Nuovo libro per Eterea Edizioni alla scoperta del perché la Natura nella Terra di Mezzo sia a tutti gli effetti il decimo membro della Compagnia, e non un semplice sfondo per epiche avventure. «Amo i giardini, gli alberi e le fattorie non meccanizzate», scriveva J.R.R. Tolkien in una lettera (n. 213) ed è evidente nelle sue opere. Il volume Paesaggi della Terra di Mezzo – La natura nelle opere di J.R.R. Tolkien, curato da Roberto Arduini e Cecilia Barella (20 euro, splendida illustrazione di copertina di Ivan Cavini) costituisce un vero e proprio viaggio nella Terra di Mezzo, alla scoperta dei diversi habitat naturali, della flora e della fauna, di come il paesaggio influisca sui protagonisti e sia determinante in alcune scene della storia.
Paesaggi realistici e creature meravigliose
La cura che Tolkien infuse nelle sue descrizioni dei paesaggi è tale che essi permangono nell’immaginazione dei lettori quanto i personaggi della storia. La Natura spesso non riveste solo una funzione di sfondo, per quanto particolareggiato, ma contribuisce allo svolgimento degli eventi e a volte assurge al ruolo di coprotagonista. Possiamo toccare l’erba, sentire l’odore, apprezzare i colori di questi paesaggi e riconoscerli perché, nel mondo immaginario creato da Tolkien, gli ambienti naturali sono “reali”. Il mutare della natura nel tempo (all’interno del giorno come nel trascorrere dell’anno) è uno degli aspetti che Tolkien riesce a trasmettere con straordinaria maestria, capacità frutto di un’osservazione attenta e di un amore profondo: in particolare alberi e foreste sono cari al Professore, che arriva a dipingerli come esseri dotati di una mente creando figure quali gli Ent, i Pastori di Alberi, giganti dall’aspetto di albero, una delle sue creazioni più originali, non basate cioè su figure fantastico-mitologiche preesistenti. Oltre gli Ent, è proprio il differente atteggiamento dei diversi popoli della Terra di Mezzo verso l’ambiente ad essere molto convincente sul piano filologico. Per Tolkien, che amava appassionatamente gli alberi e le piante in generale, la foresta è un’entità dotata di una vita propria, indipendente da quella degli Uomini, ma non per questo meno “viva” e intensa, una vita di cui i personaggi si rendono conto solo quando essa si dimostra ostile, come nel caso della Vecchia Foresta ai confini della Contea, i cui alberi sembrano congiurare per ostacolare e sviare i viaggiatori, o del Vecchio Uomo Salice, che li attira e li incanta per poi intrappolarli all’interno del proprio tronco o annegarli nel fiume sulle cui rive cresce. Il volume vuole esplorare tutto questo, partendo innanzitutto dalle origini di un interesse così centrale, ravvisandole in vicende biografiche di Tolkien quali l’infanzia trascorsa in campagna, la precoce morte della madre e l’esperienza del fronte durante la Prima Guerra Mondiale, ma anche nell’ambiente sociale, culturale e intellettuale. L’Inghilterra di fine ‘800-inizi ‘900, infatti, cominciava a sperimentare gli effetti a lungo termine sull’ambiente rurale e naturale della cosiddetta Rivoluzione Industriale, che aveva fatto precocemente germinare in Inghilterra i semi del Romanticismo, con il suo sentimento elegiaco nei confronti della natura e la sua nostalgia per un passato mitizzato.
Non solo Ent ed Entesse
Questa natura ricca e varia è abitata da creature mitiche altrettanto particolareggiate, frutto di uno studio e una elaborazione non inferiori. Il libro guida il lettore tra gli habitat della Terra di Mezzo, facendogli incontrare le creature fantastiche che li popolano: Baccador la figlia del fiume, Shelob il ragno gigante delle caverne, Barbalbero il pastore di alberi. Su tutti, emerge il personaggio di Tom Bombadil, una delle figure più amate da Tolkien, ma anche una di quelle più neglette, perché non c’è nei film, non c’è quasi mai giochi, ma è un personaggio fondamentale. Per comprendere il suo ruolo è utile una citazione da Il Signore degli Anelli: «Il più anziano, ecco chi sono… Tom ricorda la prima goccia di pioggia e la prima ghianda… Conosceva l’oscurità sotto le stelle quando non incuteva paura: prima che l’Oscuro Signore giungesse da Fuori». All’estremo opposto viene in mente la figura di Shelob (“she-lob“, la femmina del ragno, in italiano Aragne) che è la traduzione dell’elfico Ungol, “ragno”. È discendente dei ragni giganti nelle leggende della Prima Era, che sono tutti discendenti di Ungoliant, il primordiale divoratore di luce che sotto forma di ragno affiancava il Potere Oscuro, ma alla fine litigò con lui. Non c’è alleanza, quindi, fra Shelob e Sauron, l’incaricato del Potere Oscuro; solo un identico odio. E questo vale anche per altre scene del romanzo, in cui la natura è letteralmente «animata»: dal Vecchio Uomo Salice al Caradhras. È uno degli insegnamenti di Tolkien: la natura, le creature che la popolano non sono buone o cattive, semplicemente seguono il loro istinto e non possono essere controllati. Nel volume è stato approfondito anche l’aspetto iconografico dell’opera di Tolkien, con un approfondimento del lato botanico e l’inserimento di illustrazioni in bianco e nero specifiche da grandi erbari. Il libro è corredato da una nutrita bibliografia ragionata sul tema della natura nelle opere dell’autore inglese.
Redazione
ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Gli Ent del mondo reale
– Leggi l’articolo L’albero Ent
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La natura in Tolkien ci insegna. Anticipava molti temi ecologici che oggi sono dati per scontati…