Per gli appassionati di J.R.R. Tolkien che hanno letto i suoi romanzi e vogliono approfondire le loro tematiche, ecco un nuovo Saggio AIST, cioè una di quelle traduzioni di saggi inglesi, francesi o tedeschi o studi originali in italiano che hanno lo scopo di far conoscere sempre più la grandezza dello scrittore inglese. L’Associazione Italiana Studi Tolkieniani pubblica i saggi su questo sito web a carattere aperiodico, ma con una cadenza di almeno uno ogni sei mesi. L’elenco dei saggi si può trovare in calce all’articolo.
Questa volta presentiamo il saggio Suggestioni dialogiche da JRR Tolkien di Alberto Quagliaroli. Sacerdote della Congregazione dei Vincenziani, saggista di Piacenza e redattore storico della rivista Endòre, Quagliaroli ha partecipato alla stesura del volume La falce spezzata, per l’editore Marietti 1820 (2009) con “Immortalità elfica come esperimento narrativo-letterario” e ha pubblicato numerosi articoli, tra cui “I requisiti di un racconto fantastico secondo il saggio Sulle Fiabe di Tolkien” nel numero 22 della rivista Endòre, nel marzo 2020, in cui in parte affronta tematiche simili al presente saggio AIST, anzi si può dire che questo saggio sviluppa la stessa linea di pensiero dell’articolo.
Il pensiero dialogico
Come i lettori di Tolkien conoscono benissimo, la passione per le parole e il loro significato è al centro dell’interesse dello scrittore de Il Signore degli Anelli. Una passione che è il movente di tutte le sue opere. Seguendo le teorie linguistiche di Owen Barfield, suo amico, collega e anch’egli membro degli Inklings, Tolkien applicò ai suoi romanzi il concetto di antica unità semantica, che aveva anche modificato il suo modo di vedere il linguaggio. Nell’universo tolkieniano coscienza, linguaggio, mito e leggenda sono interdipendenti e si sostengono a vicenda, nascendo ed esistendo in relazione gli uni agli altri. Di conseguenza si evince che non può esserci mito senza linguaggio che lo possa esprimere, lingua senza esseri umani che possano parlarla, esseri umani senza mito che possa esprimere il loro mondo. Ora Quagliaroli ha colto una consonanza piuttosto forte tra due aspetti (e altri ad essi strettamente correlati, per esempio la parola) sorprendentemente affini del pensiero dialogico e della mitopiesi tolkieniana, cioè le tre sfere della relazione di Buber e le tre facce della fiaba di Tolkien.
Lo scrittore inglese non ha mai fatto cenno al pensiero dialogico, ma nell’epoca della sua formazione, il secondo decennio del XX secolo, il pensiero dialogico nasceva nella filosofia di area tedesca. Questa corrente fu fondata contemporaneamente da Martin Buber, Franz Rosenzweig e Ferdinand Ebner, che lo svilupparono come modo ontologico di vedere la realtà. Tutti e tre gli autori del pensiero dialogico individuano nella triade Dio-uomo-mondo la struttura di base della realtà e in particolare nel rapporto io-tu, non solo mediato, ma creato dal linguaggio, il fondamento della realtà umana. Il pensiero dialogico ha tra le sue componenti più innovative: la convinzione che il linguaggio crea e conserva la relazione tra gli esseri umani che sono caratterizzati da un’ineliminabile ontologia relazionale; e la visione della realtà, dal punto di vista dell’uomo, come di un rapporto fondato sulla triade Dio-uomo-mondo. In particolare Martin Buber, in Io e Tu scrive: «Sono tre le sfere in cui si instaura ilo mondo della relazione. La prima è la vita con la natura. […] La seconda è la vita con gli uomini. […] La terza è la vita con le essenze spirituali». La fiaba, quindi, si inserisce nella triade dialogica ‘Dio'(essenze spirituali, soprannaturale)-uomo-mondo, e il linguaggio è per essa il fondamento come lo è per il pensiero dialogico. Una sorprendente vicinanza con le teorie di Barfield che Quagliaroli indaga nel dettaglio soprattutto nel primo capitolo del saggio, mentre i successivi capitoli sono meno collegati a Tolkien. Buona lettura!
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SAGGI AIST PRECEDENTI:
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