«Al di sopra del Marese, della Valle dell’Acqua, dei Monti Brumosi, del Bosco d’Oro,
della Montagna Solitaria, delle nubi, dei mari, al di là del Fuoco Dorato, della Rete di Stelle
e dei confini delle Cerchie del mondo…».
Il fenomeno della fan fiction, la produzione diffusa di testi narrativi derivata da opere letterarie, serie televisive, saghe cinematografiche o fumetti di successo, rappresenta una tra le manifestazioni più interessanti nel mondo delle culture digitali. In realtà, la fan fiction precede la cultura digitale. Ma l’incontro tra le comunità di cultori e fan (fandom), con le loro pratiche di scrittura, e internet ha innescato una sinergia virtuosa. In virtù delle sue caratteristiche, internet esalta il principio d’espansione alla base della fan fiction e si propone come luogo di sperimentazione di tecniche narrative fondate sull’idea di una testualità fluida e aperta. In realtà, molte tradizioni letterarie nelle loro fasi iniziali mostrano i caratteri tipici di questo genere di «letterature amatoriali». Si pensi alle modalità con cui nacquero e si svilupparono i corpus di opere della materia epico-cavalleresca o amorosa, tra oralità e scrittura, dalle quali scaturirono le letteratura nazionali europee: riferimento a un orizzonte di eventi e di caratteri prefissati, natura popolare e funzione d’intrattenimento, mancanza di un autore definito, legame con le aspettative e i gusti dei suoi fruitori. Ma caratteri simili hanno anche le rappresentazioni sacre di epoca tardo-medievale e poi la commedia dell’arte; o la nascita e diffusione del romanzo di genere nel corso del XVII secolo, che vide in tutta Europa una vera e propria esplosione di produzione e di pubblicazioni; e ancora, con caratteri ormai moderni, il fenomeno del romanzo d’appendice ottocentesco. Si può dunque dire che il fenomeno post-moderno della letteratura dei fan mostra alcuni dei processi di formazione tipici del discorso letterario in generale.
La teoria dei mondi possibili
Ad essa si può applicare la teoria dei mondi possibili finzionali elaborata da Umberto Eco in Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi (Bompiani 1979, pp. 113 e segg.). Come propone Eco, ogni testo è una macchina che prevede la cooperazione interpretativa attiva del suo destinatario: «Il testo è […] intessuto di spazi bianchi, di interstizi da riempire, e chi lo ha emesso prevedeva che essi fossero riempiti e li ha lasciati bianchi per due ragioni. Anzitutto perché un testo è un meccanismo pigro (o economico) che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal destinatario (…) E in secondo luogo perché, via via che passa dalla funzione didascalica a quella estetica, un testo vuole lasciare al lettore l’iniziativa interpretativa, anche se di solito desidera essere interpretato con un margine sufficiente di univocità. Un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare» (p. 52). Dal gioco tra il mondo finzionale in costruzione e quello originario della propria fonte scaturisce la complessità del significato della riscrittura, significato che, se pure è arricchito dal recupero del nascosto, tuttavia non ne è asservito. In altri termini, se una fan fiction attiva la «nascosta enciclopedia finzionale» del romanzo-fonte (dall’ambientazione ai personaggi originali: è «l’ammobiliamento del mondo possibile finzionale», come lo chiama Eco), tuttavia non ha il dovere di procedere con un contesto e dei personaggi identici a quelli presupposti. Dunque, anche se le proprietà dei personaggi cambiassero, come spesso accade, l’importante è che tali nuovi mondi siano coerenti e non diano vita a mondi finzionali impossibili, tali da essere contraddittori. La riscrittura è come una sfida lanciata alle opere canoniche, che porta il prodotto dell’invenzione, la fan fiction appunto, non a cancellare o a invalidare il proprio canone, ma ad arricchirlo, a espanderne i confini, a «prendere posto accanto al protomondo canonico» con la speranza, perché no, di entrare «a sua volta nel canone». Le fan fiction, frutto dunque di invenzione, sono propriamente atti linguistici performativi, ovvero, atti che, date determinate condizioni di felicità, come le chiamava Austin (cfr. Come fare cose con le parole, Marietti – Genova, 1987), servono a compiere azioni. Anche Roland Barthes (cfr. Il brusio della lingua. Saggi critici IV, Einaudi – Torino, 1988) aveva colto il carattere performativo della letteratura nel senso che l’atto di scrivere non può esaurirsi alle funzioni della registrazione, della rappresentazione o della constatazione. Nello specifico, il testo finzionale è un testo capace di creare (o di distruggere) mondi che non dipendono dalla verità o falsità dei suoi enunciati discorsivi.
Il canone
Non è un caso che un elemento centrale nell’esperienza della fan fiction è il cosiddetto canone. In generale possiamo dire che tali scritture nascono sotto la spinta di un processo dialettico poiché, se la loro produzione si muove secondo il principio dell’espansione, la costruzione di ogni nuovo testo (e in particolare di quelli diffusi online) implica un lavoro continuo di negoziazione con limiti e regole. Se l’autore/fan, nel momento di scegliere un originale, opta per un testo che percepisce come potenzialmente espandibile, è innegabile che tale materiale definisca un insieme di vincoli con cui il processo di ri-scrittura deve misurarsi. Il testo derivato deve in altri termini tenere conto dell’«ammobiliamento» (per dirla con Eco) e delle regole del mondo finzionale di partenza, rispettando una serie di criteri di accessibilità tra questo e il nuovo mondo derivato. L’idea di canone emerge per la prima volta tra gli appassionati di Sherlock Holmes con l’intento di distinguere le opere originali di Conan Doyle da tutte quelle di imitatori fiorite sulle sue ambientazioni e sui suoi personaggi. Il canone dunque definisce l’insieme del materiale-fonte, riconosciuto come autentico e conosciuto, interpretato e valutato allo stesso modo da tutta la comunità. Un comune patrimonio culturale di sfondo, proprio come lo sono stati i racconti mitologici e quelli popolari. Il canone si presenta dunque come un universo di eventi, personaggi, fatti definiti dall’autore e riconosciuti come ufficiali; in quanto tali definiscono il background narrativo condiviso da tutti i componenti del fandom, siano essi scrittori o lettori. Il canone può essere chiuso (statico) o aperto (in evoluzione), a seconda che sia ancora possibile o no per l’autore originale espanderlo o che esistano eventuali opere ancora in fase di compimento, come una fiction televisiva oppure una saga romanzesca a più capitoli. Caso emblematico è la saga di Harry Potter. Nel mondo delle fan fiction su HP si tende a suddividere il canone in sottocanoni legati alle ambientazioni Pre-OOP o Post-OOP (ovvero prima o dopo la pubblicazione dell’Ordine della Fenice); Post-HBP (dopo l’uscita del Principe Mezzosangue) e Post-DH (dopo la pubblicazione dell’ultimo libro, I doni della Morte). In questo modo chiunque sa esattamente su quali informazioni si basa una certa fan fiction senza correre il rischio di violarne il canone. In ogni caso tutto quello che rientra nel canone è suscettibile di verifica da parte dei membri della comunità fandom. Per questo la sua definizione potrebbe essere oggetto di evoluzioni. Gli autori originali, se in vita, possono sempre intervenire a precisare dettagli, a spiegare antefatti o a definire caratteri ed atteggiamenti, e ognuno di questi «extra» potrebbe diventare un elemento del canone. Film o adattamenti televisivi (che abbiano suscitato l’approvazione del fandom) possono condizionare in modo determinante il canone (e l’ispirazione dell’autore fan) nella misura in cui danno volti, suoni e forme a quello che il testo lasciava non detto.
Nei limiti
I notevoli sforzi compiuti dai membri di una comunità per garantire la condivisione del canone a tutti i suoi membri provano quanto sia importante la sua conoscenza. Internet ha enormemente esteso questa possibilità. La funzione regolativa del canone nelle comunità di fan richiama dunque la nozione di enciclopedia nell’accezione semiotica di Eco: repertorio condiviso di conoscenze comuni che consentono al lettore di interpretare un testo ricostruendo i significati impliciti attraverso la semiosi. Scrivere nei limiti di un universo finzionale predeterminato può costituire un limite, ma è al tempo stesso una opportunità creativa. Un limite nella misura in cui chi non ne possiede gli strumenti si chiude alla relazione e allo scambio con gli altri testi su di esso costruiti. Ma è anche un’opportunità perché grazie al canone l’autore fan può allestire un continuo gioco di allusioni e di riferimenti, anche ironici, al materiale canonico che dovrebbero consentire al lettore di aprire dei confronti, di vedere e guardare con la stessa innovativa luce con cui l’autore sta illuminando la propria fonte. Il lettore può a sua volta liberare la propria creatività, ricostruendo il mondo finzionale dove sta viaggiando grazie all’enciclopedia finzionale del canone con cui egli si è orientato. L’allusione dell’autore a quanto il lettore conosce, attraverso la condivisione del canone, ma che invece i personaggi non possiedono nella loro enciclopedia finzionale, è uno strumento narrativo usato per produrre effetti ironici o emotivi. Ad esempio, nel Signore degli Anelli la morte apparente dello stregone Gandalf, getta lo sconforto sulla compagnia di eroi. Il lettore che conosce il mondo finzionale di Tolkien sa che Gandalf è invece solo temporaneamente scomparso, impegnato in un terribile scontro con il Balrog, da cui ritornerà vincente e rinforzato, pronto a dare un apporto determinante per la vittoria finale. Tutte le fiction derivate il cui intreccio inizia in un momento precedente al ritorno dello stregone, accentueranno questo elemento emozionale e giocheranno sulle conseguenze del contrasto tra ciò che il lettore già conosce e quello che invece i personaggi non possono ancora sapere. Il ricorso alle conoscenze condivise è un meccanismo che gli scrittori hanno sempre utilizzato e che appartiene in modo ancora più esteso al linguaggio cinematografico e televisivo. Si pensi a quanto questo espediente è usato nello Hobbit di Peter Jackson con il ricorso alla falena, alle musiche, ad alcune frasi e azioni che richiamano continuamente alla prima trilogia del Signore degli Anelli. Nelle fan fiction vi si ricorre in maniera sistematica, anche perché il pubblico cui esse possono rivolgersi è di gran lunga più ristretta e più facilmente controllabile.
Le sfide: what if, crossover, missing scenes
Il canone rappresenta la forza della restrizione, ma deve convivere con le tendenze che favoriscono l’espansione dei mondi finzionali canonici. Tale tendenza è particolarmente evidente nelle fiction basate su universi alternativi sono storie che hanno come centro focale la contraddizione del canone (e sono diffusi anche in fumetti, libri, cartoni animati e videogiochi). Del resto, «far finta che» o «fare come se» sono le motivazioni più immediate della scrittura dei fan. Esplorare le reazioni dei personaggi alla luce di un evento differente rispetto alla catena di eventi originale (le cosiddette «what if»), incrociare due o più canoni facendo in modo che i personaggi dell’uno si ritrovino proiettati a interagire nell’universo dell’altro (come accade nei «crossover»). Secondo l’analisi di Henry Jenkins, fan fiction di questo tipo potrebbero rispondere a una volontà di protesta verso gli sviluppi che autori e produttori hanno imposto ai testi originali. Un esempio concreto, quindi dell’attivismo dei fan cui Jenkins è particolarmente affezionato. Nella maggior parte dei casi, le finalità con cui vengono costruiti tali «universi devianti» sono umoristiche o parodistiche. Ma in alcuni casi questo procedimento si traduce in uno strumento capace di liberare un personaggio dal controllo del suo autore. La contaminazione dei personaggi e delle ambientazioni si può dunque leggere come una conseguenza diretta della volontà di creare nuovi territori. Molto comuni sono anche le procedure classiche dei «prequel», dei «sequel» o delle «missing scenes», scene che nello sviluppo narrativo del romanzo (o di un film) avrebbero dovuto accadere o sono di fatto accadute, ma che non hanno ricevuto una scena esplicita. Per Jane Austen, ad esempio, le missing scenes sono molto comuni poiché riguardano le situazioni fortemente emotive che l’autrice preferisce solo accennare o lasciare al resoconto indiretto. In Orgoglio e Pregiudizio, l’unica proposta di matrimonio a cui i lettori assistono «in diretta», sentendo le voci di entrambi i protagonisti, è quella di Mister Collins a Elizabeth. In generale, queste ellissi nelle opere originali aprono una sorta di sospensione narrativa, di parentesi che induce il processo di riscrittura e che, nel caso degli scrittori fan più rispettosi del canone, rappresenta una immediata fonte d’ispirazione. Per restare a Jane Austen, è ovvio che il riempimento di queste lacune con fan fiction piene di scene romantiche aggiunga ben poco al testo originale (come peraltro la stessa scrittrice aveva intuito). Tuttavia il meccanismo è comunque in grado di portare a soluzioni creative, soprattutto se la scelta ricade su personaggi secondari.
Vediamo ora cosa accade se l’ispirazione è Tolkien.
LA FAN FICTION:
– Introduzione: Fan fiction, l’arte di seguire Tolkien
– Parte 1: Fan fiction, il canone e le sue sfide
– Parte 2: Se l’ispirazione è Tolkien
ARTICOLI PRECEDENTI:
– L’Ultimo portatore dell’Anello: il contrattacco di Mordor
– L’Ultimo portatore dell’Anello: parla l’autore
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