo mai una descrizione dettagliata, ma i tratti ricorrenti comprendono occhi obliqui e carnagione scura. Questi elementi sembrano tratti direttamente dall’antropologia vittoriana, che collegava qualità mentali e fisiche.
L’intenzione conta?
Tolkien non fu il primo a rappresentare esseri fantastici malvagi e mostruosi come razzialmente “altri”. I goblin di George MacDonald in La principessa e i goblin sono ugualmente (e sgradevolmente) un prodotto delle inquietudini del Diciannovesimo secolo su razza e degenerazione evoluzionista. Come ha commentato N.K. Jemisin, premiata scrittrice nera di fantasy: «Gli Orchi sono un frutto dell’albero avvelenato che è la paura umana dell’ “altro”». Questo significa che Tolkien era razzista? Be’, le cose sono più complicate di così. I testi letterari non vengono creati sospesi nel vuoto, ma appartengono a una tradizione. Rispondono ad altri testi e alle loro aspettative. Le prime opere di Tolkien erano un tentativo di scrivere una mitologia, quindi gli esseri mostruosi erano necessari. George MacDonald aveva già preso i goblin dal folklore europeo e ne aveva fatto i nemici dei suo personaggi “buoni”, e Tolkien aveva preso il termine “orc” dagli esseri demoniaci del Beowulf.
Il fatto che i mostri di Tolkien (come quelli di MacDonald) corrispondano anche alle inquietudini, alle preoccupazioni e perfino ai dibattiti “scientifici” del suo tempo sulle caratteristiche razziali non è inaspettato, ma aggiunge uno strato di complessità agli Orchi. Anche se Tolkien aveva condannato le teorie “razziali”, rifiutando di dichiarare la propria origine ariana per permettere la pubblicazione tedesca dello Hobbit, e si era scagliato contro la Germania nazista, ciò non significa che alcuni pregiudizi tramandati dalla sua educazione tardo-vittoriana/edoardiana non si siano insinuati nella visione del mondo che si palesa nella Terra di Mezzo.
L’ideologia è una cosa potente e il suo ruolo nella letteratura è complicato. Ci sono autori che scrivono con un fine sociale o politico. E ci sono autori che non lo fanno, ma il loro punto di vista, le loro convinzioni e i loro valori sono impliciti nei testi che producono. Io credo che i pregiudizi razziali di Tolkien siano impliciti nella Terra di Mezzo, ma i suoi valori, amicizia, solidarietà, altruismo, coraggio e molti altri, sono espliciti, e questo rende il suo mondo più complesso e interessante.
Nel Signore degli Anelli, la Terra di Mezzo è il luogo dove “razze” e popoli differenti devono unirsi e cooperare per trionfare su un nemico soprattutto morale. La scena in cui Sam Gamgee guarda un soldato nemico morto, chiedendosi se fosse veramente malvagio, o se fosse stato costretto ad andare in guerra, è ben lontana dalla demonizzazione del nemico o della disumanizzazione dell’ “altro”. Queste complessità sono il motivo per cui alcune opere letterarie continuano e essere lette e hanno significati sempre nuovi per le nuove generazioni.
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LINK ESTERNI
– Vai al sito web di Dimitra Fimi
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Da commenti che leggo in giro sui social, temo che si stia travisando il senso dell’articolo, che non riguarda il razzismo nel mondo secondario (il mondo inventato da Tolkien), ma quello nel mondo primario e il modo in cui esso può trasparire dagli scritti di Tolkien.
Il problema, è vero, sono gli Orchi: ma non nel senso che “dobbiamo superare il nostro razzismo verso gli Orchi”, bensì proprio il modo in cui gli Orchi Tolkien li immagina e li rappresenta: «tarchiati, larghi, con il naso piatto, la pelle giallastra, la bocca larga e gli occhi a mandorla: in effetti una versione degradata e repellente dei tipi mongoli meno piacevoli a vedersi (per degli europei).» (dalla Lettera 210)