Qual è la differenza tra fantasia e realtà? Il pericolo di confonderli è sempre presente. La nostra vita oscilla tra questi due poli, tra i nostri doveri e i nostri desideri, tra quel che vorremo e quel che otteniamo. Un confine labile per un equilibrio fragile, che non deve essere rotto, altrimenti si rischia l’alienazione, il rimanere prigionieri dei nostri sogni perdendo ogni contatto con la realtà che ci circonda. Può essere questo il cuore di Tolkien’s Road (“La via di Tolkien”), fan film appena diffuso in internet, frutto di un progetto studentesco statunitense durato due anni che ha coinvolto anche noti attori. Il progetto è si è concluso con successo quest’estate.
La sceneggiatura di ben 33 pagine si è tradotta sullo schermo in un fan film di poco più di 35 minuti. E da domenica 9 novembre 2014 è visibile gratuitamente su Youtube mentre per il prossimo fine settimana saranno aggiunti anche i sottotitoli in spagnolo e portoghese. A fondo pagina si possono vedere il film, il trailer e la fotogallery realizzata durante le riprese.
Prima dello Hobbit
Il fan film è nato nel 2012 dall’idea di Nye Green, giovane regista di Los Angeles che ha voluto raccontare una parte della vita di Tolkien, gli anni che precedono la composizione del suo primo romanzo, Lo Hobbit. Il regista è stato coadiuvato da un folto gruppo di attori, tra cui un bravissimo Peter Donald Badalamenti, già presente in film a Hollywood come I Pirati dei Caraibi e Lo strano caso di Benjamin Button, e Casey E. Lewis noto attore teatrale qui nei panni del professore di Oxford. Nonostante la raccolta fondi su internet, lanciata dal luglio 2013 al gennaio 2014, abbia raccolto soltanto 4mila dei 15mila dollari necessari per girare il film, la troup è andata avanti ed è riuscita a sostenere tutte le spese. La storia è ambientata soprattuto a Oxford nel 1929, quando Tolkien è un professore di Filologia anglosassone al Pembroke College e frequenta, tra gli altri, C.S. Lewis che insegnava Letteratura inglese al Magdalen College. I due buoni amici fanno spesso lunghe passeggiati nei giardini della città universitaria. Nessuno dei due ha mai pubblicato un romanzo, ma entrambi hanno scritto poesie e racconti e si interrogano sulla validità letteraria dei propri scritti. Entrambi però hanno combattuto in guerra. Il viaggio di Tolkien per scrivere il suo primo libro deve ancora cominciare, ma prima che possa portare in vita il mondo della Terra di Mezzo, il professore deve superare il trauma dell’esperienza bellica nella Prima Guerra Mondiale e trovare di nuovo la sua voce. Per ora, il professore è soprattutto un reduce, attanagliato dagli incubi e dai fantasmi dei moltissimi amici persi in guerra, tra cui tre membri del TCBS (Tea Club and Barrovian Society), il circolo di amici di scuola che speravano di raggiungere la grandezza pubblicando poesia e narrativa. Soprattutto Rob Gilson, grande amico della famiglia Tolkien, Thomas Kenneth Barnsley e Geoffrey Bache Smith, altro suo amico intimo e guida del gruppo letterario. Ecco il punto: Tolkien è in un vicolo cieco (anche letteralmente) e rischia di perdersi in un mondo in cui i personaggi della sua fantasia si mischiano ai drammatici ricordi del passato e non gli permettono più di scrivere…
Un’opera filologica
Nye Green ha scritto la sceneggiatura del fan film e dimostra di conoscere benissimo l’autore del Signore degli Anelli e la saggistica su di lui. Per questo, il regista coglie Tolkien in un momento cruciale della sua vita. «Sono tutti morti! Tom, Rob, Jeff sono morti e ancora mi sto chiedendo il perché…», dice Tolkien in uno nei momenti più drammatici del film, «Dovevamo fare cose ancora grandi cose insieme, avevamo così tanti progetti. Non so cosa potrò fare io». La risposta giunge niente meno da Gandalf (o meglio, da uno “stregone” generico, come definito nei titoli di coda per evitare problemi di copyright): «Mio caro amico, puoi continuare a vivere. Tutto quel che soltanto possiamo decidere è cosa vogliamo fare con il tempo che ci viene concesso. Forse dovresti smettere di pensare alle cose che dovresti fare e iniziare a pensare a quelle che tu vorrai fare». Oltre a Gandalf, il professore dialoga anche con un Hobbit che assomiglia tanto a Bilbo Baggins e con un ranger che ricorda tanto Aragorn (sempre per via del copyright) e tutti lo salvano forse dall’alienazione. Ma anche gli amici morti lo spingono verso il suo destino di scrittore. In una scena del film, Tolkien rilegge una vecchia lettera, quella datata 3 febbraio 1916 che il suo caro amico G.B. Smith gli aveva scritto mentre erano entrambi al fronte: «Mio caro John Ronald, pubblica a ogni costo. […] la mia massima consolazione, se stanotte dovessero colpirmi – sarò fuori di servizio fra pochi minuti – è che ci sarà ancora un membro del grande TCBS a dar voce a quello che sognavo e a ciò in cui tutti noi credevamo. La morte di uno dei suoi membri non potrà, ne sono assolutamente convinto, dissolvere il TCBS […] La morte può renderci nauseanti e inermi come individui, ma non può porre fine ai quattro immortali! […] Dio ti benedica, mio caro John Ronald, e possa tu dire le cose che per tanto tempo ho cercato di dire dopo che io non sarò più qui per farlo, se questo è il mio destino». Il brano è riportato solo in Tolkien e la Grande Guerra di John Garth (Marietti – 2003, p. 163) e dimostra come Nye Green abbia veramente colto anche il messaggio dello studio: l’esperienza bellica fu cruciale per lo scrittore. E soltanto superando questo momento Tolkien potrà sbloccare la sua penna e viaggiare nella Terra di Mezzo. Perché la fantasia, come scrive nel suo saggio Sulle Fiabe (pp. 78-79), ha il pregio di donare il ristoro, cioè il ritorno e il rinnovamento della salute, che per il Professore di Oxford consiste nel ritrovare una visione chiara della realtà, nel «vedere le cose come siamo destinati a vederle». Deve essere proprio questa “la via di Tolkien” nella vita.
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Bello il film, bella la sceneggiatura e complimenti al regista che ha fatto vedere un Tolkien sconosciuto ai molti.