Un duro monito è giunto da George RR Martin – il famoso scrittore statunitense della saga delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, e notoriamente lettore attento e appassionato di J.R.R. Tolkien – agli showrunner della serie tv di Amazon Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere. L’avvertimento è in linea con il pensiero dello scrittore, ma anche con quello dello scrittore inglese Neil Gaiman e perfino con quello che scriveva Tolkien! Vediamo come.
Non si può ignorare il canone
In un nuovo post sul blog, Martin ha parlato dei draghi di Game of Thrones e li ha confrontati e contrapposti ad altri draghi, come Smaug di Tolkien e Verimthrax Pejorative in Dragonslayer (in italiano chiamato Verimthrax Pejor) e Sdentato in Dragon Trainer, tra gli altri. «I draghi di Tolkien sono sempre stati malvagi, servitori di Morgoth e Sauron. Erano simili ai suoi orchi e troll. Tolkien non ha creato draghi amichevoli. I suoi draghi sono intelligenti, però. Smaug parla con arguzia. Ha anche un’enorme tesoro d’oro e gioielli, un tratto molto tradizionale dei draghi… e dorme sul suo tesoro, per mesi e anni alla volta. Prima di Smaug di Peter Jackson, il miglior drago mai visto su pellicola era Vermithrax Pejorative in Dragonslayer . Due zampe e due ali, pericoloso, sputafuoco, vola, non parla, non accumula oro. Un’ispirazione per tutti gli amanti dei draghi». «Nelle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco ho deciso di fondere la meraviglia del fantasy epico con la grinta della migliore narrativa storica. C’è magia nel mio mondo, sì… ma molto meno di quanta se ne trovi nella maggior parte dei fantasy. (Anche la Terra di Mezzo di Tolkien era relativamente poco magica, e ho preso spunto dal maestro). Volevo che Westeros sembrasse reale, che evocasse le Crociate, la Guerra dei Cent’anni e la Guerra delle Due Rose tanto quanto fece Tolkien con i suoi hobbit e gli anelli magici».
Dopo aver spiegato molto in dettaglio come gli adattamenti della serie tv tratta dai suoi libri abbiano sbagliato l’araldica dei Targaryen includendo draghi con quattro arti anziché due, Martin ha affermato: «E solo due zampe; le ali sono le zampe anteriori. I draghi a quattro zampe esistono solo nell’araldica. Nessun animale che sia mai vissuto sulla Terra ha sei arti. Gli uccelli hanno due zampe e due ali, i pipistrelli lo stesso, idem gli pteranodonti e altri dinosauri volanti, ecc.». Poi, la chiosa finale, lapidaria: «Il fantasy ha bisogno di essere ben radicato. Non è semplicemente una licenza per fare tutto ciò che si vuole. Smaug e Sdentato possono essere entrambi draghi, ma non dovrebbero mai essere confusi. Ignora il canone e il mondo che hai creato si sgretola come carta velina».
Non è la prima volta di Martin
Questi commenti arrivano circa un mese dopo che Martin aveva criticato duramente gli sceneggiatori e i produttori di Hollywood per aver creduto di poter “migliorare” il materiale originale di autori di spicco come Ian Fleming, Stan Lee, e appunto J.R.R. Tolkien quando avevano tentato di adattare le loro storie al cinema o alla televisione. Lo scrittore Usa aveva scritto sul suo blog: «Ovunque guardi, ci sono più sceneggiatori e produttori desiderosi di prendere grandi storie e “farle proprie”. Non sembra importare se il materiale di partenza è stato scritto da Stan Lee, Charles Dickens, Ian Fleming, Roald Dahl, Ursula K. Le Guin, JRR Tolkien, Mark Twain, Raymond Chandler, Jane Austen o… beh, chiunque. Non importa quanto sia importante uno scrittore, non importa quanto sia bello il libro, sembra sempre esserci qualcuno a portata di mano che pensa di poter fare di meglio, desideroso di prendere la storia e “migliorarla”». Ha continuato scrivendo che la risposta tipica degli sceneggiatori di questo tipo è la solita: «“Il libro è il libro, il film è il film”, ti diranno, come se stessero dicendo qualcosa di profondo. Poi fanno propria la storia. Non la migliorano mai, però. Novecento novantanove volte su mille, la peggiorano». Tuttavia, aveva notato che a volte ci riescono davvero, come ha elogiato il recente adattamento di Shogun di FX: «Ogni tanto, però, ci capita di avere un adattamento davvero buono di un libro davvero buono, e quando succede, merita un applauso. Mi sono imbattuto in uno di quei casi di recente, quando ho fatto una scorpacciata della nuova versione di Shogun di FX». In seguito ha elogiato sempre questa serie: «Penso che l’autore sarebbe stato contento. Sia i vecchi che i nuovi sceneggiatori hanno reso onore al materiale originale e ci hanno dato degli adattamenti formidabili, resistendo all’impulso di “farlo loro”».
Martin ha fatto commenti simili nel 2022 insieme al romanziere Neil Gaiman. I due avevano parlato dell’argomento durante un’apparizione al Symphony Space di New York City. Come riportato da Variety, Martin ha chiesto retoricamente: «Quanto fedele devi essere? Alcune persone non ritengono di dover essere fedeli per niente. C’è questa frase che gira: “Lo farò mio”. Odio quella frase. E penso che probabilmente anche Neil la odi». E Gaiman rispose: «Sì, lo faccio. Ho passato 30 anni a guardare le persone fare proprio Sandman. E alcune di queste persone non avevano nemmeno letto Sandman per farlo proprio, avevano solo sfogliato qualche fumetto o qualcosa del genere». Martin ha poi spiegato un po’ meglio: «Ci sono cambiamenti che devi apportare, o che sei chiamato a apportare, che ritengo legittimi. E ce ne sono altri che non lo sono». Ethan Shanfeld di Variety racconta poi che Martin ha ricordato che Roger Zelazny ha adattato un proprio racconto L’ultimo difensore di Camelot (The Last Defender of Camelot) – in un episodio della serie tv Ai confini della Realtà (The Twilight Zone), «a causa di vincoli di budget, è stato costretto a scegliere tra avere cavalli o un elaborato set in stile Stonehenge per una scena di battaglia». Martin non voleva prendere la decisione, quindi ha lasciato la decisione a Zelazny che ha scelto di tagliare i cavalli. Martin ha spiegato: «Quello, secondo me, è il genere di cose che sei chiamato a fare a Hollywood che è legittimo». Ha anche notato che questo è il motivo per cui il Trono di Spade non è raffigurato nella serie come è scritto nei libri: «Perché il Trono di Spade in Game of Thrones non è il Trono di Spade come descritto nei libri? Perché non è alto 4 metri e mezzo e fatto di 10.000 spade? Perché il soffitto del nostro palcoscenico non era alto 4 metri e mezzo!!! Non potevamo starci dentro, e non erano disposti a darci la Cattedrale di St. Paul o l’Abbazia di Westminster per girare il nostro piccolo spettacolo televisivo…».
L’opinione di Tolkien
I commenti più recenti di Martin riecheggiano quanto scritto da Tolkien nel suo saggio Sulle Fiabe (On Fairy Stories). Tolkien ha spiegato in dettaglio che un creatore di storie dimostra di essere un sub-creatore di successo quando «costruisce un Mondo Secondario in cui la mente del fruitore può entrare. All’interno di tale mondo, ciò che egli riferisce è “vero”, nel senso che concorda con le leggi che vi vigono. Di conseguenza ci si crede, mentre vi si è, per così dire, dentro» (pp. 50-51). Tuttavia, Tolkien aggiunge: «Nel momento stesso in cui l’incredulità si manifesta, l’incantesimo è rotto; la magia, anzi l’arte, ha fatto fiasco. E rieccoci allora nel Mondo Primario, a guardare dall’esterno il piccolo, abortito Mondo Secondario. Se si è obbligati, per cortesia o dalle circostanze, a rimanervi, l’incredulità deve essere sospesa (o repressa), altrimenti ascoltare e guardare diverrebbero intollerabili. Ma tale sospensione dell’incredulità è un sostituto della genuinità, un sotterfugio cui facciamo ricorso quando ci prestiamo condiscendenti a giochi o finzioni, o quando ci sforziamo, più o meno volentieri, di trovare quel po’ di valido che è possibile reperire in un’opera d’arte ai nostri occhi mancata» (p. 51).
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