Recensione a: Vink, René, Gleanings from Tolkien’s Garden. Selected Essays, Uitgeverij IJmond, Beverwijk, Netherlands, 2020
Questo volume raccoglie alcuni degli scritti di una tra la più competenti e profonde conoscitrici dell’opera di J.R.R. Tolkien. Per questo la pubblicazione dell’antologia va accolta con grande gioia e riconoscenza. La gioia deriva dal fatto di poter avere in un solo testo degli articoli sempre interessantissimi, la cui lettura complessiva riesce a farci cogliere il “timbro” inconfondibile dell’opera di Reneé Vink. La riconoscenza va non solo verso l’editore, ma verso la stessa autrice, che instancabilmente ha esplorato come pochi altri i tanti e differenti aspetti dell’opera tolkieniana. La raccolta, come spiega anche Jan van Breda nella sua pregevole introduzione, è infatti opportunamente divisa in quattro sezioni, che rendono giustizia del percorso critico della Vink:
– Translation: raccoglie due saggi sulla traduzione in olandese del Signore degli Anelli (Vink è infatti anche traduttrice in olandese di moltissime opere di Tolkien), più un articolo su Tolkien come traduttore;
– Elvish Affairs: questa sezione è più orientata alla “tolkienologia” nel senso che i contributi esaminano nei minimi dettagli alcune tematiche essenzialmente legate alla storia e alla genesi di alcuni personaggi del legendarium;
– Tolkien and some Women Authors si compone di tre saggi i cui l’autore del Lord of the Rings è messo a confronto con, rispettivamente, Dorothy Sawyers, Simon de Beauvoir e A.S. Byatt;
– Varia è l’ultima sezione che raccoglie articoli dedicati ai nani, alla fan-fiction e a Wagner.
L’indice
Vale la pena riportare per intero l’indice, perché già solo la lettura dei titoli degli articoli può rendere bene il “tono” dell’intero volume.
Translations
– In de ban van de Ring: Old and New Fashions of a Translation
– A Somewhat Bumpy Ride: Max Schuchart’s Translation of the Poetry in The Fellowship of the Ring
– J.R.R. Tolkien, Translator of The Red Book: A Look at His Views, His Methods and His Work
Elvish affairs
– The Wise Woman’s Gospel: Some Thoughts about ‘The Athrabeth Finrod ah Andreth’
– The Parentage of Gil-galad: A Textual History
– Human-Stories or Human Stories: Investigating a Remark in ‘On Fairy Stories’
– Glorfindel’s Body: The Fate of a Self-sacrificing Elf
Tolkien and some women authors
– The Image of the Maker: J.R.R. Tolkien and Dorothy Sayers
– Immortality and the Death of Love: J.R.R. Tolkien and Simone de Beauvoir
– The Name of the Tree – Mythopoeia and the Garden of Proserpina: J.R.R. Tolkien and A.S. Byatt
Varia
– ‘Jewish’ Dwarves: Tolkien and Anti-Semitic Stereotyping
– Fanfiction as Criticism: The Possibilities of Fan-made Stories
– Creating Free Agents: Wagner and Tolkien Revisited
Essendo impossibile riassumere e esaminare tutti i contributi, preferisco qui concentrarmi su un solo articolo per sezione, nell’intento di invitare ognuno alla lettura completa della raccolta. La grande competenza di Renée Vink come traduttrice e studiosa di Tolkien emerge con particolare forza dal terzo articolo della prima sezione, che ha un titolo e un contenuto per certi aspetti provocatorio. Vink qui compie un’operazione davvero elegante e intelligente, mettendo in contrapposizione Tolkien come traduttore del Beowulf e come traduttore dell’inesistente Red Book. La studiosa all’inizio dell’articolo illustra alcune strategie traduttive e elenca, sempre basandosi sui testi tolkieniani, le cinque regole che usa Tolkien nel tradurre il Beowulf. Vink poi spiega come in una traduzione si possa prediligere una resa che tenda alla domestication o alla foreignisation, Ad esempio, in italiano è uso dire “rosso come un pomodoro”, mentre in inglese l’oggetto “rosso” per eccellenza è piuttosto il “beetroot” o “lobster” (barbabietola o aragosta). Una scelta di “domesticazione” tradurrebbe “red as a beetroot” mentre la foreignisation preferirebbe “red as a tomato” (p. 49). Vink poi mostra con dovizia di testi e argomenti che Tolkien quando traduce il Beowulf preferisce la seconda opzione, mentre quando traduce il Red Book opta per la domestication (ad esempio traduce “Kalimac” con Meriadoc: p. 50). In quest’ottica vengono anche parzialmente spiegati alcuni anacronismi (“clock”, “tea”, “express train”) presenti in The Lord of the Rings e ne The Hobbit, che vengono interpretati come domestication da parte del traduttore Tolkien. (pp. 56-58). Per Vink dunque «Tolkien, un traduttore esperto, ha formulato una serie di idee sulla traduzione nel suo saggio sulla traduzione di Beowulf. In esso, sembra preferire le strategie traduttive alla foreignisation rispetto alla domestication, sebbene la sua posizione non sia affatto estrema. Questa preferenza è confermata da una lettera che discute la traduzione dei suoi nomi della Contea e degli Hobbit in una lingua straniera, l’olandese, contro la quale si è fortemente opposto. Questa posizione si rivela insostenibile in pratica, a causa della sua presunzione che sia Lo Hobbit che Il Signore degli Anelli fossero stati tradotti dal libro rosso di Westmarch. Queste traduzioni evidenziano tendenze fortemente anglicizzanti per quanto riguarda i nomi personali e i toponimi e in questo senso sono ovviamente “addomesticanti”, il che suggerisce una strategia addomesticante per le traduzioni straniere di The Lord of the Rings per quanto riguarda i nomi hobbit» (p. 60).
Nella sezione Elvish Affairs l’articolo che meglio mostra le qualità e particolarità di Reneé Vink è probabilmente il primo, che esamina con vera partecipazione e indubitabile competenza sull’Athrabeth Finrod ah Andreth, su cui si tornerà anche dopo. Nel testo, tra le altre osservazioni, si contrappone Andreth a Turin, ma anche a Luthien perché «Per me, la fine di Athrabeth suona più promettente della conclusione de La storia di Aragorn e Arwen ne Il Signore degli Anelli (Appendice A). Arwen, avendo scambiato la vita degli Eldar per la mortalità a causa del suo amore per un mortale, ottiene un’improvvisa intuizione della disperazione umana di fronte alla morte del suo amato» (p. 77). La studiosa sottolinea anche il carattere “problematico” del dialogo, che pare fare entrare contenuti esplicitamente cristiani nel legendarium e in cui si tratteggia lo scenario di Arda Rifatta ove le sub-creazioni sembra che verranno in qualche modo completamente realizzate, similmente al celebre albero di Niggle (pp. 79-81). In quest’ottica le problematiche relazioni tra morte/amore e tra creazione/subcreazione mi sembrano centrali nella riflessione della Vink, visto che tornano praticamente in quasi tutti i saggi seguenti, da “Human-Stories or Human Storie” ai saggi su Sawyers e Byatt fino a “Fanfiction as criticism” (cfr. p.131).
Ma l’articolo che forse meglio affronta con straordinaria profondità queste tematiche è “Immortality and the Death of Love: J.R.R. Tolkien and Simone de Beauvoir”, contenuto nella terza sezione. Qui Renée Vink sostiene, in modo prudente e documentato, che forse l’Athrabeth è stato scritto su ispirazione di (e in contrapposizione a) Tuot les hommes sont mortels di Simon de Beavoir, tradotto in inglese nel 1955, pochi mesi prima dell’inizio della redazione del dibattitto tra Finrod e Andreth: «Ora vorrei davvero suggerire che la lettura di AMM [Tutti gli uomini sono mortali] abbia ispirato Tolkien a scrivere Athrabeth. Ma il professore era notoriamente contrario ad ammettere qualsiasi influenza; a suo avviso identificare gli ingredienti che entrano nel calderone della storia dice poco sul gusto effettivo della zuppa. (Albero e Foglia, 23)» (p. 150). Gli argomenti che porta la Vink a sostegno della sua tesi sono molto convincenti ed esegeticamente fondati; in ogni caso l’afflato con cui affronta le tematica sono sicuro indice di grande intelligenza e sensibilità. Chiude l’ultima sezione (e dunque l’intero volume) un saggio in cui l’autrice ritorna sulla materia wagneriana, della quale è riconosciuta essere la massima esperta avendo scritto il miglior libro completamente dedicato a Wagner and Tolkien (WTP, 2012); in questo articolo finale si tematizza di nuovo la subcreazione, questa volta in relazione alla possibilità o meno di produrre agenti liberi (desiderio questo proprio di Melkor, Aulë e Wotan).
Conclusione
Concludo questa mia recensione raccomandando vivamente a tutti gli appassionati e gli studiosi di Tolkien la lettura completa di questa pregevolissima raccolta, al termine della quale si uscirà sicuramente ricolmi di informazioni e contenuti profondi, gioveranno grandemente sia al cuore che all’intelletto di tutti coloro che amano l’opera tolkieniana.
RECENSIONI
– Tolkien, Rischiarare le tenebre: la recensione
– Leggere insieme ISdA: la recensione di Testi
– Tolkien e i Classici: quante belle recensioni estere di Roberto Arduini, Giampaolo Canzonieri e Claudio A. Testi (Walking Tree Publishers, 2019)
– Tolkien: Il creatore della Terra di Mezzo – la recensione di Catherine McIlwaine (Mondadori, 2020)
– Recensione: Tolkien e il Vangelo di Gollum (prima parte) e (seconda parte) di Ivano Sassanelli (Cacucci Editore, 2020)
– Recensione: Colui che raccontò la grazia di Mauro Toninelli (Cittadella Editrice, 2019)
– Recensione: Tolkien’s Library di Oronzo Cilli (Luna Press, 2019)
– Recensione: Eroi e mostri Il fantasy come macchina mitologica di Alessandro Dal Lago (Il Mulino, 2017)
– Recensione: Beren e Lúthien di JRR Tolkien (Bompiani, 2017)
– Recensione: Due recensioni “italiane” nei Tolkien Studies
– Recensione: Tolkien e l’Italia di Oronzo Cilli (Il Cerchio Editore, 2016)
– Recensione: J.R.R.Tolkien l’esperantista curato da Oronzo Cilli (Cafagna Editore, 2015)
– Recensione: Tolkien e i Classici a cura di Roberto Arduini, Cecilia Barella, Giampaolo Canzonieri, Claudio A. Testi (Effatà Editrice, 2015)
– Recensione: Green Suns and Faërie: Essays on J.R.R. Tolkien di Verlyn Flieger (Kent State University Press, 2011)
– Recensione: Maestro della Terra di Mezzo di Paul H. Kocher (Bompiani, 2011).
– Recensione: L’eroe Imperfetto di Wu Ming 4 (Bompiani, 2010).
– Recensione: Salvare le apparenze di Owen Barfield (Marietti 1820, 2010)
– Recensione: Arda Reconstructed. The Creation of The Published Silmarillion di Douglas C. Kane (Lehigh University Press, 2009)
– Recensione: Tolkien, Race and Cultural History. From fairies to Hobbits di Dimitra Fimi (Palgrave MacMillan, 2009)
– Recensione: A question of time: J.R.R. Tolkien’s Road to Faërie di Verlyn Flieger (Kent State University Press, 1997)
– Recensione: Il Silmarillion di JRR Tolkien (Rusconi 1978)
FOCUS SANTI PAGANI
– Recensione: Santi pagani nella Terra di Mezzo
– Leggi l’articolo Santi pagani, la replica di Wu Ming 4 (2 parte)
– Recensione: Santi Pagani: le recensioni all’estero
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