Venerdì scorso, alla fine, tutto mi è piombato addosso. Mi stavo trovando bene con la vita ai tempi del Covid-19. Ero riuscito a rimanere positivo e sorridente, facevo delle passeggiate fuori e cercavo di fare giardinaggio quando potevo. Sapevo e so ancora che sono fortunato ad avere un lavoro e a rimanere sano. Ma per qualche motivo venerdì, l’oscurità e lo smarrimento di questo periodo mi hanno colpito piuttosto duramente e, come si suol dire, sono caduto nella disperazione. E così, mi sono preso una pausa e tra sabato e domenica ho preparato degli spuntini e una poltrona comoda e mi sono rivolto verso quella trilogia di film che sembrano sempre aiutarmi a uscire dai tempi bui: Il Signore degli Anelli di Peter Jackson. E, amici miei, ha funzionato.
Maratona da 12 ore
Ora, da un punto di vista pratico, ovviamente Il Signore degli Anelli è la perfetta abbuffata di quarantena. Le tre edizioni estese (che sono le uniche versioni che riconosco) durano circa 12 ore in totale. Puoi trascorrere un’intera giornata, o anche due, perso nella splendida ambientazione e nella fantastica realizzazione della Terra di Mezzo. Puoi anche immergerti nei contenuti speciali che sono una magistrale lezione di creazione cinematografica. Quasi venti anni dopo che La Compagnia dell’Anello è uscito nei cinema, questi film rimangono vitali, puri, e apici della narrazione cinematografica. Ma non è per questo che i film sono perfetti per i tempi bui. Questi film hanno successo, e rimangono così stimolanti e confortanti, non perché sono divertenti ed epici (anche se ovviamente lo sono) ma per la storia che raccontano. Il Signore degli Anelli non riguarda solo maghi, orchi e battaglie. Si tratta, in sostanza, della speranza, della perseveranza e del coraggio della gente normale di fronte all’oscurità.
L’importanza degli hobbit
La vera genialità delle opere scritte da J.R.R. Tolkien è che, sebbene elfi, re e draghi siano personaggi importanti, la storia è incentrata sulla gente letteralmente piccola, gli hobbit. Sono persone semplici e normali a cui piace un buon pasto e starsene a casa tra i loro amici. Non sono fatti per l’avventura. Insomma, gli hobbit siamo noi. Questi libri (e i film) funzionano molto meglio di tante altre produzioni perché non riguardano l’elevato e il potente, ma trattano delle persone normali che decidono di fare la cosa giusta ed essere coraggiosi quando l’avventura e i tempi bui li travolgono. I nostri eroi hobbit non ottengono poteri speciali o scoprono di essere eletti, o diventano re; loro continuano ad andare avanti perché si preoccupano della loro casa e delle persone che amano. Questo è vero non solo per Frodo, ma per tutti gli hobbit. Ritengo che Il Ritorno del Re sia il miglior film della trilogia perché ha cristallizzato le storie di tutti i membri più piccoli della compagnia. Sia Merry sia Pipino trovano il loro coraggio quando sono costretti a confrontarsi con il vasto mondo da soli, e anche se hanno paura, senza battere ciglio fanno solo ciò che è giusto, e crescono, a causa di questo. Perciò, trionfano.
E poi ci sono Frodo e Sam. C’è una coppia migliore là fuori per ispirarci nell’attraversamento della nostra terra d’ombra? Continuano ad andare avanti. Combattono e si prendono cura l’uno dell’altro. Sam è l’eroe più coraggioso della trilogia, non perché sia un grande combattente, ma perché capisce che c’è qualcosa di buono nel mondo, e vale la pena per combattere per quello. Riguardo a Frodo, lui ci insegna la resistenza e la compassione, perché è la sua compassione – l’aver risparmiato la vita a Gollum – che alla fine salva il mondo.
Nessuno di noi ha chiesto di vivere una pandemia che ha sconvolto quasi ogni aspetto della nostra vita e che cambierà il mondo per sempre. Tutti vorremmo che questo non fosse mai accaduto. Ma come dice Gandalf nel film: «Così è per tutti coloro che vivono in tempi come questi, ma non spetta a noi scegliere. Tutto quello che possiamo decidere è che cosa fare del tempo che ci viene concesso».
Il concetto del male
Il Signore degli Anelli non riguarda solo la speranza, ma la scelta di sperare di fronte a una terribile oscurità. È stato spesso detto che Sauron non è un grande cattivo perché è definito in modo vago, ma questo è un altro motivo per cui il suo fascino rimane attraente. Il male non è una persona da riscattare, è un’idea che fa parte di questo mondo. Il male e l’oscurità saranno sempre lì, ci sarà sempre un’ombra che incombe all’orizzonte. Il punto non è sconfiggerlo, ma passarci attraverso e continuare quando sembra che tutto sia perduto.
E questo non vuol dire che l’oscurità non ci cambi. Il Signore degli Anelli è anche una storia sul trauma, sul non commettere errori. Frodo non si riprende mai veramente dal suo viaggio, e come molti che lottano con il disturbo da choc post-traumatico e la perdita, si accorge di non potersi adattare perfettamente alla sua vecchia vita. Sembra un messaggio pessimista ed è comprensibile vista l’esperienza di Tolkien nella Prima Guerra Mondiale; ma anche così, c’è ancora speranza. Perché Frodo può ancora trovare la pace nelle Terre Immortali. Il travaglio con se stesso sfocia nella possibilità di raggiungere un posto che non sarebbe stato in grado di vedere senza il suo dolore. Non è casa, no, ma è ancora speranza.
Quindi, se l’oscurità pesa sul tuo cuore in questo momento, lo capisco. Lo sentiamo tutti ed è così facile pensare che dei piccoli hobbit come noi (sì, amico mio, io sono uno hobbit) non possano fare nulla per renderlo migliore. Ma invece possiamo fare tanto. Anche la persona più piccola può fare la differenza, semplicemente rimanendo coraggiosa e vera. La strada continua sempre e non importa dove ti porta, conta solo che continui a percorrerla…
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