Il mondo è davvero pieno di pericoli, e vi sono molti posti oscuri; ma si trovano ancora delle cose belle, e nonostante che l’amore sia ovunque mescolato al dolore, esso cresce forse più forte.
J.R.R. Tolkien
Il padre del fantasy secondo tantissimi (ma l’heroic fantasy esisteva anche da prima di lui) colui che ha letteralmente definito il concetto di fantastico creando non solo una delle saghe più amate (e lette) nell’ultimo secolo, ma un autore in grado di realizzare un vero e proprio mondo ed epopea è senza dubbio J.R.R. Tolkien, un autore infinito che non si terminerà mai di leggere, amare e in alcuni casi studiare. Il professore di Oxford difatti è un caso unico nella storia della letteratura e proprio per moltissimi motivi, che si trovano all’interno della nuova edizione del libro scritto da Wu Ming 4, merita di essere studiato con serietà nel giusto quadro critico. Se da tempo sono numerosi a livello internazionale i saggi sulle sue opere, in Italia solo negli ultimi anni è arrivato il momento di fare un bilancio per trovare un nuovo modo di raccontare un autore fondamentale, che va ben oltre il genere fantasy in cui troppo spesso viene relegato. Il titolo dell’opera per molti tolkieniani non è nuova, “Difendere la Terra di Mezzo” di Wu Ming 4, si tratta una critica militante nella quale si cerca di analizzare, studiare, e in questo caso difendere appunto, uno dei mondi più straordinari creati dalla penna di uno scrittore.
Questo testo in uscita il 30 agosto per Bompiani è una terza edizione, ovviamente ampiamente rivista, del primissimo saggio dall’omonimo titolo uscito in Italia nel 2013. Si legge, dall’introduzione dello stesso Wu Ming 4, che la rivisitazione di questo testo ha permesso di offrire una panoramica sull’opera divenuta ormai un classico del Novecento, come in molti casi ha permesso di realizzare una riflessione critica che privilegi la contestualizzazione storica e le suggestioni letterarie rispetto ad altri tipi di approcci e infine, con l’occasione del cinquantenario della morte, ha offerto l’occasione per riproporlo alla Bompiani con una rivisitazione del testo e le citazioni aggiornate alle ultime traduzioni. “Difendere la Terra di Mezzo” è diviso in due parti: la prima è incentrata sul fenomeno letterario e sui suoi echi negli adattamenti cinematografici; la seconda, che entra nel vivo dei testi, è dedicata alla poetica di Tolkien ed è proprio grazie allo studio e analisi del professore come scrittore e uomo, che Wu Ming 4 riesce a raccogliere ed ampliare il proprio contributo alla riscoperta dell’autore de Il Signore degli Anelli, sempre in sintonia con i maggiori esperti in materia.
A: Leggendo il tuo libro sembra che Tolkien sia un autore strutturato quasi a livelli (proprio come Minas Tirith), in Difendere la Terra di Mezzo qual è il vero albero bianco da difendere?
WM4: È una bella immagine questa. È vero che Tolkien è un autore a strati, ma soprattutto è in movimento. La sua opera-mondo è in divenire, perché è talmente complessa e stratificata, appunto, ed è ormai raccontata ed espansa attraverso una tale varietà di mezzi narrativi, che di volta in volta offre spunti nuovi a vecchi e nuovi lettori. Questo significa che non c’è un albero bianco, cioè un cuore di verità, da difendere, perché quella verità è sempre parziale e sempre ridefinita. L’albero bianco è il punto all’orizzonte verso cui indirizziamo la nostra ricerca, e si sposta insieme a noi. Casomai la Terra di Mezzo va difesa dagli approcci semplicistici, dalle letture sbrigative e superficiali, che sono sempre state una iattura per Tolkien, ma anche dalla tentazione di chiuderla dentro un confine una volta per tutte, di trasformarla in una zona di comfort per eletti difensori dell’ortodossia tolkieniana, magari facendo di Tolkien un guru filosofico-spirituale. Bisogna essere capaci di mantenere aperto quel confine. Oggi il titolo Difendere la Terra di Mezzo, più che come una chiamata alle armi, a me suona come un riferimento manualistico, nel senso di “Curare la Terra di Mezzo”, prendersene cura.
A: Che cosa è cambiato nel tempo nelle varie edizioni del libro?
WM4: Dalla prima edizione del 2013 alla seconda del 2018 sostanzialmente era cambiata la copertina (in peggio), ed è stata aggiunta una seconda appendice. Questa nuova edizione con un nuovo editore invece ha subito una discreta risistemazione. Non solo ho migliorato alcune formulazioni, ma soprattutto ho aggiunto qua e là diverse cose e ne ho tolte altre, perché nel frattempo, trascorsi gli anni, molto è cambiato e c’era bisogno di aggiornamenti. Così come dovevano essere aggiornate tutte le citazioni dai testi di Tolkien che nel frattempo sono stati ritradotti. Ci sono poi cose che mi sono venute in mente o mi si sono meglio chiarite in questi dieci anni, discutendo con altri, e le ho quindi inserite nel testo. E ovviamente anche in questo caso c’è una nuova copertina. Nelle prime due edizioni in copertina c’erano spade e scudi. Si intendevano gli attrezzi per difendere la Terra di Mezzo. Ora, in questa edizione definitiva, in copertina c’è un Ent che avanza minaccioso. È la stessa Terra di Mezzo che si muove in propria difesa. Ai tolkieniani dovrebbe evocare le famose parole di Barbalbero: «È assai probabile che andiamo incontro alla nostra fine: l’ultima marcia degli Ent. Ma se restassimo a casa senza fare niente, la sorte giungerebbe comunque, prima o poi.» In questo caso il riferimento è alla nostra Terra, al mondo primario che stiamo uccidendo, del quale la Terra di Mezzo diventa una metafora. Parlerò proprio di questo il 2 settembre a Dozza, alle celebrazioni di Tolkien 50.
A: Sei uno dei saggisti tolkieniani più noti in Italia, hai scritto numerosi testi sul Professore, ma trovi sempre un nuovo spunto per raccontare questo autore così grande. Da dove nasce il tuo stimolo di ricerca?
WM4: Credo dal fatto che Tolkien è una miniera inesauribile. Non si finisce mai di scoprirlo. Quando credi d’averlo inquadrato, salta fuori un dettaglio che offre uno spunto di rilettura. Più volte in questi dieci anni ho frenato il mio interesse per Tolkien, convinto di avere dato quello che potevo dare. Ma dopo un po’, per qualche motivo, mi sono sempre trovato a riprenderlo in mano e a scovarci qualcosa di nuovo. A questo punto credo di dovermici rassegnare.
A: Ti è capitato in varie occasioni di essere coinvolto in dispute sulle riletture politiche dell’opera di Tolkien. Perché secondo te soprattutto in Italia Tolkien viene da sempre politicizzato?
WM4: Bisognerebbe chiederlo a quei politici italiani che nel corso dei decenni lo hanno sbandierato come fonte d’ispirazione politica, buon’ultima l’attuale presidente del consiglio. Per certi versi sarebbe solo auspicabile che i politici, di qualunque colorazione, leggessero Tolkien. Magari per trovarci qualche spunto di riflessione critica sull’attuale modello di sviluppo, che invece si accaniscono a difendere con le unghie e con i denti, oppure sulla corruzione morale indotta dall’esercizio del potere, al quale però paiono affezionatissimi. Francamente, al di là delle dichiarazioni e degli slogan, mi pare che le fonti d’ispirazione della nostra classe politica non siano proprio letterarie, per così dire. Io credo che gli studi tolkieniani abbiano tutto da perdere nel lasciarsi mettere il cappello in testa da costoro. Ma si sa che l’Anello della Visibilità è forte e più di uno ne rimarrà irretito.
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LINK ESTERNI:
– Vai al sito dell’Wu Ming Foundation
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