Bilbo Baggins è giunto in Italia. Martin Freeman, l’attore che lo ha interpretato nell’ultima trilogia di Peter Jackson, ha partecipato al 45esimo Festival di Giffoni, la rassegna del cinema per i ragazzi di Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno. E il viaggio è stata l’occasione per passare qualche giorno nella Costiera Amalfitana assieme alla moglie Amanda Abbington, sua compagna dal 2000 e ai due figli Joe (nato nel 2006) e Grace (nata nel 2008). Apprezzato per il personaggio nei tre adattamenti dello Hobbit, Freeman è stato pluripremiato anche per le sue interpretazioni in Fargo e Sherlock, conquistando nel 2010 l’Emmy Award e il Premio BAFTA come “miglior attore non protagonista” (per Sherlock) e le nomination ai Golden Globes 2015 e agli Emmy Awards 2014 come “miglior attore non protagonista in una miniserie o film per la televisione’”(per Fargo).
Una giornata con Bilbo
Durante il festival, i momenti più intensi sono stati quelli delle domande del pubblico, che spaziavano su tutti i suoi film e personaggi, anche quelli su cui si vocifera. Martin Freeman è approdato al Giffoni Experience concedendosi all’abbraccio del giovane pubblico senza però rinunciare alla sua ironia caustica molto british. In seguito, c’è stato un momento d’emozione durante il Meet & Greet, una ragazza del pubblico si è presentata vestita da Bilbo è salita sul palco, gli ha stretto la mano e gli ha dato un regalo. Nel lungo “question time” l’attore inglese ha ostentato l’abilità di restare in equilibrio neutrale su qualsiasi argomento e ricorrendo anche alla battuta pur di non sbilanciarsi. «Ciao» e «grazie» sono state le parole in italiano con cui, più spesso, l’attore si è rivolto ai ragazzi, dispensando ringraziamenti e sorrisi. Ma i giovani “giurati” (ben 3.600 da 50 Paesi), l’hanno scorticato per bene, costringendolo spesso all’angolo soprattutto sullo Hobbit, pur manifestandogli simpatia e affetto al “calor bianco”. Una ragazza della Georgia si è lanciata nel primo “affondo” elogiando il suo Bilbo Baggins di Un Viaggio Inaspettato e degli altri due adattamenti per il grande schermo, ma lamentando la carenza di sorprese e di scene spettacolari nei due sequel dello Hobbit. Nella trilogia, Martin ha avuto la possibilità di lavorare anche con Benedict Cumberbatch, suo collega dal 2010 in Sherlock. È stato solo un caso o lo avevi raccomandato tu? «Quando si è aperto il casting dello Hobbit ho appreso che cercavano un attore inglese per il ruolo di Bilbo e, come quasi tutti gli attori inglesi, ho partecipato. Tra tutti anche Benedict è andato a fare il provino per altri ruoli, ma nessuno di noi due sapeva che l’altro sarebbe stato preso. Non ci siamo consultati prima. Lui da sempre ha voluto fare Smaug e per sua fortuna è stato preso! Ma è stata una semplice coincidenza, io non l’ho assolutamente raccomandato!». Il Paese preferito tra quelli visitati per esigenze di copione? «La Nuova Zelanda: le riprese sono durate in tutto due anni e mezzo. Noi attori siamo diventati buoni amici. Mi considero un cittadino onorario della terra che ha ospitato Lo Hobbit, per me è una seconda casa. Ho ricordi bellissimi del set».
I malumori del cast
Non sono mancate le domande scomode. Se potessi, che cosa cambieresti nella trilogia dello Hobbit?. «Non lo so. Sicuramente saprete tutti che doveva essere diviso solo in due parti, poi quando Peter ha deciso di aggiungere un terzo film, ha dovuto lavorare sulle parti già girate e cambiare la struttura della storia e decidere subito come finiva ogni capitolo. Forse c’è stato un eccesso di cinismo. Anche nel cast all’inizio non eravamo molto convinti di questa ulteriore divisione, ma sicuramente lui ha avuto le sue ragioni. C’è, però, chi pensa che lo scopo fosse di fare più soldi, ma io so che Peter Jackson ha bisogno di soldi così come io ho bisogno di un buco in testa! Penso che la decisione di farne tre film sia stata presa perché c’era tantissimo materiale e tutto di ottima qualità». Qual è il tuo nano preferito della saga di Tolkien? «Sceglierne uno è come decidere il parente che preferisci in famiglia, so già che qualcuno si offenderà: direi Ori perché con Adam Brown mi trovo davvero benissimo». La mia scena preferita nei film? «Dovrei dire tutte, ma in realtà preferisco il momento in cui Bilbo incontra Gollum. È stato bellissimo realizzare quella scena perché non c’erano troppi effetti speciali, è un dialogo tra due attori di otto, nove minuti. Una gioia per chi fa il mio mestiere e secondo me è uno dei momenti più riusciti del film». La parabola di Gollum? Insegna che il potere e il successo a volte danno alla testa, ma questo non è il suo caso: «La fama ti cambia, anche se io cerco di restare con i piedi per terra, perché ha tanti lati positivi e tanti negativi, tra cui la presenza di gente che ti osanna anche quando non te lo meriti lasciandoti intendere di essere l’ombelico del mondo. Ammetto di non essere un tipo avventuroso come Bilbo o Watson ma poi mi dico che la decisione di fare l’attore a 16 anni mi ha reso coraggioso. A dispetto degli amici che mi davano dell’idiota anche solo per averci provato. Ma se ci penso il mondo è pieno di bastardi egoisti. Non ha bisogno di averne uno in più».
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Bel resoconto, beati voi e come sempre complimenti perché vi date un sacco da fare per rendere questo sito Unico! A me Martin Freeman, leggendo il vostro articolo, è sembrata una persona tranquilla e davvero coi piedi ben piantati a terra. Uno Hobbit coi fiocchi!