Il New York Times lo ha ricordato come «l’autore di libri per bambini più importante del ventesimo secolo», e il presidente Barack Obama si è dichiarato un suo grande fan. Scomparso a 83 anni, Maurice Sendak, era conosciuto soprattutto per il libro “Where the Wild Things Are” (Nel paese dei mostri selvaggi), pubblicato nel 1963 e diventato in breve tempo un cult, letto da milioni di bambini e adulti, tradotto in una trentina di lingue (in italiano da Babalibri), per il quale nel 1964 ha ottenuto la prestigiosa Caldecott Medal come il miglior libro illustrato americano. La storia è stata poi trasformata in film nel 2009 da Spike Jonze con il titolo “Nel paese delle creature selvagge” (all’adattamento per il grande schermo ha partecipato anche Dave Eggers). Nato il 10 giugno 1928 a Brooklyn (New York) da genitori ebrei polacchi, fin da piccolo Sendak ebbe problemi al cuore e crebbe in un periodo storico seminato funestato da tragedie personali: la famiglia fu colpita dalla depressione del 1929, la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto, perdendo moltissimi parenti in Europa. Per questo, dichiarò al quotidiano Usa nel 2008 di aver sempre avuto sentimenti di «ansietà, paura e inadeguatezza» nei confronti del suo lavoro. Molti critici sostengono che non sarebbe possibile immaginare una letteratura per l’infanzia senza Sendak. Anche se quello del 1963 resta il suo lavoro più conosciuto, durante sessant’anni di carriera Sendak ha scritto e illustrato con i suoi disegni meticolosi e fantastici quasi 50 libri, tra cui autori come Hans Christian Andersen, Leo Tolstoy, Herman Melville, William Blake, oltre alla nota serie di “Little Bear”. L’autore ha vinto il prestigioso premio Caldecott per la letteratura per bambini, la medaglia del Newbery, il premio internazionale Hans Christian Andersen Award, il premio Astrid Lindgren Memorial Award e una National Medal of Arts.
Altro che storie “per bambini”
Fu spesso censurato per la sua “cruda” fantasia, per i ragazzini non proprio educati che tratteggia e piuttosto scapigliati nei modi di fare. Proprio “Nel paese delle creature selvagge” può essere un esempio del suo stile, che strappava i bambini dai mondi edulcorati e ovattati allora tanto in voga per gettarli fra i meandri della paura e delle oscure forze della natura. La storia è quella di un bambino capriccioso che viene spedito a letto in castigo e senza cena. Chiuso nella sua cameretta, il bimbo inizia a lavorare di fantasia e immagina un mondo fiabesco e tutto suo, popolato da gigantesche creature, «un po’ bonaccione e un po’ spaventose». È una piccola splendida storia di formazione, un modo come un altro per crescere, fuori dai cliché, che cerca tra le pieghe della solitudine e del dolore la via dell’autocontrollo, la (mai) pacifica accettazione dei misteri più profondi di questa strana cosa che è l’esistenza. Interrogato sulla nascita del suo capolavoro, Sendak rispose che «era stato un esorcismo personale», un
ritorno alla sua difficile infanzia di Brooklyn, mentre le creature mostruose erano «un omaggio agli zii e zie che venivano a casa per le festività religiose». Quando il regista Jonez realizzò la versione cinematografica di “’Nel paese delle creature selvagge”, Sendak lo invitò a ricordarsi che l’infanzia non è per nulla dolce e luminosa: «C’è una crudeltà nell’infanzia, c’è rabbia. Non voglio ridurre Max a una trita immagine del bravo bambino che si trova in tanti libri», disse. Il suo segno “grafico” rimanda alle stampe dell’Ottocento, ma anche agli acquerelli di Chagall nonché agli eroi dei fumetti. «Scrivo libri come un vecchio signore, ma in questo Paese è necessario essere categorizzati e suppongo che la storia di un ragazzetto che nuota nudo in una tazza di latte non possa essere definito un libro per adulti», scherzò a proposito di un proprio racconto, parlando ad Associated Press nel 2003. Sendak rispettava molto i suoi piccoli lettori, tanto da dedicargli un’attenzione assidua: passava un sacco di tempo a rispondere per lettera o cartolina, inviando piccoli o grandi disegni. Come raccontò in una radiointervista per la NPR, qualche tempo dopo avere risposto a un bimbo con una cartolina disegnata, Sendak ricevette la risposta della madre: descriveva la reazione del più autentico, straordinario entusiasmo: «Il bimbo se l’era mangiata!».
J.R.R. Tolkien e Sendak
Non tutti sanno che negli anni Settanta ci fu l’eventualità concreta che il disegnatore statunitense illustrasse Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien. Il 25 febbraio 1964 l’editore Rayner Unwin inviò a Tolkien una lettera della casa editrice americana Houghton Mifflin che, per il trentennale dello Hobbit, proponeva un’edizione di lusso illustrata da Sendak. In quel momento, l’artista era già ampiamente noto per aver scritto una decina di libri per bambini, averne illustrati quasi una cinquantina, ed aver appena ottenuto il prestigioso “Caldecott Medal” per Where the Wild Things Are (Nel paese dei mostri selvaggi, da cui è stato tratto anche un film). Soltanto più di tre anni dopo Sendak fu in grado di inviare un disegno in bozza, l’incontro tra Gandalf e Bilbo sulla porta di Bag End. Il 16 Febbraio 1967 Rayner Unwin fece visita a Tolkien, probabilmente in compagnia dell’altro editore, l’americano Ian Ballantine, e gli mostrò la bozza di Sendak. Rayner in una lettera del 20 febbraio riferì a Houghton Mifflin che Tolkien era rimasto «pesantemente sconvolto dalle proporzioni delle figure»: Bilbo era troppo grande rispetto a Gandalf (oppure lo stregone era troppo piccolo). Per mitigare i dissapori, la casa editrice decise di organizzare ad Oxford un incontro fra i due, dato che Sendak si trovava in Inghilterra per il tour promozionale proprio per Where the Wild Things Are. Tuttavia, il giorno prima dell’incontro nel maggio del 1967, Sendak fu colpito da un attacco di cuore che lo costrinse a un ricovero di diverse settimane in un ospedale di Birmingham. I due non ebbero più modo d’incontrarsi e il progetto non vide mai la luce. A sostegno c’è il fatto che l’artista aveva a cuore il progetto c’è il fatto che avesse sottolineato alcuni passi della sua copia dello Hobbit avendo fatto anche diversi schizzi lungo i margini del testo per possibili illustrazioni. A fianco potete trovare una delle illustrazioni create da Sendak, successivamente donata, insieme alla sua copia del libro, alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library della Yale University, dove si trova tuttora. Sarebbe stato interessante vedere Lo Hobbit illustrato da Sendak
che, secondo lo studioso Hammond, si sarebbe sicuramente realizzato se non ci fosse stato il suo attacco di cuore e che il disappunto di Tolkien circa la bozza non avrebbe sicuramente fermato un progetto del genere.
Un martedì triste
Molti sono stati i tributi d’addio di lettori, scrittori, personaggi famosi e vip.«Quello che ho sempre amato di lui», ha scritto Neil Gaiman sul suo sito, «era la sensazione che Sendak non dovesse mai niente a nessuno nei libri che ha realizzato. Il suo unico obbligo era quello nei confronti del libro, che doveva essere vero. Il suo stile può essere definito piacevole, ma c’era un’onestà che trascendeva la bellezza del suo tratto». Andrew Stanton, animatore della Pixar, regista di “Wall-E” e del recente “John Carter”, ha dedicato un commosso post su Twitter al suo maestro scomparso, citando un famoso verso di “Nel paese dei mostri selvaggi”: «Ed era ancora forte…». Anche l’attore Elijah Wood, che ha recitato nei film tratti dal Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, ha inviato un messaggio su Twitter dedicato al disegnatore Usa: «Maurice Sendak ci ha lasciato per “Il paese dei mostri selvaggi”. Così potrà continuare ad avere avventure». Lo scorso nove aprile, in occasione della tradizionale festa pasquale delle uova alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama ha letto alcuni brani di “Nel paese dei mostri selvaggi”, simulando la voce dei mostri. Martedì scorso, il portavoce della Casa Bianca ha letto un messaggio ufficiale per la scomparsa di Sendak: «Oggi ogni genitore sarà un po’ in lutto ed è un giorno molto triste per ogni bambino cresciuto con i suoi libri». Potete vedere Obama che legge “Nel paese dei mostri selvaggi” qui sotto!
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