L’ultima edizione di Fantastika, la Biennale di arte fantastica tenutasi a Dozza (BO) lo scorso settembre, ha riunito dopo quattro anni di attesa artisti, illustratori, relatori, ospiti, espositori, volontari, organizzatori e pubblico per un fine settimana all’insegna del fantastico. Tra le numerose conferenze, Roberto Arduini e Wu Ming 4, rispettivamente direttore e caporedattore dei Quaderni di Arda hanno presentato il terzo numero della rivista, con un’interessante coda finale di domande e risposte con il pubblico.
L’audio e i contenuti extra
La rivista è il fiore all’occhiello dell’Associazione ed è il risultato del lavoro svolto dal Gruppo di Studio, che normalmente si struttura in cicli biennali di analisi e riflessione su una singola opera di JRR Tolkien, una determinata tematica in esse presente o perfino un fenomeno come possono essere tutte le opere derivate, dai film di Peter Jackson alla serie tv di Amazon. Il terzo numero dei «Quaderni di Arda», dal titolo Beowulf a Oxford: lo stile letterario di Tolkien (Eterea Edizioni, € 25), è dedicato appunto allo stile letterario delle opere dello scrittore. È sorprendente constatare come un simile tema – anche se ovviamente fondamentale per capirne l’opera – sia uno di quelli meno trattati dalla critica internazionale. Esistono appena due monografie generali, mentre la moltitudine di saggi pubblicati in passato ha sempre concentrato la propria attenzione solo su aspetti specifici dello stile letterario, a volte con acume, ma senza mai giungere a uno studio definitivo e completo. Eppure gli studiosi che più se ne sono occupati sono tra i maggiori: Ursula K. Le Guin, Colin Manlove, Tom Shippey, Brian Rosebury, Steve Walker, Michael Drout e Alan Turner. Pur non avendo l’ambizione di pubblicare uno studio esaustivo, il presente volume vuole aprire la pista, suggerire nuovi percorsi, soprattutto far conoscere ai lettori italiani il dibattito internazionale, trovando anche molte soluzioni originali. I Quaderni di Arda hanno anche questo scopo. Per questo motivo, fin dall’editoriale si possono cogliere molti spunti validi per leggere Tolkien con occhi diversi (si può scarica l’editoriale di Wu Ming 4 qui: Lo stile ineffabile). Il lettore appassionato si può anche ascoltare l’audio integrale dell’evento qui: ecco. Mentre qui si possono acquistare i Quaderni di Arda.
I saggi del volume 3
A seguire, un assaggio di ciascun articolo pubblicato sul volume numero 3: “Beowulf a Oxford: lo stile di Tolkien”.
Wu Ming 4, Lo stile ineffabile: «Uno stile tolkieniano non esiste. Ne esistono molti. Dei testi narrativi pubblicati da Tolkien non ce n’è uno stilisticamente uguale all’altro. […] Il motivo di questa varietà è presto detto: Tolkien non era uno scrittore professionista, cioè faceva innanzi tutto un altro mestiere – lo studioso e l’insegnante di filologia – e si dedicava alla scrittura creativa per passione, a tempo perso. Pertanto faceva quello che voleva, libero dal problema di trovare un proprio stile idiosincratico, romanzo dopo romanzo, e di crearsi un pubblico di lettori. Scriveva in base all’ispirazione e alla voglia di sperimentare, nei tempi e nei modi che l’insegnamento gli concedeva. E se la voglia passava, se il risultato tradiva le sue aspettative o se non trovava la soluzione narrativa che lo soddisfacesse, lasciava il testo incompiuto, magari per riprenderlo anni, o perfino decenni, dopo, o ancora per non riprenderlo affatto.» (L’editoriale è scaricabile in versione integrale qui…).
Colin Manlove, Lo stile di Tolkien: «Il dettato di Tolkien è ovviamente molto diverso da quello di Rowling, che pure deve davvero molto al lavoro del suo predecessore. Rowling si prefigge di rappresentare un intero universo di personaggi nel modo più vivido possibile. Lo stile di Tolkien, invece, è molto meno incentrato sulla resa delle singole identità, e le descrizioni di molti personaggi del Signore degli Anelli sono concepite per mostrarci non già un soggetto peculiare, quanto piuttosto un individuo calato nella natura che lo circonda, il cui aspetto fisico fa riferimento a un modello astratto. Questo non fa di Tolkien un allegorista, ma piuttosto uno scrittore che “incarna” i concetti, mettendo continuamente il lettore davanti a personaggi il cui aspetto si sposa alle idee che vivono attraverso la loro corporeità».
Roberto Arduini, Preservare la scintilla: il processo compositivo del Signore degli Anelli: «Leggere il brano riportato in esergo può sorprendere la maggior parte dei lettori e dei critici. Sintetizzando, quando J.R.R. Tolkien iniziò a scrivere il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli, non aveva in mente Aragorn, Barbalbero, Saruman, località fondamentali come Bree, Moria, Lothlórien e Fangorn, così come il popolo dei Rohirrim e il regno di Gondor. Inoltre, nelle sue lettere, spesso si dice sorpreso di aver scoperto avvenimenti e personaggi mentre scriveva il suo romanzo. L’autore, infatti, confidò più volte la sua sorpresa riguardo al modo in cui l’opera prendeva forma; aveva avuto spesso la sensazione che il libro si scrivesse da solo. Quindi ci si può domandare quale fosse – e se c’è mai stata – l’idea originaria dell’opera. Soprattutto, se queste erano le modalità, come si è giunti a un capolavoro come Il Signore degli Anelli?».
Elisabetta Marchi, Come un battito: Il ritmo del Signore degli Anelli: «L’analisi dello stile del Signore degli Anelli non può essere slegata dalla questione del ritmo, così come viene suggerito da Ursula K. Le Guin: «style is a very simple matter: it is all rhythm». E se il ritmo in fondo non è che ripetizione, la domanda che ne consegue riguarda il modo in cui Tolkien è riuscito a inserire elementi ricorrenti nel testo. Qual è l’articolazione strutturale che attraverso l‘uso di particolari varianti espositive genera un meccanismo ritmico? Secondo Le Guin il ritmo espressivo del Signore degli Anelli è dato dalla ripetizione della polarità negativo/positivo».
Eleonora Amato, Come la prosa si fa poesia: la prosa poetica in The Lord of the Rings: «Questo è quello che accade anche dal punto di vista linguistico in LOTR: il vecchio e il nuovo (il lessico obsoleto, i pattern grammaticali del XIX secolo, ma anche l’inglese contemporaneo e di tutti i giorni) si combinano per creare lo stile personalissimo dell’autore. Non solo, questo stile è la manifestazione sul piano linguistico dell’intricato sostrato di riferimenti intertestuali che danno corpo e profondità alla narrazione. Il discorso dell’intertestualità è strettamente legato alle scelte linguistiche dell’autore. I cambi di registro, la sintassi marcata e reminiscente di altri generi letterari, il lessico inusuale, possono essere letti, infatti, come segnali che in quel punto della narrazione sta emergendo un substrato di tradizioni letterarie, non solo nel “nostro” mondo primario, ma anche – cosa forse più interessante – nel mondo secondario».
Luca Manini, Un verso per evocare, un verso per narrare. Osservazioni sullo stile poetico di Tolkien: «Considerando le poesie sparse nel Signore degli Anelli, esse mi appaiono un momento di sosta e di sospensione e, al contempo, un’apertura verso spazi altri. Le poesie interrompono lo scorrere del racconto in prosa ma, in certo qual modo, lo potenziano dall’interno, poiché esse sono poste in un preciso momento della narrazione e nascono dallo stato d’animo che un personaggio vive in quel momento; e perché vi è in esse un senso d’ampliamento e d’apertura, mediante uno spostamento che è sia all’indietro, verso il passato, sia in avanti, verso il futuro, in una squisita fusione di ricordo e d’anticipazione, di memoria e di speranza».
Matteo Stefani, Fonti storiche fittizie nel Signore degli Anelli: La Cronaca di Barahir, le morti di Denethor e Aragorn e la storiografia latina: «La storia del Libro Rosso è un vero e proprio compendio di alcuni concetti fondamentali della disciplina che faceva parte del bagaglio accademico di Tolkien. L’intera vicenda del Libro Rosso si configura come una “storia della tradizione” di una precisa opera, cioè la vicenda della trasmissione manoscritta del diario di Bilbo, Frodo e degli altri Hobbit. L’originale del testo è un “archetipo mobile”: con il termine ‘archetipo’ viene designato il manoscritto da cui discendono tutte le copie note di un’opera; con ‘mobile’ il fatto che tale manoscritto è passato attraverso stadi di redazione successivi (Bilbo è ritornato sul suo lavoro diverse volte, Frodo ha arricchito il lavoro di Bilbo, e Sam quello di Frodo)».
Anna Smol e Rebecca Foster, Il ritorno di Tolkien e il metro allitterativo moderno: «Nel Ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm Tolkien ha uno scopo: egli usa il metro allitterativo per trasformare l’opera in una summa delle sue idee sulla poesia anglosassone, sui poeti dell’alto medioevo, sulla Battaglia di Maldon e sulla possibilità di scrivere in metro allitterativo in tempi moderni. Se vogliamo, quest’opera si può quindi considerare la sua eredità poetica ma, ancora di più, Il Ritorno è un dramma originale, scritto in metro allitterativo con risultati notevoli da un poeta che riesce a dimostrare come trovi ancora piacere nell’uso di questo schema metrico».
Claudio Antonio Testi, Lo “stile” di Tolkien nei “Tolkien Studies”: «Il presente contributo è frutto di uno studio in sé molto semplice: ho infatti ricercato su tutta la collana dei Tolkien Studies la parola “style” e, nel caso in cui il suo contesto fosse effettivamente rilevante per la tematica dello stile nell’opera di Tolkien, ho brevemente riassunto il discorso lì sostenuto riportando alle volte anche i brani relativi. Ho scelto come base di indagine i “Tolkien Studies” non solo perché è la collana attualmente più autorevole nell’ambito degli studi tolkieniani, ma anche perché è quella che ha il miglior apparato a livello di indicazioni bibliografiche».
Tania Todeschi, recensione di Thomas Kullman e Dirk Siepmann, Tolkien as a Literary Artist: Exploring Rhetoric, Language and Style in The Lord of the Rings: «Ma il vero elemento di novità del volume sono i saggi di analisi linguistica, condotta con grande dovizia di particolari, premunendosi di illustrare la metodologia utilizzata per condurre lo studio. L’analisi delle parole e delle collocazioni tipiche dello stile di Tolkien attraverso l’utilizzo dei diversi corpora linguistici elencati occupa una buona parte della monografia. È interessante considerare la metodologia (gli strumenti, l’approccio e la strategia) del lavoro svolto, specialmente per chi si occupa dello studio della linguistica applicata. Le parole, le collocazioni e le costruzioni frasali utilizzate nel Signore degli Anelli vengono sempre accompagnate da collegamenti ad altre opere letterarie più o meno moderne, seguendo dunque il fil rouge del volume: trovare un posto per Tolkien nella tradizione letteraria inglese».
Roberta Tosi, recensione di John Garth, I mondi di J.R.R. Tolkien. I luoghi che hanno ispirato la Terra di Mezzo: «Quella di John Garth è dunque un’approfondita disanima che attraverso undici ricchi capitoli ci permette di accostarci alla storia personale di Tolkien, facendoci muovere sinuosamente per i luoghi a lui cari o che lo hanno maggiormente impressionato, affrontando il suo Legendarium per confrontarlo con un apparato descrittivo, fotografico e illustrativo che permette davvero di seguire, passo dopo passo, l’evoluzione di un territorio a noi sempre più familiare».
Claudio Antonio Testi, recensione di J.R.R. Tolkien, The Nature of Middle-earth. Late Writings on the Lands, Inhabitants and Metaphysics of Middle-earth, a cura di Carl Hostetter: «Questo preziosissimo volume raccoglie 62 scritti di J.R.R. Tolkien, tutti incentrati sulla storia del suo legendarium, dai periodi antichi fino a notizie riguardanti la Quarta Era della Terra di Mezzo. Il merito della straordinaria operazione va tutto a Carl Hostetter, che qui raccoglie la sua venticinquennale attività di “curatore ufficiale” degli scritti linguistici di Tolkien (xii). Il volume infatti consta di alcuni testi già curati e pubblicati da Hostetter, a cui egli ha aggiunto moltissimo materiale inedito (circa l’80% dei saggi)».
Nicola Nannerini, The Lord of the Rings online. Aspetti e forme transmediali di adattamento in un MMORPG: «I MMORPGs [massive multiplayer online role-playing games], e i giochi di ruolo in generale, permettono ai partecipanti – oltre alle interazioni con gli altri, di cui si è appena detto – una più profonda riflessione su se stessi. Creando una propria mitologia personale, infatti, essi imparano a conoscere qualcosa in più del proprio essere, esplorando aree liminali popolate tanto da archetipi inconsci quanto da tabù atavici».
Gianluca Meluzzi, Gli emblemi araldici del Silmarillion [versione completa]: «Uno di questi aspetti, a oggi ancora solo parzialmente esplorato, è quello degli emblemi araldici di corredo al Silmarillion. Li disegnò tutti (o forse, quasi tutti) tra il 1960 e il 1961, compiendo rapidamente una vera rivoluzione stilistica nell’araldica dell’intero Legendarium. Perché nella loro astrattezza e complessità grafica sono completamente nuovi e diversi dal semplice simbolismo di qualsiasi descrizione che si possa trovare nei testi: dalle armi dei dodici casati di Gondolin, che risalgono al 1917, fino alle insegne di scudi e vessilli di The Lord of the Rings».
ARTICOLI PRECEDENTI:
– Leggi l’articolo Ecco il terzo numero dei Quaderni di Arda
– Leggi l’articolo Cosenza, il 14 maggio I Quaderni di Arda
– Leggi l’articolo Escono I Quaderni di Arda 2: ordinali subito!
– Leggi l’articolo Pubblicati I Quaderni di Arda e c’è un bonus
– Leggi l’articolo Tre nuove interviste su I Quaderni di Arda
– Leggi l’articolo Escono i Quaderni di Arda: via al preordine
– Leggi l’articolo The Italian Way: nascono I Quaderni di Arda
LINK ESTERNI:
– Vai al sito di Eterea Edizioni
.