L’Eroe imperfetto, Tolkien tra Borges e Lawrence d’Arabia
Cosa succede se un personaggio di un racconto prende il sopravvento sullo scrittore? Succede che la sua storia e i suoi stimoli traboccano al di fuori del romanzo stesso e si dividono in mille rivoli, seguendo strade a volte parallele, a volte intersecanti, ma producendo in ogni caso altre storie. È il caso di “Lawrence d’Arabia”, al secolo Thomas Edward Lawrence, che fu soldato, agente segreto, archeologo e scrittore, il cui mito è soprattutto legato alla rivolta araba contro il dominio turco durante la Prima Guerra Mondiale. Personaggio già nelle sue memorie, è stato il protagonista di Stella del Mattino (Einaudi, 2008) di Wu Ming 4. Ora lo scrittore, di nuovo in solitaria rispetto ai suoi soci, dà alla stampe un trittico di saggi, raccolti sotto il nome collettivo L’Eroe imperfetto (Bompiani, p. 174 – euro 10), in cui Lawrence d’Arabia è sempre presente, in maniera più o meno palese. Perché nello sfortunato ufficiale britannico si riassumono tutte le caratteristiche di un certo tipo d’eroe, quello che deve sopravvivere al sé stesso e al proprio mito, l’anti-eroe già descritto dai classici e tramandato dalla notte dei tempi. Il sentiero di riletture prova a ragionare sulla crisi e la possibile sopravvivenza nel presente di questo archetipo letterario e culturale. Nel Secolo XX – che per un certo periodo ha esaltato l’eroe tutto d’un pezzo, sempre perfetto e pieno di medaglie, che ha lasciato poco spazio a quello imperfetto, pieno di contraddizioni e di errori, sempre in conflitto con sé stesso – Lawrence si staglia come un gigante, come il prodotto di un intreccio tra storia e mito trattato fin dalla Poetica di Aristotele: guerriero e letterato, traduttore dell’Odissea di Omero e autore di un memoriale che viene considerato un poema epico in prosa moderna. Si tratta di un eroe in collisione frontale con quello classico fin da quando Ulisse contese ad Aiace le armi di Achille.
Il secondo, incarnazione degli antichi ideali aristocratici, coraggioso, ma anche superbo e sempre alla ricerca della “bella morte”, non può che soccombere. Per lui, malato di hybris, non è concepile una macchia nella vita, un’esistenza post-eroica. Il primo, astuto ma ambiguo, aggira lo scontro anziché cercarlo, sfrutta il vuoto anziché il tutto-pieno. Proprio a questo modello guarda Lawrence, quello post-eroico dell’ultima fase della vita con la sua capacità di introiettare la sconfitta. È il punto focale delle riflessioni di un altro scrittore del Novecento, anch’egli autore di un poema epico in prosa moderna, J.R.R. Tolkien. Qui il richiamo è doppio, se non triplo: è
chiamato in causa come autore del Signore degli Anelli, come autore di saggi su poemi medievali come Sir Gawain e La Battaglia di Maldon e come protagonista di Stella del Mattino. Il professore di Oxford torna più volte nella riflessione di Wu Ming 4 in queste vesti diverse, ma sempre seguendo il filo conduttore dell’eroe. Tolkien mette profondamente in discussione la “teoria del coraggio”. Lo fa con Frodo e Sam nel suo capolavoro, ma anche con la sua critica al conte anglosassone Byrhtnoth che a Maldon mostra un “eccesso” di eroismo. Il lavoro filologico del professore sulla parola “ofermod” (parola simile a hybris), è in grado cambiare radicalmente l’interpretazione del tema centrale del poema: non d’audacia, ma d’orgoglio si tratta, con una sfumatura negativa. Questa «aspirazione a onore e gloria, in vita e dopo la morte, tende a dilatarsi, a divenire un movente fondamentale», inducendo il protagonista all’eccesso cavalleresco che causa di rovina per tutti i suoi guerrieri e per il Paese. Già Ulisse non era nuovo a gesti avventati per il proprio orgoglio (anche lui lascia massacrare i compagni in alcune occasioni), ma qui Tolkien e con lui Wu Ming 4, sottolineano come il perseguimento cieco della gloria fine a se stessa causino danni irreparabili. Ecco perché nel Signore degli Anelli Aragorn, l’eroe di un canone ben consolidato, sia accanto a Frodo, ma sempre sullo sfondo: la vicenda centrale è quella dell’antieroe, di colui che si deve sacrificare, arriva a perdere tutto, in senso materiale e psichico, per il bene della comunità. Il Lawrence di Stella del Mattino non è troppo distante da Frodo. In quest’ottica, Maldon diventa quasi un luogo simbolico, un paradigma di come lo scontro sul campo si trasforma in scontro di narrazioni, di parole. Tolkien e Jorge Luis Borges hanno addirittura pensato a finali alternativi del poema. E lo stesso fa qui Wu Ming 4. Quest’ultimo aspetto è molto intrigante perché è la concretizzazione delle potenzialità narrative delle storie, attraverso cui il nostro retaggio letterario è giunto fino a noi. Un poema dell’anno mille che stimola due scrittori del XX secolo. Quel “riempire i buchi” è una delle caratteristiche dello Homo Fabulans.
Ecco implicitamente introdotto il terzo e ultimo elemento del volume, già presente in Stella del Mattino, con Robert Graves che ne è l’incarnazione. Durante la Prima Guerra Mondiale, il poet war sperimentò sulla pelle le conseguenze estreme dell’ideale dell’eroismo classico, tanto da rigettarlo totalmente in Addio a tutto questo. Il poeta e scrittore inglese sapeva – lo scrisse in La Dea Bianca – che quel modello eroico ereditava una tradizione più antica, quella propria del mito primigenio, dove l’eroe aveva una funzione comunitaria imprescindibile e la cui avventura, che poteva includere anche la morte, era un passaggio che garantiva la ciclicità della vita, un atto collettivo, ciclico e rivitalizzante. Così l’ultimo saggio prende questa strada nuova, che porta fino a John Steinbeck e a Christa Wolf, sulle tracce del “femminino” (i temi poetici connessi alle figure femminili nella mitologia e nella letteratura) nel tema dell’eroe. Se Joseph Campbell concludeva che l’uomo moderno dovesse ripartire dal singolo, ma sempre come modello d’umanità, come “uomo sociale”, Wu Ming 4 giunge a rintracciare una versione dell’eroismo più antica di quella monolitica virile che, senza escludere il sacrificio per il bene comune, contrappone al fascino della morte il legame irrinunciabile alla vita, agli affetti, alla natura. È una strada che forse porterà l’autore a nuovi saggi o romanzi. Sicuramente a nuove
storie.
– WU MING 4, L’eroe imperfetto, Bompiani, Milano, 2010
– Vai al sito di Wu Ming e alla discussione sul volume
.
.
.