Stephen King: «Tra i miei preferiti c’è Tolkien»

Tolkien e KingIn un momento in cui tutti stiamo cercando disperatamente su internet nuove modalità di intrattenimento, il maestro dell’orrore Stephen King ci consegna un elenco delle sue letture preferite per superare lo stress da isolamento in casa. Lo scrittore statunitense, indiscusso re del genere horror e pluripremiato romanziere che ha un successo senza precedenti nella trasposizione dei suoi libri al cinema (con oltre 250 film, serie tv e cortometraggi!) ha nominato i suoi 10 romanzi preferiti che vanno da scrittori classici come George Orwell e William Golding, fino ad autori contemporanei come Philip Roth e Cormac McCarthy. E tra loro naturalmente c’è anche J.R.R. Tolkien.

La lista dello scrittore

Stephen King libriStephen King ha una passione per i libri. «I libri sono l’intrattenimento perfetto: niente pubblicità, niente batterie, ore di divertimento per ogni dollaro speso«, ha detto una volta King . «Quello che mi chiedo è perché tutti non portano in giro un libro per quegli inevitabili punti morti della vita». Riflettendo su cosa serve per diventare uno scrittore, lo scrittore ha detto semplicemente: «Se vuoi essere uno scrittore, devi fare due cose sopra tutte le altre: leggi molto e scrivi molto». In questo periodo di emergenza sanitaria, per impedirci di stare accasciati sul divano davanti alla tv per tutto il giorno, possiamo cercare di seguire il consiglio di King con i suoi 10 romanzi preferiti. «Qualsiasi elenco come questo è un po’ ridicolo», ha ammesso lo scrittore come premessa ai suggerimenti, rilasciati in occasione dei 10 anni dalla nascita di Goodreads, il sito per antonomasia dedicato ai libri. Il Signore degli Anelli«Un altro giorno, potrebbero venirmi in mente dieci titoli diversi, come L’Esorcista o Cavalli selvaggi al posto di Meridiano di sangue, entrambi romanzi di McCarthy. Un altro giorno potrei includere Luce d’agosto di William Faulkner o il superbo Un piano semplice di Scott Smith. Oppure Il mare, il mare, di Iris Murdoch. Ma che diavolo, ecco la mia lista!». I 10 romanzi preferiti di Stephen King: Il Signore delle Mosche di William Golding; La nave dei Folli di Katherine Anne Porter; La collina dei conigli di Richard Adams; Il Signore degli orfani di Adam Johnson; I capelli di Harold Roux di Thomas Williams; Meridiano di sangue di Cormac McCarthy; L’uomo invisible di Ralph Ellison; 1984 di George Orwell; Pastorale americana di Philip Roth; Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien.

Un debito duraturo

Stephen King libriNon è una novità che Stephen King ritenga Il Signore degli Anelli uno dei suoi libri preferiti. Lo ha scritto e detto in moltissime occasioni. Lo ha scritto, ad esempio, in On writing: Autobiografia di un mestiere, un saggio in parte autobiografia e in parte manuale di scrittura pubblicato nel 2000. In quell’occasione si riferiva addirittura alla “fame di leggere ancora Tolkien”, nonostante la mole del suo capolavoro: «Anche dopo mille pagine non siamo disposti ad abbandonare il mondo che lo scrittore ha inventato per noi e i personaggi che lo abitano. La trilogia de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien ne è un perfetto esempio. Un migliaio di pagine di hobbit non sono bastate a tre generazioni di appassionati di fantasy, dall’epoca postbellica in avanti». Questa fame aveva prodotto anche le numerose imitazioni: «Di conseguenza, ecco Terry Brooks, Piers Anthony, Robert Jordan, per non citare Richard Adams con gli animaletti in viaggio de La collina dei conigli, e decine di altri. Questi autori si ispirano agli hobbit che ancora amano e rimpiangono. Cercano di riportare indietro Frodo e Sam dai Porti Grigi perché non c’è più Tolkien a farlo per loro». Ovviamente alla lista va aggiunto King stesso!
On writing nuova edizioneTolkien viene portato ad esempio di autore capace di creare un mondo e dei personaggi che non si riesce più ad abbandonare: in pratica non basta mai. Nel primo volume del ciclo della La Torre Nera (nome chiaramente ispirato a Barad-dûr) King stesso è esplicito nel dichiarato il suo debito con il capolavoro di Tolkien: «Gli hobbit andavano forte quando avevo diciannove anni (…) Ci sarà stata una mezza dozzina di Merry e Pippin a sguazzare nel fango dei campi di Max Yasgur durante il grande festival di Woodstock; i Frodo erano almeno il doppio e i Gandalf hippy neanche si potevano contare. Il Signore degli Anelli era popolarissimo e sebbene non fossi riuscito ad andare a Woodstock (che rimpianto), credo di poter dire di essere stato un hippie, almeno a metà. Perlomeno lo ero abbastanza da aver letto i libri di Tolkien ed essermene innamorato. I romanzi de La Torre Nera, come la maggior parte delle saghe fantasy scritte da quelli della mia generazione (Le Cronache di Thomas Covenant di Stephen R. Donaldson e La Spada di Shannara di Terry Brooks solo solo due dei molti), sono figli dei libri di Tolkien».
copertina La Torre NeraTutta la saga della La Torre Nera è chiaramente ispirata allo scrittore inglese (insieme ad altre fonti), ma se il debito verso Tolkien è dichiarato fin dall’introduzione, poi di fatto, la diversità di genere e la pletora di citazioni e auto-citazioni non fanno emergere particolari punti in comune. Del resto, lo spiega bene King: «Ma sebbene abbia letto i libri nel 1966 e nel 1967, mi sono trattenuto dallo scrivere. Ho risposto (e con un po’ di toccante generosità) all’ondata dell’immaginazione di Tolkien – all’ambizione della sua storia – ma volevo scrivere il mio tipo di storia, e se avessi iniziato allora, avrei scritto il suo … Grazie a Signor Tolkien, il ventesimo secolo aveva tutti gli elfi e i maghi di cui aveva bisogno». «Poi, in una sala cinematografica quasi deserta, vidi un film diretto da Sergio Leone. Si intitolava Il buono, il brutto e il cattivo e prima ancora di essere arrivato a metà capii che quello che volevo scrivere era un romanzo che contenesse il senso della ricerca e la magia di Tolkien, ma avesse come scenario il West quasi assurdamente maestoso di Leone… Più che l’ambientazione, ciò che desideravo era l’elemento epico, le dimensioni apocalittiche». E qualche pagina dopo, giunge a scrivere: Mappa Medio Mondo«Ad ogni modo, credo che anche all’età di diciannove anni, ho riconosciuto la storia di Frodo e dei suoi sforzi per liberarsi dell’Unico Grande Anello come appartenente al secondo gruppo. Erano le avventure di una banda di pellegrini fondamentalmente anglosassoni in un’ambientazione mitologica dal sapore norvegese. Mi piaceva l’idea della ricerca – l’adoravo, in effetti – ma non avevo interesse né per i gagliardi campagnoli di Tolkien (non che non mi piacessero, anzi) né per le sue boscose ambientazioni scandinave. Se avessi cercato di dirigermi in quella direzione avrei sbagliato tutto». Così nasce una serie che è uno strano mix di fantasy, western ed horror ma che è davvero una saga cosmica ad ampio respiro.

Tolkien tra le pagine di King

LibriStephen King quindi è un grande ammiratore di Tolkien e più di una volta si è ispirato a lui per i suoi libri oppure citando esplicitamente le opere del Professore. Nel capolavoro It, il settimo e ultimo membro della banda dei Perdenti, Mike Hanlon, afferma di citare esplicitamente Il Signore degli Anelli, in particolare la frase «si va di sentiero in sentiero» che è un riferimento alle parole di Bilbo sul sentiero fuori della porta.
Il Talismano ha citazioni su citazioni, vista anche la sua trama fantasy. E sorprendentemente si trovano citazioni a Tolkien anche ne La casa del buio, naturale seguito de Il Talismano, un inclassificabile ma piacevole ibrido fra It e i titoli che fanno parte della serie La Torre Nera, cui la trama si riallaccia in più parti. Anche se non ci sono influenze dirette in alcun libro, forse l’unico elemento che avvicina di più i due scrittori è la netta opposizione tra bene e male, con poche zone di ambiguità, nonché la totale chiara “aderenza” dell’autore alla causa dei buoni. E non potrebbe essere diversamente visto il modo in cui i due schieramenti sono rappresentati da questi autori.

L’ombra dello scorpione, la vera saga tolkieniana

The Stand coverSe tutti i lettori indicano nella La Torre Nera come l’omaggio più diretto alle opere di Tolkien, Stephen King ha fatto sapere che però il suo romanzo L’ombra dello scorpione (The Stand) è stato progettato come un’epica storia del tipo Il Signore degli Anelli in un ambiente americano contemporaneo: «Per molto tempo – almeno dieci anni – avevo voluto scrivere un’epopea fantasy come Il Signore degli Anelli, solo con un’ambientazione americana. Non riuscivo proprio a capire come farlo. Poi… dopo che con mia moglie e i miei figli mi sono trasferito a Boulder, in Colorado, vidi un documentario sulla guerra chimico-biologica. Non ho mai dimenticato il raccapricciante filmato delle cavie da laboratorio che rabbrividiscono, si scuotono e muoiono, il tutto in venti secondi o meno. The StandQuesto mi ha fatto ricordare l’incidente della fuoriuscita di sostanze chimiche nello Utah, che ha ucciso un gruppo di pecore (erano in state messe in bidoni metallici per portarle al cimitero, ma questi caddero dal camion, si aprirono e le pecore si ruppero). Mi sono ricordato di un giornalista che diceva: “Se i venti avessero soffiato dall’altra parte, c’era Salt Lake City”. In seguito, quest’incidente è servito come base per un film intitolato La notte del furore diretto da George C. Scott, ma prima che venisse proiettato, ero profondamente coinvolto in The Stand, scrivendo infine la mia epopea fantasy americana, ambientata in un America decimata dalla peste. Solo al posto di uno hobbit, il mio eroe era un texano di nome Stu Redman, e invece di un Signore oscuro, il mio cattivo era uno spietato vagabondo e un pazzo soprannaturale di nome Randall Flagg. La terra di Mordor (“dove giacciono le ombre”, secondo Tolkien) è stata ambientata da Las Vegas» (in Stand: The Complete and Uncut Edition: The Inspiration).
Randall FlaggIn effetti, per gli studiosi di Tolkien gli echi letterari tra le due opere sono facili da vedere. Innanzitutto, entrambe le storie si occupano di una grande battaglia tra il bene e il male. Appare per la prima volta l’antagonista per eccellenza di King, Randall Flagg che è un avversario che non si può mai dire vinto con sicurezza, un Signore del Male che periodicamente ritorna a progettare le sue trame malefiche e fa della seduzione degli uomini più deboli e proni al Male la sua arma principale, facendo così ricordare Morgoth e Sauron in Tolkien, anche se Flagg è una presenza molto più insinuante di quanto non sia Sauron. Per i personaggi di King, le linee di battaglia sono tra la Zona Libera di Boulder popolata da seguaci di Mother Abagail e l’esercito di Randall Flagg che si prepara a Las Vegas. Per Tolkien, i Popoli Liberi della Terra di Mezzo devono resistere all’oscurità di Mordor e dell’elusivo Sauron. Le differenze di tempo e luogo cessano di avere importanza una volta rivelate le componenti della trama, ma gli scontri epici tra il bene e il male non sono affatto nuovi in letteratura. Sia Tolkien sia King hanno ripreso questa antica tradizione. Entrambe le storie ruotano attorno al concetto di “gruppo di eroi” che si oppongono all’oscurità. Sebbene quello di King sia composto da gente comune di ogni estrazione sociale e la maggior parte della sua compagnia in realtà costituisce il comitato istituito per ricostruire la vita a Boulder, non l’immagine ideale degli eroi, i personaggi di King evocano ancora l’immagine degli intrepidi viaggiatori di Tolkien. Il Comitato della Zona Libera potrebbe non essere del tutto rappresentativo dei Popoli Liberi, ma la Compagnia di King viene messa insieme dalla caso o dal destino, proprio come quella di Tolkien viene scelta da Elrond, una figura importante nella Terra di Mezzo.
Captain Trips«Molti – ha dichiarato King pochi giorni fa alla radio National Public Radio – continuano a dirmi che oggi sembra loro di vivere ne L’ombra dello scorpione». Lo scrittore ha detto spesso, negli ultimi giorni, che il virus da lui immaginato nel suo romanzo è ben peggiore del coronavirus. “Captain Trips”, come viene chiamato nel libro l’agente patogeno, creato dall’uomo come arma batteriologica, finisce per decimare buona parte dell’umanità. Fortunatamente, almeno in questo caso, il Covid-19 è un male molto meno letale di quello partorito dalla sua fantasia, in quel libro post-apocalittico.

 

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