Nelle storie di Tolkien non abbiamo solo i grandi eventi che conosciamo tutti, permeati di epica, ma anche accadimenti in cui possiamo ritrovare esperienze che gli uomini del mondo reale hanno vissuto, e che magari anche noi abbiamo vissuto o viviamo. Uno degli esempi più noti è l’epidemia, detta della Grande Peste, che avviene durante la Terza Era. Nell’Appendice A, al termine del libro, nella sezione “Annali dei Re e dei Governatori”, all’interno della storia di Gondor, ci viene descritta la sua origine e l’anno in cui sembra sia iniziata: l’anno 1636 della Terza Era.
L’epidemia nella Terra di Mezzo
Un periodo importante, soprattutto per Gondor, perché seguita a una spaventosa guerra civile, la Lotta delle Stirpi: qui possiamo vedere come Tolkien si ispiri, in qualche modo, al cocktail micidiale che colpì l’Italia, nel VI secolo D.C, con la guerra Greco-Gotica e l’epidemia di peste dopo la vittoria di Giustiniano e dei Bizantini. Intorno al 540 d.C., una malattia causata dai ratti in Egitto si diffuse lungo il bacino del mondo mediterraneo giungendo presto nella capitale bizantina di Costantinopoli (l’odierna Istanbul) dove, secondo alcuni resoconti, causò 5.000 morti al giorno e uccise quasi la metà della popolazione. Da lì, la peste si spostò verso est e ovest, diventando la pandemia più letale dell’antichità. Mezzo secolo dopo, in Europa e in Asia erano morti tra 25 milioni e 100 milioni di persone.
Il tremendo evento che accade nella Terra di Mezzo, invece, ci viene descritto così: «Poco dopo ( la guerra civile, Nda) sopraggiunse una micidiale epidemia, portata da oscuri venti dell’Est. Il Re e tutti i suoi figli morirono, e anche numerosi abitanti di Gondor e specialmente di Osgiliath. Allora, a causa della stanchezza e della scarsità degli Uomini, cessò la vigilanza alle frontiere di Mordor e le linee di confine che guardavano i valichi rimasero incustodite. Più tardi ci si rese conto che tutte queste cose accadevano proprio mentre l’Ombra si infittiva nella Foresta Verde e molte altre cose infauste accadevano, segno del risorgere di Sauron. Ed è vero che anche i nemici di Gondor ne soffrirono, altrimenti avrebbero potuto approfittare della sua debolezza per sopraffarlo; ma Sauron poteva attendere».
La Grande Peste ebbe risultati disastrosi. Mentre Tolkien non ha mai dato un numero esatto di vittime, si stima che siano morte centinaia di migliaia di persone. Il Rhovanion fu la regione colpita più duramente, perdendo metà della sua popolazione. Il danno fu quindi grandissimo, ed ebbe delle precise conseguenze, politiche sopratutto, riguardo a Gondor, perché la sua potenza calò ancora. Una guerra civile e una epidemia a breve distanza sono un colpo tremendo per chiunque: «Osgiliath era ormai in parte deserta e cominciava a cadere in rovina. E tutti coloro che erano sfuggiti all’epidemia rifugiandosi nell’Ithilien o nelle valli occidentali desideravano ora ritornare».
Ma la Peste si diffuse oltre il regno Gondor: fu una epidemia che colpì tutta la Terra di Mezzo, un po’ come la grande peste europea degli anni 1347-1350. Come leggiamo, nell’Appendice B, “Il calcolo degli anni”, «La peste dilaga a nord e a ovest, e molte parti dell’Eriador divengono deserte. Oltre il Baranduin, i Periannath sopravvivono, ma subiscono ingenti perdite». In pratica, nell’Eriador la principale città di Thrabad nel Minhiriath fu colpita così gravemente che fu praticamente abbandonata in seguito. E l’ultimo dei Dunedain a Cardolan fu ucciso dalla peste, dando ad Angmar una vittoria enorme nella sua guerra in corso con Arnor.
Conseguenze in tutta la Terra di Mezzo
Il fatto che le città sembrino soffrire gli effetti più gravi e che Tolkien ci dica che la regione del Dunland ha subito meno vittime a causa della sua natura isolata, ci dice che la peste – indipendentemente dalla sua origine – si diffuse in maniera simile alla maggior parte delle malattie contagiose del “mondo reale”. A parte questo, non abbiamo alcuna conoscenza medica della peste nella Terra di Mezzo. A parte la semplice perdita di vite umane, la Grande Pestilenza ebbe un impatto enorme sulla composizione politica, sociale e militare della Terra di Mezzo per 200 anni dopo l’inizio. Gli effetti su Osgiliath e Tharbad sono già stati menzionati, la debolezza di Gondor e Mordor incustodito pure. E anche ad Arnor e Rhovanion, gli effetti della peste indebolirono i regni esponendoli agli attacchi di minacce esterne (rispettivamente Angmar e Wainriders). E, nel complesso, la Grande Peste spiega in gran parte la diminuzione della popolazione che vediamo durante la seconda metà Terza Età.
Dalle descrizioni si possono sottolineare alcune cose. L’analisi delle cause dell’epidemia da parte del cronista, che le attribuisce a un vento malefico venuto dall’Est, quindi opera di Sauron: subito dopo, però, Tolkien, abilmente, infila l’osservazione che l’epidemia colpì anche gli Orchi e gli altri nemici di Gondor, lasciandoci nel mistero: è stata davvero agevolata da Sauron, l’epidemia, oppure è stato un fenomeno naturale – come dovrebbe essere – di cui l’Oscuro Signore ha tratto vantaggio, data la crisi che questa ha provocato soprattutto a Gondor in fatto di vigilanza delle frontiere? Come al solito, Tolkien ci lascia immaginare a noi la risposta, e stimola la nostra curiosità.
L’altra osservazione che si può fare riguarda gli Hobbit: i Periannath sono il proprio il popolo della Contea… ne furono colpiti anche loro ed ebbero ingenti perdite. Come reagirono alla peste? Cambiò in qualche modo la loro società? «Dopo la Peste Nera (anno 37 del Calendario della Contea) prosperarono», si legge nel Prologo de Il Signore degli Anelli. Dopo tutte le epidemie, di solito, alcuni diventano più ricchi ed altri si impoveriscono… risale a questo periodo la fortuna dei Tuc?
Tolkien non ce lo dice, perché l’epica non descrive questi momenti, non è nelle sue corde: però la nostra curiosità aumenta, grazie a questi non-detti che Tolkien ci lascia disseminati qui e là, e questo è forse il fascino decisivo della Terra di Mezzo, quello che ha fatto innamorare tante persone di queste storie, in tutto il mondo.
[Articolo tratto dal blog Migrantes of Middle-earth]
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LINK ESTERNI
– Vai al sito web dei Musei del Duomo di Modena
– Vai al sito web dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici di Modena
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È interessante notare, in effetti, che la versione fornita da Tolkien, ovvero – nella sua finzione – dagli Annali dei re e dei governatori, attribuisca il contagio pestilenziale a misteriosi «dark winds». È vero, come dice l’articolo, che non abbiamo alcuna conoscenza medica della peste nella Terra di Mezzo, ma è altrettanto vero che abbiamo conoscenze mediche della peste nel nostro mondo. E sappiamo quindi che la peste è causata da un bacillo, il cui vettore è prevalentemente la pulce del ratto, che non disdegna di pungere anche gli umani. Nel caso della peste polmonare è possibile anche una trasmissione da umano a umano tramite le goccioline di saliva emesse con la tosse, così come è possibile contagiarsi manipolando carne animale infetta. Di certo però non è il vento a trasportare la peste. Tolkien usa la parola “plague”, che potrebbe anche indicare un’infezione di tipo diverso e più misterioso. La pestilenza può essere legata a infezioni diverse dalla peste in senso stretto.
Proprio questo aspetto misterioso, però, rispecchia una vulgata che ritorna ad ogni nuova pandemia della storia, cioè l’idea che il pericolo sia “nell’aria”. Lo abbiamo visto anche durante questa pandemia di Covid19. Benché si tratti di una falsità sul piano epidemiologico, ha una facile presa sull’immaginario, almeno quanto ce l’ha l’altra idea, ad essa collegata, quella della premeditazione. Come detto nell’articolo, negli Annali la possibilità che la pandemia sia un piano di Sauron è soltanto un sospetto lasciato sottotraccia, eppure la versione del «dark wind» lascia adito a più di un sospetto in questo senso. Dunque teorie del complotto storiche e finzione letteraria si rispecchiano. Come è vero che se le pandemie non sono premeditate, o create in vitro, tuttavia c’è sempre qualcuno che ne trae vantaggio.