Con il volume Il Ritorno dell’Ombra (The Return of the Shadow), in libreria da maggio 2024 per i tipi di Bompiani, l’edizione italiana della Storia della Terra di Mezzo, corpus degli scritti postumi di J.R.R. Tolkien curato da Christopher Tolkien nella sua quadruplice veste di figlio, filologo, membro degli Inklings ed esecutore testamentario delle volontà paterne, tocca contemporaneamente due traguardi. Il primo è il completamento della metà del percorso – componendosi la Storia, com’è noto, di dodici volumi – mentre il secondo è l’avvio di un nuovo “ciclo interno” all’opera nel suo insieme. Dopo i primi due volumi, che raccolgono gli scritti giovanili conosciuti come Racconti Perduti, il terzo che presenta i due grandi poemi epici incentrati sui Figli di Húrin e Beren e Lúthien, e il quarto e il quinto, dove troviamo la prima evoluzione dei Racconti Perduti nel Silmarillion vero e proprio, oltre ad alcuni fondamentali scritti linguistici quali il “Lhammas” e le “Etimologie”, inizia infatti con il sesto volume la sezione dell’opera che è stata denominata “La Storia del Signore degli Anelli”.
La Storia del Signore degli Anelli
Questa “Storia nella Storia” comprende, oltre al sesto volume, anche il settimo (The Treason of Isengard), l’ottavo (The War of the Ring) e una parte del nono (Sauron Defeated). Ad enfatizzarne la natura organica e la coesione interna l’editore HarperCollins ne ha col tempo reso disponibile anche un’edizione a sé stante, in cofanetto, il cui quarto volume, dal titolo The End of the Third Age, corrisponde alla prima sezione del nono originario.
“La Storia del Signore degli Anelli”, come si può immaginare, mostra l’evoluzione del romanzo fase dopo fase e stesura dopo stesura. Per esemplificare meglio il concetto basterà dire che questo primo volume presenta ben sei versioni della “festa attesa a lungo”, dai cambiamenti nelle quali si possono ben notare le difficoltà incontrate da Tolkien, specie all’inizio, nel dare al romanzo un’impostazione stabile e per lui soddisfacente. Da improbabili e piuttosto infantili inizi in cui Bilbo annuncia ai concittadini hobbit l’intenzione di partire per… prendere moglie (prima versione) o addirittura la prende sul serio, cresce per 39 anni un figlio, Bingo, che sostiene il ruolo che sarà infine di Frodo, e infine parte con lei (terza versione), la storia inizia infatti ad assumere davvero una forma solo quando l’autore concepisce i Cavalieri Neri, dando alla narrazione quella che oggi definiremmo una svolta dark e rendendola così considerevolmente più adulta. Va detto, tuttavia, che gli stessi Cavalieri Neri non avevano all’inizio una natura ben definita, come provato da un appunto ove si ipotizza addirittura che siano “Esseri dei Tumuli a cavallo”.
Trotter
Entrando più nel dettaglio, è particolarmente interessante l’introduzione, nel capitolo VIII, del personaggio di “Trotter”, “proto-Aragorn”, o meglio “proto-Passolungo” che, per quanto presenti già molti degli elementi narrativi e caratteriali che si cristallizzeranno poi nella vicenda e nel personaggio definitivi, è inizialmente qualcosa di completamente diverso, una figura di statura minore – in tutti i sensi, trattandosi di uno Hobbit – dal passato più tragico che glorioso e dal futuro che, per quanto rimastoci ignoto a causa dei successivi cambiamenti, si lascia immaginare in questa fase come quanto meno incerto. L’enorme differenza tra “Trotter” e Passolungo richiama alla mente la Lettera 163 a W.H. Auden, nella quale Tolkien, a romanzo pubblicato, scriveva all’amico ed estimatore: “Passolungo seduto in un angolo della locanda fu una sorpresa, e non avevo idea di chi fosse più di quanta ne avesse Frodo”. Alla luce del Ritorno dell’Ombra sappiamo ora che dove è scritto “Passolungo” bisogna leggere “Trotter”, e che effettivamente Tolkien “non aveva idea di chi fosse” e ci mise un po’ prima di farsela. “Trotter” non è una figura incolore, per nulla, e anche lui è circondato da un mistero, ma siamo ben lontani dalla profondità che in seguito caratterizzerà Passolungo/Aragorn, le cui radici, come sappiamo, affondano nel remoto passato fino a giungere alla Seconda Era. Mi permetto qui di passaggio una piccola critica alla traduzione di “Trotter” con “Passolesto”, in quanto, sebbene corretta, da un lato perde l’importante relazione onomatopeica del nome con il rumore prodotto dagli zoccoli di legno che caratterizzano il personaggio – “E ha le scarpe!” dice di lui il futuro Frodo per sottolinearne la peculiarità per uno hobbit – e dall’altro allude in modo troppo diretto al futuro “Passolungo”, cosa che trovo non del tutto opportuna viste le profonde differenze fra i due personaggi.
Tom Bombadil e Il Fattore Maggot
Una piccola perla che troviamo nel volume riguarda Tom Bombadil, che in un passaggio successivamente tagliato si autodefinisce “un Aborigeno” e, immediatamente dopo, “l’Aborigeno di questa terra”. Se mantenuta, tale netta affermazione avrebbe forse eliminato alla radice la vexata quaestio del “chi è Tom Bombadil?”, tagliando le gambe a tutti i tentativi di “incastrarlo” a forza nella Terra di Mezzo “classificandolo” come Maia, alter ego di Eru e via cantando; purtroppo fu tolta, ma almeno lascia attestato che Tolkien, in origine, vedeva inequivocabilmente il buon vecchio Tom come un abitante della Terra di Mezzo “non venuto da fuori”. La figura del “genius loci” si affaccia alla mente, non certo per la prima volta. Un altro aspetto interessante, se non addirittura sorprendente, riguarda il personaggio del Fattore Maggot, che in una versione scartata non solo non è uno Hobbit ma una creatura diversa e non ben specificata, di cui addirittura Tom Bombadil dice “siamo parenti […] alla lontana”, e in un’altra è un personaggio violento che si accompagna a dei cani feroci e, nel famoso incontro in cui Bingo, il futuro Frodo, cerca di sgraffignargli dei funghi lo apostrofa con un torvo “T’ammazzerei adesso […] non fossi il nipote del signor Rory”, cipiglio difficilmente conciliabile con il bonario, rustico hobbit dell’opera compiuta.
Un onesto avvertimento
Prima di concludere, è giusto dare agli interessati alla lettura un onesto avvertimento: Il Ritorno dell’Ombra offre un’esperienza decisamente diversa da quella dei primi cinque volumi. Se infatti fino ad ora la Storia della Terra di Mezzo aveva parimenti soddisfatto sia il desiderio di conoscenza – tramite gli inediti e gli scritti linguistici – sia il “senso del meraviglioso” – tramite le versioni alquanto diverse dei miti fondativi, per quanto in costanza del quadro generale – è bene essere consapevoli che da qui e per un po’ a fare la parte del leone sarà la conoscenza. Questo non vuol dire che Il Ritorno dell’Ombra o “La Storia del Signore degli Anelli” in generale manchino di magia, tutt’altro, ma è giusto sottolineare che in questi volumi la componente “accademica” pesa maggiormente. Il Ritorno dell’Ombra è un tesoro inestimabile, ma è bene che il lettore sia preparato ad affrontare la mole di dettagli che Christopher analizza con l’ormai ben nota pignoleria nelle sue note, come ad esempio la girandola di hobbit dai nomi diversi che si alternano e si scambiano vertiginosamente parti e battute nel ruolo di compagni di viaggio di Bingo, il futuro Frodo.
I traduttori e il ruolo dell’AIST
La traduzione del Ritorno dell’Ombra, come quella dei due volumi precedenti, è di Stefano Giorgianni ed Edoardo Rialti, che oltre alle normali difficoltà presentate dalla traduzione di un’opera originale hanno dovuto confrontarsi, in questo caso, con l’ulteriore ingrata necessita di armonizzare la traduzione ex novo delle versioni precedenti dei testi con quella di Ottavio Fatica degli stessi testi compiuti, sforzandosi, per quanto possibile, di mantenere la corrispondenza dei singoli passaggi rimasti immutati. Quanto alla cura redazionale, prosegue, come fin dal primo volume, l’attività del team AIST composto da Roberto Arduini, Giampaolo Canzonieri, Barbara Sanguineti, Norbert Spina e Claudio Antonio Testi.
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LINK ESTERNI:
– Vai al sito di Bompiani
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Ho una domanda: LO HOBBIT ILLUSTRATO DALL’AUTORE J. R. R. Tolkien
Bompiani, in uscita 2024 avrà la traduzione datata 2012?