A quasi due anni dalla scomparsa di Christopher Tolkien emerge un documento sulla sua eredità. Il figlio dell’autore de Il Signore degli Anelli, morto all’età di 95 anni nel gennaio 2020, per 50 anni ha curato e pubblicato postumi i libri scritti da suo padre, J.R.R. Tolkien. Ora l’atto di successione rivela che Christopher Tolkien ha lasciato un patrimonio di 2,4 milioni di sterline (quasi 3 milioni di euro) alla sua famiglia.
I custodi della Terra di Mezzo
La Tolkien Estate è l’ente che detiene e amministra la proprietà intellettuale dello scrittore inglese, compreso il copyright per la maggior parte delle sue opere. Controlla principalmente il diritto d’autore sui testi letterari, ma anche i diritti morali e alcuni cosiddetti diritti derivati. I suoi direttori includono i membri della famiglia Tolkien: Baillie Tolkien, Priscilla Tolkien, Simon Tolkien e Michael George Tolkien, oltre all’avvocato della Tolkien Estate, Steven Andrew Maier. I diritti di pubblicazione delle opere di J.R.R. Tolkien appartenevano originariamente alle edizioni britanniche George Allen & Unwin dal 1936. La questione di un possibile adattamento audiovisivo sorse alla fine degli anni ’60 anche perché l’editore non aveva previsto affatto questa clausola nei suoi contratti. I diritti derivati e di adattamento cinematografico esclusivi mondiali dei soli romanzi de Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli furono venduti direttamente da Tolkien – preoccupato per le tasse di successione – agli United Artists Studios nel 1969 per 104.000 sterline, all’epoca una grossa somma: sono circa 2 milioni di euro di oggi. L’autore morì nel 1973, dopo aver usato il denaro per istituire un fondo fiduciario per i nipoti in vista appunto delle tasse di successione. Inoltre, lo scrittore inglese aveva mantenuto una quota di royalty del 7,5% per qualsiasi adattamento futuro di quei romanzi, quota che alla sua morte fu trasmessa alla Tolkien Estate, fondazione creata proprio con lo scopo di gestire i diritti. Da quel fondo fiduciario, i quattro figli dello scrittore fondarono il 1 aprile 1977 il Tolkien Trust, un ente di beneficenza separato dalla Tolkien Estate, che non gestisce il patrimonio letterario dello scrittore, anche se la sua fonte di reddito è attraverso il copyright che possiede su alcune delle opere di Tolkien che erano precedentemente di proprietà di The Tolkien Estate (Albero e foglia, Beowulf, La caduta di Artù, La leggenda di Sigurd e Gudrún, Mythopeia, Roverandom, Smith di Wootton Major, l’Album della famiglia Tolkien, oltre ai diritti d’autore de Il Signore degli Anelli negli Stati Uniti, al 40% dei diritti de The Tolkien Reader negli USA e, infine a «edizioni edite di vari scritti e frammenti filologici»).
Nel frattempo, i diritti cinematografici dei suoi due capolavori presero una strada separata e un po’ contorta: nel 1976 la United Artists vendette i diritti di sfruttamento dei due romanzi negli Stati Uniti per una somma di 3 milioni di dollari alla Saul Zaentz Company, che ha concesso in licenza tutti i successivi adattamenti autorizzati de Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, dal cartone animato di Ralph Bakshi fino alle due trilogie cinematografiche di Peter Jackson, oltre a tanti giochi e videogiochi. Questi diritti sono attualmente sempre della stessa proprietà che ha cambiato nome prima in Tolkien Enterprises e poi rinominata nel 2010 Middle-earth Enterprises. Tuttavia, la United Artists mantiene i diritti di distribuzione mondiale degli adattamenti cinematografici. Questi sono attualmente esercitati dalla loro società madre MGM, che sotto contratto ha cofinanziato la trilogia cinematografica de Lo Hobbit e nel 2021 è stata acquistata da Amazon.
La Tolkien Estate rimase più o meno in buoni rapporti con la Saul Zaentz Company fino all’uscita dei film di Peter Jackson, quando la Middle-earth Enterprises ha iniziato a sfruttare in maniera estensiva i marchi derivati dai due suddetti romanzi. Una prima contesa legale durò circa un anno e mezzo, dal febbraio 2008 all’8 settembre 2009 e vide contrapposte Tolkien Trust e la New Line Cinema, poi acquisita dalla Warner Bros Entertaiment. In questo caso, come scritto, in base agli accordi presi nel 1969 la Tolkien Trust ha diritto a ricevere «un totale del 7,5% degli incassi lordi da qualsiasi film basato sulle opere di Tolkien» (è possibile leggere la denuncia per intero qui). «I tre film di grande successo basati sull’amata trilogia de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien hanno incassato quasi 6 miliardi di dollari. Nonostante questi ricavi da record (importi derivati in ultima analisi dai classici romanzi fantasy del Professor Tolkien)… New Line non ha pagato nulla ai successori di Tolkien per quanto riguarda la loro partecipazione contrattuale ai ricavi lordi dei film». Si chiedeva un risarcimento di 150 milioni di dollari. Il caso si è risolto in via stragiudiziale con i termini non resi pubblici, ma sembra che circa 75 milioni di dollari siano stati concessi. «Gli amministratori si rammaricano che sia stata necessaria un’azione legale, – affermava, infatti, Christopher Tolkien nel comunicato stampa – ma sono lieti che questa controversia sia stata risolta in termini soddisfacenti che consentiranno al Tolkien Trust di perseguire adeguatamente i suoi obiettivi di beneficenza. Gli Amministratori riconoscono che New Line può ora procedere con i film proposti de Lo Hobbit». Nel 2012 nacque però un altro contenzioso legale durato anni tra la MGM stessa e la Tolkien Estate, a causa di licenze d’uso come gli hambuger con le cipolle alla Bilbo e le slot machine di Aragorn. Secondo la denuncia (che è possibile leggere per intero qui), la Tolkien Estate sosteneva che i diritti di licenza riguardassero solo il merchandising materiale, come statuette, abbigliamento, cancelleria e simili, e che tale licenza non comprendesse il digitale (internet nel 1969 non esisteva!), cioè la possibilità di sfruttare i personaggi del film per merchandising digitale come videogiochi o slot machine, ritenute quest’ultime offensive e particolarmente lesive per l’eredità del Professore e la reputazione delle sue opere. Anche in questo caso, nel 2017 le due parti hanno trovato l’accordo, firmato privatamente e per via extra giudiziale, seppur molte fonti hanno confermato che ci sia stato un compenso per la Tolkien Estate di circa 80 milioni di dollari, una cifra che per quanto consistente impallidisce al confronto dei miliardi che i film e l’indotto pubblicitario de Lo Hobbit hanno fruttato alla Warner Bros. Il comunicato di Warner Bros del 3 luglio 2017 era insolitamente ottimista: «Le parti sono liete di aver risolto amichevolmente la questione e non vedono l’ora di lavorare insieme in futuro».
Un’ultima cosa importante da notare qui, e un altro pezzo del puzzle, è che i diritti televisivi per Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli NON sono stati venduti quando J.R.R. Tolkien ha venduto i diritti cinematografici nel 1969. Quei diritti erano per i film. Quindi tra il 1969 e il 2017 ci sono stati quattro linee separate e intrecciate tra loro di sfruttamento dei diritti in mano a Tolkien Estate, United Artists Studios, Saul Zaentz, concessionaria prima di New Line, poi Warner Bros, infine di Metro Goldwyn Mayer. Quasi 50 anni di groviglio legale sempre più annodato che rischiava di far fallire qualsiasi tentativo futuro di trasposizione delle opere di Tolkien. La risoluzione di questo problema si è avuta in tre fasi. Prima con le dimissioni di Christopher Tolkien, avvenute il 31 agosto 2017, un mese dopo la chiusura del contenzioso. Poi con l’annuncio di Amazon, il 13 novembre dello stesso anno, di aver acquisito i diritti televisivi globali de Il Signore degli Anelli, per la produzione di una serie tv in più stagioni prodotta da Amazon Studios in collaborazione con Tolkien Estate and Trust, HarperCollins e New Line Cinema, una divisione di Warner Bros. Entertainment: un’affare da 250 milioni di dollari per i soli diritti. Infine, con l’acquisto di MGM da parte di Amazon. Amazon così è riuscita a riunire insieme tutti i diritti cinematografici e televisivi su Il Signore degli Anelli e la distribuzione negli Usa e nel resto del mondo, oltre ai diritti sugli altri libri della Terra di Mezzo. Quindi, facendo un consuntivo del lavoro di Christopher, il figlio di Tolkien ha portato alla Tolkien Estate almeno 200 milioni di dollari negli ultimi anni. Ma il lavoro a cui ha dedicato metà della sua vita è stato la curatela delle opere postume dello scrittore inglese.
Una eredità frutto di tanto lavoro
Il documento di successione di Christopher Tolkien è stato emesso nel febbraio di quest’anno e rivela che ha lasciato un patrimonio del valore di quasi 2,4 milioni di sterline ai suoi più cari. Secondo quanto riferito, Christopher, sposato e padre di tre figli, dal 1975 viveva ai piedi delle Alpi in una villa in campagna vicino Aups, nel dipartimento del Var, nel sud della Francia.
Christopher ha ceduto tutti i suoi beni finanziari e il copyright di tutte le sue opere alla sua seconda moglie Baillie, che è subentrata anche come esecutrice testamentaria. Christopher le ha anche dato tutte le 16.875 delle sue azioni di The Tolkien Estate Limited. Nel suo testamento, Christopher afferma che i suoi figli Simon, Adam e Rachel dovrebbero dividere equamente i suoi beni finanziari, i diritti d’autore e le azioni della Tolkien Estate dopo la morte della moglie. Simon è figlio della prima moglie di Christopher, Faith Faulconbridge. J.R.R. Tolkien si riferiva a Christopher come al suo «critico principale e collaboratore». Ha anche disegnato le mappe originali della Terra di Mezzo che decoravano la trilogia pubblicata negli anni ’50 All’età di soli 21 anni, fu invitato da suo padre a unirsi agli Inklings, la società letteraria che comprendeva C.S. Lewis, Owen Barfield, Charles Williams, Warren Lewis, Lord David Cecil e Nevill Coghill. Dopo la guerra, lavorò come docente di inglese antico e medio all’Università di Oxford. Dopo la morte di suo padre nel 1973, Christopher divenne il custode dei suoi manoscritti e per quasi 50 anni ha curato e pubblicato postumi i suoi libri, tra cui Il Silmarillion e I Figli di Hurin. «Per quanto strano possa sembrare, sono cresciuto nel mondo che ha creato», ha detto nel 2012, «Per me, le città del Silmarillion sono più reali di Babilonia». È accreditato dagli studiosi di Tolkien per aver rivelato una maggiore profondità delle audaci visioni di suo padre per una mitologia ricca e stratificata per la Terra di Mezzo.
ARTICOLI PRECEDENTI:
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LINK ESTERNI:
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Per la terra di mezzo spero un buon futuro.