«Il fantastico dovrebbe essere insegnato a scuola», è l’opinione di Stefania Auci, secondo cui il femminismo ha trovato terreno fertile nella letteratura dell’irreale, primo fra tutti nelle opere di JRR Tolkien. L’autrice dei Leoni di Sicilia sostiene la serietà di un genere letterario vastissimo e che, nella sua accezione larga di “fantastico”, spazia dalla fantascienza all’horror agli Hobbit. «È con le sue storie che si possono raccontare i grandi problemi del Novecento. Guardate come Tolkien rielabora il lutto della Grande Guerra nella trilogia dell’Anello» dice Auci. Ma c’è di più, perché il fantastico è stato terreno fertile per il racconto della libertà delle donne, più di tutti gli altri generi, grazie alla sua capacità di colonizzare la memoria collettiva con i suoi cult. Le conquiste del femminismo del secolo scorso si riversano nelle eroine e nelle donne di potere che compaiono tra le pagine e i film di scrittori e registi prima e scrittrici e registe poi.
«Ci sono tante donne forti nel fantastico, dagli anni Settanta in poi – dice Stefania Auci – È il femminismo a far entrare la realtà nei racconti: le Bene Gesserit nel Dune di Frank Herbert, che prendono le decisioni; la principessa Leila in Star Wars di George Lucas, che combatte e guida i caccia stellari. E a sua volta, con questi messaggi, la libertà delle eroine dall’irrealtà del racconto ritorna a gamba tesa nella realtà, in maniera se vogliamo meno traumatica del femminismo nelle piazze».
Ma anche prima degli anni più caldi per l’attivismo occidentale, gli scrittori fantasy sono tra i più sensibili nel raccogliere il cambiamento della società. «Tolkien era un cultore della libertà delle donne – continua Auci – e certo, lo era come lo si era all’epoca. Prendete Éowyn: la principessa si maschera da soldato e combatte. Sarà quella che annienta il male, realizzando la profezia che diceva che non sarebbe accaduto per mano di uomo. E effettivamente accade per mano di una donna. Ancora una volta Tolkien ha preso la realtà del suo tempo, la lotta delle suffragette di occupare un ruolo più forte nella società che era cresciuta con la Grande Guerra, quando le donne avevano mandato avanti la nazione con gli uomini al fronte, e l’ha portata in un romanzo. Quando Éowyn parla con Aragorn gli dice: ho paura di essere chiusa in una gabbia finché non sarò talmente anziana da non avere voglia di altro».
Stefania Auci: Tolkien cultore della libertà delle donne
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5 Comments to “Stefania Auci: Tolkien cultore della libertà delle donne”
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Però mi pare che – al netto delle imprecisioni – Auci non dica che Tolkien era femminista. Dice che era “un cultore della libertà delle donne. E certo lo era come lo si era all’epoca”. Ovvero, dice, che la rivendicazione di indipendenza di Eowyn erediterebbe l’esperienza della lotta delle suffragette inglesi nei primi anni del Novecento. Quindi il riferimento è a un “femminismo” in senso lato, non stretto.
Su questa particolarità dei personaggi femminili tolkieniani sono state scritte moltissime pagine da studiosi e soprattutto studiose di vario ordine e grado. Una cosa che colpisce, ad esempio nella vicenda di Eowyn, è che la sua ribellione non comporta alcuna punizione né reprimenda. Anche perché porta in effetti a un risultato significativo: l’eliminazione del capo dell’esercito di Sauron. Questo distingue quel personaggio da tutti i prodromi nella letteratura antica e medievale, dove le donne guerriere facevano molto spesso una brutta fine. In questo Eowyn è estremamente moderno come personaggio, cioè una donna padrona delle proprie scelte e che compiendole fa la cosa giusta (sia che si tratti di impugnare le armi, sia che si tratti, successivamente, di abbandonarle).
Come è vero che se Leila non guida i caccia, tuttavia fa ben di più: guida la resistenza all’imperatore, assumendo addirittura il grado di generale. Si potrebbe dire che se Eowyn è figlia del suffragismo femminile degli anni Dieci, Leila è figlia del femminismo degli anni Sessanta-Settanta. E questo senza bisogno che Tolkien e Lucas vengano considerati femministi, perché a volte le storie narrate ne sanno più dei loro stessi autori.
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A dirla tutta la “resistenza all’Imperatore” ovvero “The Rebellion” è guidata sempre da una donna ma non da Leila, ovvero Mon Mothma, ex senatrice della Repubblica.
Leila diventa capo della resistenza nelle terza trilogia , che per molti fan di Star Wars è un abominio, totalmente fuori dai canoni della serie.Ma il punto non è questo, il punto e che l’essere donna di Leila c’entra assai poco con il femminismo.
Leila è un personaggio importante della saga di Star Wars perchè figlia di Anakin Skywalker ed è un personaggio importante della Ribellione perchè figlia adottiva di uno dei suoi fondatori.
Costruisce poi la sua fama nel corso della storia sul campo, ma non in quanto donna.
Essere femmina non la penalizza ne l’avvantaggia.
Infatti a leggere e vedere le prime interviste e le prime analisi della serie, non ci sono istanze femministe di nessun tipo ancorate a questo personaggio.Ma parliamo di Eowyn: il suo essere femmina qui è certamente rilevante, ma non apre la strada ad altre come lei, è semplicemente l’equazione personale di un singolo individuo che compie un destino diverso da quello che presumibilmente le apparteneva. Eowyn è un personaggio unico nel suo genere e se non fa una fine tragica probabilmente è perchè la sua storia appartiene al Signore degli Anelli e alla fine della Terza Era e non alle storie precedenti.
Del resto in LOTR gli eroi trovano quasi tutti ( eccezion fatta per Boromir che forse vero eroe non è) un lieto fine.
Nel folklore scandinavo-germanico,celtico, finnico,turanico etc. gli eroi spesso e volentieri sono destinati ad una fine cruenta, l’esser donne o uomini poco importa.Legare i temi del suffragismo ad Eowyn, anche solo in senso lato, non è molto diverso da voler vedere in Mordor e Sauron … Hitler e la Germania Nazista.
Si tratta nuovamente di forzare la mano in chiave allegorica trasponendo la cronaca e l’attualità in un opera il cui autore scrisse chiaramente di non volerne sentir nemmeno parlare.Tolkien è un conservatore per una società ben piu’ conservatrice della nostra.
Egli cosi scrive al figlio Michael in procinto di sposarsi (siamo nel 1941) , sulle “qualità” femminili:…for it is their gift to be receptive, stimulated, fertilized (in many other matters than the physical) by the male.
Every teacher knows that How quickly an intelligent woman can be taught, grasp his ideas, see his point-and how (with rare exceptions) they can go no further when they leave his hand or they cease to take a personal interest in him.The Letters of J. R. R. Tolkien (letter 49) by H.Carpenter
Dire che Eowyn è portatrice di istanze femministe “malgrado” Tolkien e fare torto ad un autore la cui sterminata critica ha mostrato senza ombra di dubbio che nulla lasciasse al caso.
L’opera di Tokien è pregna di significati ed ha prodotto numerosi livelli di lettura, non serve inventarne degli altri per renderla piu’ interessante.
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Ma chi ha detto “malgrado Tolkien”? Credo si debba fare attenzione a non commettere un peccato d’ingenuità che a volte noi fan commettiamo: ritenere che autore e opera coincidano. Tanto l’autore quanto l’opera sono sempre più complessi e più complessa è la loro interrelazione di quanto si potrà mai ricostruire o stabilire. Quello che ogni studioso di letteratura sa, in altre parole, è che un’opera narrativa racconta sempre molto più di se stessa e del proprio autore. Spesso racconta elementi del proprio tempo, ad esempio.
Dire che la figura di Eowyn risente di un certo clima, e vederne la caratteristica di modernità rispetto ai precedenti letterari a cui si ispira, non significa affermare che Eowyn incarni i valori del femminismo. Non è così, ovviamente. Ma non può essere una casualità che il suo destino finale sia opposto rispetto a quello di tanti precedenti letterari a cui la sua figura si ispira. Non sono un esperto, ma tra le donne guerriere più famose della letteratura classica e medievale a me ne viene in mente soltanto una che ha un happy ending, la Bradamante di Ariosto. Tutte le altre finiscono male, cioè o ammazzate o duramente piegate: Pentesilea, Camilla, Brunilde, Silence, Clorinda… E ci si potrebbe aggiungere il personaggio storico – ma anch’esso mitizzato e narrativizzato – che per un momento è sembrato richiamare molte di quelle figure su di sé: Giovanna d’Arco, alla quale è toccato addirittura il martirio.
Non è sufficiente dire: gli eroi e le eroine antiche finivano tutti male, maschi e femmine, perché non è vero. Se spesso l’esito degli eroi tragici e quello degli eroi epici sono opposti, quello delle vergini guerriere che impugnano le armi e sfidano il patriarcato è quasi sempre tragico.Ma soprattutto, «l’equazione personale di un singolo individuo che compie un destino diverso da quello che presumibilmente le apparteneva» non è quella di un individuo qualsiasi, bensì di un individuo dotato di un genere all’interno di un contesto sociale in cui a quel genere è stato assegnato un destino specifico, appunto. La discussione tra Eowyn e Aragorn dice tutto da questo punto di vista, no? Lui le dice che la sua competenza e il suo destino sono quelli di tenere la casa dei padri mentre gli uomini sono in guerra. Lei lo manda a spendere. Per partecipare del destino degli uomini, Eowyn deve fingersi uomo. E in questo modo realizzare la profezia sulla fine del Re Stregone, offrendone un’interpretazione di genere. Non è possibile ignorare questa evidenza narrativa, a prescindere dal grado di “femminismo” che si vuole attribuire a Tolkien (fosse anche zero).
Come non è possibile ignorare che, successivamente, Eowyn – senza mai pagare il prezzo di uno stigma sociale – torna sui suoi passi e rientra nei ranghi del patriarcato, rivestendo i panni femminili, sposando Faramir, passando cioè da vergine guerriera a principessa consorte. Lo fa dopo essere approdata a una consapevolezza diversa da quella che l’aveva spinta a cercare di morire nobilmente in battaglia come i guerrieri maschi. Decide infatti di dedicarsi a ciò che vive e che cresce, e questa in effetti non è una scelta specificamente femminile nel romanzo. A conti fatti l’accomuna a Sam Gamgee, il quale fa rinascere la vegetazione della Contea, si dedica alla demolizione e ricostruzione di edifici, mette su famiglia e avrà un sacco di figli e figlie, diventando più volte sindaco, ecc. ecc.
Ricapitolando:
Eowyn mette in discussione il ruolo femminile nella società feudale guerriera di Rohan? Sì, temporaneamente.
Questo fa di lei una femminista? Evidentemente no, perché non è mossa da alcuna ideologia che potrebbe ispirare lei o altre, e la sua è una vicenda solitaria e conchiusa, in effetti.
Dalla storia di Eowyn si può trarre un riflessione femminista? Si direbbe di sì. Femminista e dialettica, perfino. E potrebbe essere questa: c’è il momento della ribellione (che potrebbe rivelarsi addirittura provvidenzialmente necessario) e c’è il momento dell’acquisizione di una nuova consapevolezza, di una sintesi che supera il conflitto tra sesso e genere, tra biologia e cultura, in qualche modo accettandole entrambe con una mente rinnovata, e che non spinge a voler essere come gli uomini, ma a voler essere donne in modo diverso (ma anche uomini in modo diverso, perché parallelamente, appunto, trionfa il modello Sam/Farmir su quello Eomer/Boromir). L’eco del suffragismo si avverte qui, mi pare, e si apre uno spiraglio perfino per il “pensiero della differenza” (magari in salsa cattolica).
Nondimeno il conservatorismo di Tolkien traspare tutto, mi pare chiaro, almeno quanto pare chiaro che il Nostro ha respirato l’aria del proprio tempo, come dicevo prima, e la sua storia ne risente, aprendosi a una complessità di letture che non hanno proprio niente di allegorico, ma tutto di ermeneutico. -
Se posso, a proposito di mitopoiesi, l’effetto del passaggio di Leia sugli schermi è, ancora oggi, uno stuolo di magliette con la sua faccia che dicono “il posto di una donna è nella ribellione / nella resistenza” indossate da donne, ragazze e ragazzine dappertutto.
Non sottovaluterei un personaggio che riesce ad avere un impatto del genere, al di là di Lucas e di tutto il baraccone dell’entertainment. Davvero le storie ne sanno di più dei loro autori. E i loro lettori / utenti per fortuna spesso pure.
Davvero un peccato che una scrittrice di successo si abbandoni a mistificazioni di questo genere.
Accostare Tolkien al femminismo è proprio una scemenza.
Ma ancora piu’ singolare sono gli errori grossolani degli esempi citati:
le Bene Gesserit sono una confraternita segreta che trama nell’ombra non un organo decisionale.
Eowyn non “annienta il male” ma sconfigge un suo luogotenente; ella non è neanche lontanamente la protagonista della storia che Tolkien racconta.
Leila Organa è tante cose ma certamente non un pilota di caccia, quanto meno nei film di Lucas, nell’universo espanso di Star Wars.. forse, ma dubito che la signora Auci che non sembra conoscere Guerre Stellari sappia di cosa si tratti.
L’unica verità che traspare da questo incontro e che Stefania Auci conosca la letteratura fantastica e la fantascienza solo per sentito dire.