Ecco un’altra chicca da quello scrigno infinito che sono le opere postume di J.R.R. Tolkien. Il volume Sir Gawain e il Cavaliere Verde: con Perla e Sir Orfeo riceverà una nuova edizione italiana la prossima settimana. Il 30 agosto 2023 infatti Bompiani pubblicherà questi poemetti «splendidamente resi in una nuova traduzione» con materiale inedito e l’inserimento dell’introduzione resa da Christopher Tolkien.
Scomparso quest’ultimo, la nuova edizione in inglese era uscita solo ad aprile 2020, e su di essa è ora condotta la traduzione italiana di Luca Manini, che subentra alla precedente di Sebastiano Fusco (2009). L’opera era importante per Tolkien e il professore ci tornò più volte durante la sua vita. Nei suoi cinque anni presso l’Università di Leeds, Tolkien lavorò con E.V. Gordon a una edizione critica del poema in inglese medio Sir Gawain e il Cavaliere Verde, pubblicato nel 1925. Il testo fu da lui utilizzato all’università per le lezioni di medio inglese. Nel 1953 tenne una conferenza sul Sir Gawain come parte della Ker Lecture, saggio poi pubblicato in Il Medioevo e il fantastico (The Monster and the Critics and other essays). La sua traduzione di un frammento (la stanza 32) del Sir Gawain and the Green Knight, fu inserita nel 1961 nel volume A Short History of English Poetry. Più tardi ancora, Tolkien lavorò alle tre poesie inglesi medievali in questione, traducendole per il lettore moderno, perché si sentiva molto simile all’autore anonimo del poema. Il volume fu pubblicato solo postumo dal figlio Christopher nel 1975. Collaborò perfino a un adattamento radiofonico per la BBC. L’attuale volume riassume ora tutto questo lavoro: oltre la traduzione, da lui reso nello stesso metro in inglese moderno, ci sarà quindi la prefazione originale di Christopher e soprattutto il testo completo della lezione di Tolkien su Sir Gawain. «Nel Sir Gawain e il Cavaliere Verde mio padre ha mostrato la sua abilità nella resa del verso allitterativo del XIV secolo nello stesso metro in inglese moderno», ha scritto Christopher.
Lo scontro tra due cavalieri
Se Sir Orfeo è una rivisitazione medievale del celebre mito greco, e Pearl descrive l’elaborazione mistica del lutto da parte di un padre che ha perso la figlia, con Sir Gawain entriamo nelle leggende arturiane. Sir Gawain and the Green Knight (Sir Galvano e il Cavaliere Verde) è un romanzo allitterativo scritto in inglese medio della fine del XIV secolo che narra un’avventura di Galvano, uno dei cavalieri della Tavola Rotonda. Galvano accetta la sfida lanciata da un misterioso cavaliere completamente verde nei capelli, vestiti e pelle, presentatosi alla corte di Re Artù. Il Cavaliere Verde lancia una sfida: permetterà di essere colpito da un colpo d’ascia senza difendersi se potrà restituire il colpo esattamente dopo un anno e un giorno. Gawain accetta la sfida e con un sol colpo decapita lo sfidante, ma quest’ultimo non muore, raccoglie la sua testa, balza a cavallo e ricorda a Galvano la sua promessa di accettare la sua replica alla data concordata. Galvano, terrà fede al giuramento, compiendo un avventuroso viaggio per raggiungere il luogo prescelto dal Cavaliere Verde dove riceverà il colpo, dimostrando così lealtà e spirito di cavalleria. Come scritto, mentre insegnava all’università di Leeds, nel 1925, Tolkien e il suo collega E.V. Gordon pubblicarono un’edizione critica del testo che è ancora oggi quella standard dell’opera (un’edizione riveduta fu poi curata da Norman Davis nel 1967). Anche se l’autore del poema è sconosciuto, si suppone che sia lo stesso delle altre tre opere contenute nell’unico manoscritto sopravvissuto (Pearl, Cleanness e Patience). Gli studiosi lo hanno chiamato il «Pearl Poet» o «Gawain Poet» e ritengono fosse originario del nord-ovest dell’Inghilterra. «Era un uomo dallo spirito serio e devoto, anche se non senza umorismo», scrivono Tolkien e Gordon, «che aveva interesse per la teologia, anche se la conoscenza di questa materia era per lo più amatoriale. Conosceva il latino e il francese ed era in grado di leggere libri sia romantici sia didattici; ma la sua casa era nelle West Midlands dell’Inghilterra, come dimostrano il linguaggio, il metro e lo scenario in cui è ambientata la vicenda».
Tolkien non era solo uno scrittore, ma anche uno specialista di fama internazionale sulla letteratura inglese e norrena medievale. E si deve a lui se molti lettori hanno scoperto tesori come Sir Gawain e il Cavaliere Verde tra altre opere medievali. Ancor di più, poiché Tolkien rendeva tolkieniano tutto quello che toccava, questa sua traduzione è entrata immediatamente nel corpus della sua opera, come se fosse dello stesso autore. Ma a una lettura attenta si può capiamo però quanto il testo fosse in potenza già tolkieniano, per il tema dell’inchiesta e della sfida, il riferimento al folklore celtico, nel quale “l’uomo verde” è emblema della natura e dei suoi cicli, la compresenza di registri tragici e comici (come scritto, tutto alla fine potrebbe ridursi a una burla orchestrata dalla fata Morgana), la pregnanza magica degli oggetti (a partire dalla spada), dei materiali e dei colori, il conflitto prettamente arturiano fra lealtà cavalleresca e tentazione erotica.
È verosimile che il primo interesse di Tolkien per questo poemetto sia stato di natura linguistica: si tratta infatti di un testo tardo trecentesco, fortemente connotato in senso dialettale (Galles – Midlands), che per la sua materia cortese e cavalleresca costituiva per il traduttore una bella sfida, ovvero trovare il giusto compromesso fra aulicità e popolarità; a questo si aggiungeva l’onere di rendere la metrica originale, fondata non sul numero delle sillabe (e solo parzialmente sulla rima) ma sull’allitterazione interna a ogni verso, cosa che per un architetto della lingua come Tolkien rappresentava un invito a nozze. Ma lo scrittore inglese era anche affascinato dalla storia, proprio dal plot: era colpito dalla modernità letteraria dell’opera, dalla capacità dell’autore anonimo di mettere in crisi la figura del cavaliere cortese, Galvano appunto. Mandandolo in corto circuito: il cavaliere per tre volte è costretto a scegliere tra la morale cristiana e il codice cavalleresco. Cede solo all’ultimo, anteponendo il secondo alla prima. Anche l’eroico, casto cavaliere si scopre umano, perfino ridicolo perché alla fine si scopre che si tratta di una beffa ai suoi danni. Tolkien era affascinato proprio da questo: che un autore medievale avesse voluto creare una crepa, una incrinatura nel grande campione Galvano, nipote di re Artù, ricettacolo di virtù cristiane, ecc. capiva che attraverso quest’opera si affrontavano le contraddizioni di un interno sistema valoriale e si ridimensionava anche la prosopopea eroica del più famoso ciclo di romanzi medievali, quello arturiano.
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