Un anno fa esatto, se ne andava il custode della Terra di Mezzo. Come scritto all’epoca, Christopher Tolkien, figlio di J.R.R. Tolkien, è scomparso pacificamente nel sonno all’età di 95 anni, nella notte tra mercoledì 16 e giovedì 17 gennaio 2020 al Centre Hospitalier de la Dracénie (CHD) a Draguignan, dove era stato portato qualche giorno prima per un problema di salute al braccio che non aveva destato molte preoccupazioni. Martedì 22 gennaio si è poi svolto il funerale, per volere della famiglia, in forma strettamente privata: accanto alla vedova Baillie, i due figli della coppia, Adam e Rachel, e pochi altri amici intimi.
Un ultimo addio con discrezione, simile alla vita che aveva condotto negli ultimi 45 anni in Francia, da quando – dopo i soggiorni a La Garde-Freinet negli anni ’60 e ’70 – si era trasferito dal 1975 in una villa in campagna presso la città di Aups, nel dipartimento del Var, nel sud della Francia. «Mi siedo accanto al fuoco e penso a come sarà il mondo quando arriverà l’inverno senza una primavera che non vedrò mai». È l’epitaffio scelto dalla famiglia per il necrologio pubblicato su Le Monde e, come tutto nella vita di Christopher, rimanda alla Terra di Mezzo. È un verso della poesia che Bilbo Baggins canta a Rivendell la sera prima che la Compagnia dell’Anello si metta in marcia. Bilbo canta la poesia dopo aver dato a Frodo la cotta di maglia in mithril e la spada Pungolo. La poesia è un brano cantato da uno hobbit ormai vecchio che ricorda gli eventi passati e si conclude con la speranza di vedere tornare gli amici dal loro viaggio, di sentire il suono «di piedi e le voci che ritornano alla porta». In questo caso, chi parte per la Terra di Mezzo è Christopher per un viaggio in cui non vedrà mai la prossima primavera…
Una vita nella Terra di Mezzo
Christopher Tolkien ha vissuto nel mondo de Il Silmarillion fin dall’infanzia. Come disse nell’intervista a Le Monde: «Per quanto strano possa sembrare, sono cresciuto nel mondo che [mio padre] ha creato… Per me, le città del Silmarillion possiedono più realtà di Babilonia». Non è un caso che fin dall’infanzia Christopher abbia avuto un ruolo chiave in ogni fase della evoluzione di questo mondo. Il professore era solito leggere le sue storie ai figli e nell’inverno del 1937, dopo il tè della sera, lesse i capitoli de Lo Hobbit. Già dall’età di 5 anni, Christopher era correttore di bozze del padre, rilevando incoerenze in queste storie della buonanotte, venendo anche pagato. «Ho incaricato il mio figlio più giovane… di trovare altri errori a due penny l’uno. Lo ha fatto», scrive infatti J.R.R. Tolkien in una lettera (lett. 22). Vista la sintonia tra padre e figlio, era Christopher che si occupava di battere a macchina e revisionare il seguito dello Hobbit, che diverrà poi Il Signore degli Anelli, realizzando anche una magnifica mappa grazie alle sue doti artistiche (lett. 74). Chiamato al fronte nella Seconda Guerra Mondiale, fu inviato come ufficiale della RAF nel 1945 in Sudafrica. «Vorrei tu fossi qui, facendo qualcosa di utile e di piacevole, completando le mappe e battendo a macchina», gli scrive il padre (lett. 67). La mappa di Gondor, presente nelle edizioni HarperCollins ma non in quelle italiane, è opera sua, a partire dalla bozza fatta dal padre (162). Christopher, alla fine, realizzò tutte le versioni finali delle mappe pubblicate e le firmò con C.T. o C.J.R.T. Divenendo infine «un accreditato studioso delle tradizioni culturali hobbit» (187) e il «principale critico e collaboratore» di J.R.R. Tolkien (105).
È in maniera naturale, quindi, che nel 1973, dopo la morte di Tolkien, Christopher ne divenne l’esecutore letterario. Christopher si è trovato di fronte a 70 scatole di lavoro inedito. Gran parte dell’archivio riguardava la storia della Terra di Mezzo, e le note contenevano un quadro più ampio del mondo accennato solo ne Lo Hobbit e ne Il Signore degli Anelli. Christopher ha completato Il Silmarillion, il libro su cui suo padre aveva lavorato per tutta la vita e, con la pubblicazione de La caduta di Gondolin, nel 2018 si è congedato dai lettori dopo 45 anni di lavoro e ben 25 libri pubblicati.
Christopher avrebbe potuto bruciare tutto, se avesse voluto. Nel suo testamento J.R.R. Tolkien gli aveva, infatti, concesso di integrare, modificare o addirittura distruggere tutti i suoi manoscritti. Invece, come ha scritto l’amico ed editore di Tolkien, Rayner Unwin, «nessun altro autore ha mai avuto il vantaggio di avere un esecutore letterario con la comprensione, l’erudizione e l’umiltà di dedicare metà della sua vita per dare discretamente forma alla creatività di suo padre. In effetti, il genio immaginativo di un uomo ha beneficiato del lavoro di due vite».
I risultati si sono visti: Christopher sarà ricordato per il suo costante impegno e la pubblicazione delle opere incompiute di suo padre, tra cui Il Silmarillion, I Racconti Incompiuti, la History of Middle-earth e Beren e Lúthien. Tra gli appassionati, anche scrittori famosi come Neil Gaiman che ha scritto: «Sembra che Christopher ci faccia entrare nella mente di suo padre: percorriamo la strada mentre JRRT la percorreva». Tra i lettori si è diffusa la frase «Christopher Tolkien era il nostro Gandalf, il nostro Elrond … il nostro maestro». Siamo contenti che Christopher abbia deciso di non fare un grande falò e che abbia dedicato quasi mezzo secolo a smistare, trascrivere, analizzare, commentare e pubblicare così tanti libri del padre. Altrimenti, il mondo sarebbe un posto più povero…
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