La settimana scorsa si è tenuta la seconda parte del ciclo di conferenze Tolkien tra Lingua e Scrittura, con il convegno Tolkien e la letteratura della Quarta Era tenutosi al Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, giovedì 14 e venerdì 15 dicembre. Dopo il resoconto di Parma di Elisa Sicuri, per chi non è potuto essere presente al convegno proponiamo il resoconto dell’evento scritto dal nostro socio, parte dell’organizzazione, Leonardo Mantovani!
Tolkien e la letteratura della Quarta Era
Dopo due anni l’AIST torna a Trento concludendo il ciclo di incontri, cominciato il primo dicembre a Parma, intitolato Tolkien tra lingua e scrittura. Il convegno, che si è svolto giovedì 14 e venerdì 15 dicembre, ha visto la partecipazione di alcuni professori dell’Università degli Studi di Trento, di vari soci AIST e di ben tre relatori stranieri: Allan Turner, Thomas Honegger e Tom Shippey.
Dopo i saluti di rito da parte di Fulvio Ferrari, direttore del Dipartimento di Lettere e Filosofia e socio AIST, Lorenzo Gammarelli ha aperto il convegno con l’intervento “Tolkien on Tolkien”, analizzando i passi dove Tolkien stesso parla delle sue opere direttamente o indirettamente, come in Foglia di Niggle, Il Fabbro di Wootton Major o le Lettere (quest’ultime disponibili dal 3 gennaio in una nuova traduzione proprio ad opera di Gammarelli). Accanto ai commenti di Tolkien sul sé stesso passato, come se stesse parlando di un altro autore, troviamo la ferma negazione di alcuna chiave di lettura allegorica del Signore degli Anelli o le raccomandazioni alla casa editrice Allen&Unwin sulle differenze presenti in nuce tra Lo Hobbit e il suo prosieguo.
Andrea Binelli, professore di letteratura inglese presso l’Università degli Studi di Trento, col suo intervento Appunti su alcuni profili tematici nelle traduzioni italiane di Tolkien ha invece analizzato dal punto di vista semiotico delle isotopie alcuni passaggi delle traduzioni italiane de Lo Hobbit e de Il Signore degli Anelli. Binelli ha evidenziato inoltre alcune delle peculiarità delle traduzioni, quali la tendenza talvolta ad aggiungere termini in più rispetto al testo inglese di partenza, mentre in altri passi sono stati invece fatti notare una comunanza di traduzioni rispetto a termini originariamente diversi. Alla luce della complessa analisi svolta, sono emerse alcune mancanze ancora presenti nella traduzione del Signore degli Anelli, sebbene recentemente riveduta e migliorata.
Roberta Capelli, con Make it modern! Tolkien e la ricerca dell’Eden perduto ha messo a confronto Tolkien e Ezra Pound, sottolineando alcune affinità tra i due autori, quali la ricerca della lingua (specie nelle opere giovanili per quello che riguarda Pound), l’essere entrambi rivisitatori del Medioevo, l’essere segnati dalla guerra mondiale, e il senso di ricerca di un Eden perduto presente nelle loro opere. Inventori e maestri, rispettivamente del fantasy e del Modernismo, Tolkien e Pound si vedono accumunati dal ruolo di mythmakers.
L’ultimo intervento della prima parte della prima giornata è stato tenuto da Roberto Arduini, presidente AIST, che ha comparato Tolkien e Joyce, soprattutto come autore del Finnegans Wake, nell’intervento Nella foresta del significato: L’opera-mondo tra Joyce e Tolkien. Sebbene tra di loro lontani e differenti in vari modi, Inklings e Modernisti non sono completamente contrapponibili (oltre a differire per natura in quanto i primi non sono un movimento letterario come i secondi) e tra di essi sono avvenuti vari contatti. È stato notato come questi siano affini soprattutto sotto alcuni aspetti linguistici: in alcuni passi entrambi si focalizzano sulla dimensione fonica del linguaggio, lasciando al suono e non alle parole il compito di trasmettere il senso, nel tentativo di trasmettere l’indicibile.
Dopo la pausa ha preso parola Francesca Di Blasio, con L’etica fantastica e la sperimentazione divertente. Tracce di Novecento nei mondi immaginari di J. R. R. Tolkien. Di Blasio traccia linee di continuità, di senso e di segno, tra Tolkien, il suo tempo e la sperimentazione che lo caratterizzava, focalizzandosi sull’opera Leaf by Niggle e The Lighthouse di Virginia Woolf. Definita come una piccola Divina Commedia da Shippey, Leaf by Niggle può essere vista come la traduzione metalinguistica del rapporto di Tolkien con la propria scrittura, ma anche come rappresentazione del rapporto tra ideazione e messa in atto dell’opera, ponendosi così in una linea di continuità intertestuale con la riflessione modernista sulla rappresentazione e sui suoi mezzi. I punti focali attorno ai quali è ruotato l’intervento sono stati l’immaginazione, l’etica e l’umorismo.
Saverio Simonelli ha presentato un confronto tra Tolkien e W. B. Yeats, tra mito, soprannaturale e immaginazione. Accomunati dall’interesse per William Morris, entrambi hanno inserito nelle loro opere figure eroiche che falliscono, in continuo contrasto col mondo che li circonda: alla fine del Signore degli Anelli come del Ciclo di Cuchulain (eroe tradizionale irlandese rielaborato da Yeats) i protagonisti si scoprono smarriti e spezzati, mentre il dualismo tra morte e immortalità aleggia costantemente sulla produzione artistica confrontata.
Claudio Testi, vicepresidente AIST, ha poi concluso la prima giornata con J.R.R. Tolkien e André Breton: Frodo surrealista mostrando le forti somiglianze tra le varie tipologie di sogno descritte dal poeta francese e le esperienze oniriche di Frodo, alle quali vanno aggiunte due proprie di Tolkien: il sogno di eventi passati e la creazione del teatro feerico, l’arte elfica di tessere un sogno dentro cui gli uomini posso avventurarsi, descritto nel saggio Sulle fiabe.
La seconda giornata è stata aperta da Allan Turner, professore del Dipartimento di Studi Inglesi dell’Università di Jena, il quale in Myth, History and Reconstruction ha confrontato Tolkien e due autori a lui contemporanei: Kenneth Morris e Mary Renault. Tutti e tre gli autori giocano con i miti: Kenneth Morris è mosso dalla volontà di ricostruire una mitologia gallese, trasformando i pochi resti della storia del principe Pwyll del Dyfed in un’imponente epica, mentre Renault si focalizza sui miti classici, riscrivendoli ed attualizzandoli nella forma di un romanzo storico più razionale. Tolkien, che pare non conoscesse Kenneth Morris ma che fu il tutor universitario di Mary Renault, intraprende un terzo cammino, in cui assimila alcune antiche leggende europee e le rielabora, attraverso vari stadi, nella creazione dei propri miti (in gran parte pubblicati dopo la sua morte), con un risultato differente e nuovo rispetto agli elementi che lo influenzano.
Thomas Honegger, professore presso il Dipartimento di Studi Inglesi dell’Università di Jena, ha comparato Tolkien e Lovecraft osservando come, seppur diversi per stile, etica e fede, abbiano entrambi inserito le loro storie in un universo coerente. Se da un lato Tolkien cercò per tutta la sua vita di creare un mondo secondario all’interno del quale i suoi racconti fossero credibili, Lovecraft riscrisse molti dei suoi racconti perché fossero in sintonia con Il richiamo di Cthulu. I due autori presentano inoltre temi in comune (sebbene affrontati con diverse prospettive), quali la regressione linguistica, la rappresentazione di mondi in declino e la loro renovatio.
L’ultimo intervento della prima parte è stato di Tom Shippey, con Tolkien and William Morris. Quest’ultimo è uno dei pochi autori verso i quali Tolkien stesso ammise di essere debitore. Shippey ha mostrato come in entrambi gli autori la filologia sia stata la linfa vitale delle loro maggiori opere e di come Tolkien abbia costruito alcune popolazioni che abitano il suo mondo fantastico seguendo lo stesso processo di ricostruzione presente nelle opere di Morris. L’attenzione poi si è spostata su alcune tematiche comuni come il senso di perdita, la disperazione e il profondo desiderio frustrato che l’accompagnano, o la struttura del racconto “a 8”, che Shippey ha scherzosamente definito “there and back again”.
Dopo la pausa Alessandro Fambrini, professore di letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Pisa, ha mostrato le reazioni del mondo fantascientifico all’opera tolkieniana, soffermandosi soprattutto sull’ammirazione di Asimov per Tolkien, che appare nel racconto Mancato assassinio, contenuto nella raccolta Largo ai Vedovi Neri.
Il convegno è stato poi concluso da Fulvio Ferrari con Tolkien al crocevia del fantasy dove sono stati analizzati alcuni autori precedenti a Tolkien come il già citato Morris, MacDonald, Eddison o Howard per capire la relazione del Professore con i suoi predecessori e contemporanei. Ferrari infine ha esposto la teoria secondo la quale Tolkien sarebbe un catalizzatore del genere fantasy, grazie al quale è stato possibile distinguerlo dalla fantascienza. Attraverso l’opera del Professore oxoniense il genere fantasy ha ottenuto una sua dignità letteraria, dove prima era giudicato solo genere di mero svago.
A margine del convegno, Stefano Giorgianni e Wu Ming 4 hanno presentato gli atti del convegno tenutosi a Verona nel maggio del 2016 su Tolkien e la Grande Guerra, dal titolo La generazione perduta (chi fosse interessato al volume lo può ordinare sul sito delmiglio editore).
Da studente dell’Università degli Studi di Trento è stato un onore ospitare per la seconda volta un convegno tolkienano con autorità di spicco italiane ed internazionali, e se è vero che non c’è due senza tre… alla prossima!
Leonardo Mantovani
ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo “Tolkien linguista”: il resoconto di Parma
– Leggi l’articolo Parma e Trento: ecco i programmi dei convegni!
– Leggi l’articolo L’autunno dell’AIST: due convegni, due festival e due fiere
– Leggi l’articolo Trento, un convegno a lungo atteso su Tolkien
LINK ESTERNI:
– Vai al sito di delmiglio editore
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Gran bel convegno. Complimenti agli organizzatori, ai relatori … e agli stewart
😉